Una rubrica a cura di Laura Giulian, che mira ad aiutare i ragazzi a mettersi davvero in ascolto di tutto quello che li circonda, in modo che poi essi possano diventare esempi e testimoni attivi al servizio e all'interno del mondo
“Siamo psicodistrutti”, “A scuola ci hanno solo tartassati”, “Ci chiedono solo cosa sappiamo e non come stiamo”, “E a noi non pensate?”. Queste sono solo alcune delle affermazioni uscite dalla pancia di qualche adolescente durante uno dei nostri incontri online, chiacchierando su come avessero vissuto quest’ultimo anno. Mi sono riecheggiate dentro per intere settimane, fino a che ho deciso che è giunto il momento di creare un piccolo spazio in cui queste “urla” possano trovare voce, spazio e ascolto. Vorrei offrire loro un luogo in cui poter gridare la rabbia, la delusione, la monotonia, l’apatia, la frustrazione che hanno vissuto durante quest’anno e che vivono, ma anche che diventi occasione per cominciare a scoprire o riscoprire ciò che di buono c’è stato, ciò che c’è, ciò che resta, ciò che conta, ciò per cui vale la pena lottare, creare, sognare. E farlo assieme. Non più solo tanti “io”, ma una visione di “noi”. Una visione di futuro.
Io presterò solamente la penna, tutto il contenuto viene da loro. Dialoghi, sfoghi, confidenze, mail, messaggi WhatsApp. Niente deve andare perduto. “E chi non raccoglie con me, disperde”. Proprio durante l’Avvento c’è stata una domanda di Gesù che mi ha trafitta e che misteriosamente inizio a intuire solo oggi: “Quanti pani avete?”. È una di quelle domande secche, dirette, ti mettono spalle al muro, ti costringono a dire la verità. Smascherata e consapevole di averne davvero pochi da offrire, ho deciso di riconsegnarli in questo modo, affinché sia Lui a trasformare me, i ragazzi che porto nel cuore e tutti gli adolescenti che ogni giorno, troppo facilmente, dimenticano quanto belli, forti e unici sono.
Ho letto molti articoli in merito, non sono una psicoterapeuta e di informazioni relative al disagio che stanno vivendo i nostri giovani ne sono state dette e scritte molte, da persone ben più accreditate di me. Non sono nemmeno l’unica “categoria” colpita, questa volta ci siamo dentro proprio tutti. La vita però mi sta tampinando, mettendomi alle costole questi futuri uomini e donne. Non più piccoli, ma non ancora capaci di rimanere saldi e ben ancorati a ciò che sostiene. Per loro è questo il tempo in cui scoprire, e quindi scegliere, su quali fondamenta costruire la propria casa. Sono in bilico e per questo ancora più a rischio di cadere. Provocata dalle loro storie, dalle loro domande e dai loro vissuti, ho provato semplicemente a dare forma alle loro voci, parziali, limitate, ma comunque sia protagoniste e uniche.
Questa semplice rubrica “IN-ASCOLTO” consterà di tre parti. “In” è sia voce del verbo fermarsi, focalizzare l’attenzione su chi sta parlando, sia privativo indifferente. Non mi interessa, non lo faccio e non lo voglio fare. “Ascolto”, è quello che chiedono, poiché si sentono trascurati “dai piani alti”, come li definiscono loro.
La prima parte: “Voce di uno che grida nel deserto”. Le tenebre, la notte. Il tempo della pandemia. È il luogo delle paure, come delle menzogne, delle ansie e delle preoccupazioni. È la stanza che sembra restringersi. È la monotonia dei giorni uguali alle notti. È il cervello che si sente indifeso e incapace a reagire. È la perdita di fiducia verso il mondo degli adulti, della politica. È vedere coi propri occhi il fallimento di una società e non sentirsi contemplati da essa. È aver perso relazioni che si sono rivelate fasulle e fallaci. È la Dad. È la preoccupazione per la sanità mentale nostra e di chi ci circonda. Sono il vortice di emozioni che fa naufragare.
La seconda parte: “Sentinelle del mattino”. L’alba, l’aurora. È il sole che ancora non illumina tutta la stanza, le ombre sono allungate. La luce si intreccia alla tenebra. Nel corpo c’è ancora la notte, il segno del cuscino, gli occhi stropicciati, le occhiaie evidenti e il cuore in subbuglio. Ma, come le sentinelle, si è bramosi di veder spuntare il bagliore del sole. All’alba si può ringraziare perché c’è ancora una volta la vita. È nato un nuovo giorno. È la memoria del cuore, è ringraziare per respirare nuovamente e ancora, per averlo sempre fatto, è lo spazio del riconoscere e del portare al cuore quello che di buono c’è stato e che c’è. Esercizio di gratitudine quotidiana retroattiva.
La terza, la parte visionaria e profetica, “Pellegrini coraggiosi”. Il giorno, il viaggio della vita. È il tempo dei sogni, del futuro, del cuore da lanciare oltre l’ostacolo. È scoprire cosa si desidera e come fare per vivere una vita piena. È aprire nuove strade in questo vasto orizzonte che si spalanca davanti; meno punti di riferimento, passi traballanti, ma ardore e speranza negli occhi e nelle gambe. È il sole allo zenit che illumina ogni cosa. Solo i veri coraggiosi non avranno paura di così tanta luce.
Buona strada!
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