Inizia il capitolo generale delle FMA: Intervista a Madre Yvonne

Gli orizzonti per il futuro dell'Istituto sono quelli di una rivitalizzazione del carisma in dialogo con il nostro tempo...

Inizia il capitolo generale delle FMA: Intervista a Madre Yvonne

 

 

1. “Essere con i giovani casa che evangelizza” è il tema scelta per il prossimo Capitolo generale. Quali orizzonti può aprire per il futuro dell’Istituto?

 

Gli orizzonti per il futuro dell’Istituto sono quelli di una rivitalizzazione del carisma in dialogo con il nostro tempo, nel quale è forte l’esigenza di sentirsi a casa, ossia di avere punti di riferimento affettivi, sociali, di appartenenza e di valori sicuri e condivisi. La solitudine della famiglia, spesso indifesa e fragile, i rapporti labili tra persone, l’estraneità, il chiudersi in se stessi per difendersi possono rendere la gente, i giovani, soli e disorientati.

Offrire una casa, anzi essere casa, ed esserlo con loro, ha il significato della freschezza dei rapporti umani e spirituali che intendiamo vivere e, allo stesso tempo dell’apertura agli altri, giacché si tratta di una casa dalle porte e finestre aperte, accogliente, propositiva, dove si vive la responsabilità e la cura gli uni verso gli altri e, insieme, si tende verso una mèta di bellezza e di realizzazione in Gesù, senso vero dell’esistenza.

Gli orizzonti per il futuro sono dunque in linea con il carisma, la cui espressione di base è lo spirito di famiglia; una famiglia in cui i giovani possano sentirsi accolti, amati, valorizzati, responsabilizzati nei confronti della propria vita e di quella degli altri, incoraggiati a scoprire il progetto che Dio ha su di loro. I giovani non sono anzitutto l’oggetto delle nostre cure, ma protagonisti di un cambio culturale e sociale alla luce del vangelo e secondo lo spirito del carisma salesiano.

 

2. Nello strumento di lavoro sono tre i nuclei di riflessione proposti:

  • Dalle periferie la speranza
  • Chiamate da Dio ad essere profezie della gioia
  • La relazione cuore del carisma

In che modo  possono essere risposta alle sfide che l’Istituto deve affrontare?

 

Le sfide da affrontare sono tante, ma si possono ridurre fondamentalmente a tre:

  • lasciarsi interpellare da un mondo, soprattutto giovanile, che si sta impoverendo non solo sul piano economico, ma su quello umano, culturale, sociale, religioso;
  • riscoprire il fascino della nostra vita religiosa e testimoniare la gioia di seguire Gesù in una realtà in cui sembrano dominare pessimismo, scetticismo e obiettivi di facile guadagno;
  • lasciarsi interpellare dal bisogno di relazioni autentiche, vere e di una umanità che riscopre se stessa e la sua dignità.

 

 

- Dalle periferie la speranza. Papa Francesco raccomanda di non lasciarsi rubare la speranza. Non solo non dobbiamo lasciarcela rubare, ma dobbiamo recuperarla dalle periferie esistenziali, come suggerisce lo Strumento di lavoro del CG XXIII. Anzi, la stessa periferia diventa prospettiva evangelica da cui guardare la vita con amore: la periferia non è solo portatrice di problemi, di sofferenza, di limite e di morte, ma di vita e di speranza. Si può apprendere una sapienza abitando il dolore, il limite, condividendo la semplicità e la povertà. I poveri ci evangelizzano con la loro stessa esistenza. Confrontandoci con loro diventiamo più creative, più gioiose ed essenziali, più capaci di proporre la bellezza del vangelo. Oltre ad essere una prospettiva evangelica, la periferia è anche una prospettiva carismatica. Don Bosco e madre Mazzarello erano persone di periferia e hanno iniziato la loro missione tra i giovani e le giovani delle periferie esistenziali del tempo in cui vissero.

Sul piano della realizzazione umana abbiamo compreso che il modello di sviluppo non può essere quello di un benessere considerato come accumulo di ricchezza, ma come possibilità di vivere con dignità, sobrietà e gioia. Soprattutto di condividere.

La stessa vita consacrata sta facendo esperienza della minorità, sia a motivo di una più bassa consistenza numerica, sia per l’atteggiamento di disponibilità ad uscire da se stessa e a mettersi in cammino per incontrare Gesù nei poveri, nelle periferie della vita e di ogni sorta di povertà: là dove impera il mistero del peccato, del dolore, della mancanza di diritti; nelle periferie del pensiero e di ogni forma di miseria, specialmente quelle abitate dai giovani, per evangelizzarle e lasciarci evangelizzare in una reciprocità arricchente.

Nelle periferie riconosciamo il volto delle nostre comunità. Insieme alle comunità educanti, tante di esse riscoprono la gioia di amare e di servire negli ambiti in cui la vita è più fragile, insicura, minacciata. Da questo punto di vista, anche la famiglia fondata sul matrimonio oggi è una periferia esistenziale di cui avere cura. Non minore cura va data alle nostre comunità, divenute sempre più intergenerazionali, interculturali e, in alcuni luoghi, con una media di età avanzata, con le ricchezze e le fatiche che questa nuova configurazione comporta. Si fanno sempre più frequenti le chiamate alla collaborazione intercongregazionale. Insomma, scopriamo un campo aperto per la costruzione della casa comune come grande famiglia dei figli/figlie di Dio che vivono in comunione e condividono quello che sono e hanno.

La periferia non offre sicurezze, ma è una scelta di futuro sicuramente feconda, perché evangelica e salesiana e perché rende concreta la speranza.

 

- Profezia della gioia. È dalla periferia che possiamo fare esperienza della gioia perché è lì che Dio ci chiama, ci parla, ci invia, ci dona consolazione e gioia. Proprio a partire dalle periferie possiamo testimoniare che siamo persone felici di seguire Gesù e annunciare il vangelo della gioia. La gioia è contagiosa e diventa profezia di speranza di un mondo nuovo possibile: non solo la gioia di stare con Gesù, ma la gioia di stare con le giovani e i giovani. Siamo chiamate ad abitare gli spazi in cui possiamo incontrarli, ascoltare la loro sete, offrire una proposta credibile e convincente del vangelo a partire da una testimonianza affidabile che rende visibile nella parola e nei gesti la vita stessa di Gesù.

I giovani sono la nostra vita, la nostra fatica, la nostra speranza, il nostro futuro. Sono una generazione diversa ed esigente. Questo potrebbe spaventarci, ma il Signore non ci lascia soli. È in mezzo a loro che possiamo incontrarlo. È con loro che possiamo vivere il carisma della preventività, ravvivando la nostra stessa speranza. I giovani sanno sorprenderci in senso positivo perché vanno al di là delle nostre attese, le superano con la loro generosità. Se siamo in mezzo a loro con cuore oratoriano, essi ci mostreranno il loro vero volto, fatto di povertà e di speranza, di generosità e di bellezza anche nel dono totale di sé.

La crisi della famiglia ci interpella non solo a farci accompagnatrici/accompagnatori di giovani, ma ad attuare una pastorale familiare, specialmente per le famiglie giovani, fino a renderle protagoniste di sostegno per altre famiglie.

Se il nostro cuore è abitato dal fascino di seguire Gesù, troverà il conforto e la gioia di stare con coloro che Egli ama, specialmente i giovani, e di abitare i luoghi in cui essi si ritrovano, non solo luoghi materiali, ma anche virtuali. La gioia di comunicare qualcosa di bello e di grande ci aiuterà a sintonizzarci con i loro linguaggi, a renderci competenti nella relazione di accompagnamento, ad essere presenti nelle reti sociali e anche ad imparare dai giovani. Ci porterà ad accogliere le nuove sfide della missione educativa e evangelizzatrice.

I nuovi poveri non si trovano soltanto dove non è arrivato il vangelo, ma in tante periferie esistenziali. Ci interpella in particolare la violenza contro le donne e i bambini, gli abusi all’interno delle famiglie, il traffico di esseri umani, il fenomeno migratorio, la corruzione.

Per questo accogliamo l’invito di Papa Francesco ad essere Chiesa in uscita missionaria, unendo le forze per contrastare situazioni di degrado della persona umana e della natura.

In positivo, desideriamo educare alla vita, alla gratuità, al dono, alla responsabilità per gli altri e per il creato, a prendersi cura della fraternità.

 

La relazione cuore del carisma. Con i giovani e con tutta la comunità educante, ci impegniamo a costruire la casa della fraternità attraverso rapporti umanizzanti, animati dalla spiritualità del sistema preventivo di don Bosco. Sentiamo che il carisma è una parola di Dio per l’oggi: desideriamo rivitalizzarlo qualificando lo stile di vita delle nostre comunità perché siano più profetiche e gioiose: una profezia di gioia e di speranza che coinvolge le comunità educanti. La casa che vogliamo costruire è aperta a tutti. Avvicinandoci agli altri si spalancano finestre che rendono possibili la conoscenza, lo scambio dei doni, il rispetto e la valorizzazione reciproci. La relazione ci salverà dall’individualismo e, allo stesso tempo, ci guiderà a mettere la persona al centro, restituendole dignità.

Il carisma salesiano offre in proposito un cammino pedagogico interessante. Ci interpella a qualificare la reciprocità delle relazioni, a trovare il punto accessibile al bene, ossia il livello di contatto che permette alla persona di sentirsi accolta nella sua realtà più profonda.

Negli ambienti di Valdocco e di Mornese, dove il carisma salesiano ha iniziato la sua corsa, grazie alla disponibilità di san Giovanni Bosco e di santa Maria Domenica Mazzarello, si respirava aria di famiglia, si vivevano relazioni fortemente umanizzanti, si viveva il fascino della chiamata vocazionale e la passione del da mihi animas cetera tolle. Madre Mazzarello sentiva di aver ricevuto dalle mani di Maria Ausiliatrice la stessa missione educativa e la viveva come affidamento.

La relazione nello spirito di famiglia, vissuta come comunità educante, diventa così profezia di un modo diverso di vivere, di raccontarsi, di esprimersi, di andare agli altri, persino di strutturare la propria identità. Infatti il nostro volto emerge, come da uno specchio, dalla nostra relazione con gli altri. Siamo chiamati a ravvivare la profezia della fraternità e a far sì che raggiunga tutte le periferie esistenziali in cui si svolge la nostra vita e missione con lo slancio del da mihi animas cetera tolle e la tenerezza di chi percepisce la chiamata a prendersi cura con compassione e misericordia.

 

3. Qual è il suo sogno sull’esperienza da vivere durante il Capitolo generale?

 

L’assemblea del CG XXIII rappresentativa di tutto il mondo (ci saranno FMA rappresentanti delle 94 nazioni dei cinque continenti in cui siamo presenti) racchiude il sogno di comunità nuove, aperte a una fraternità universale, capaci di valorizzare il prezioso tesoro dello spirito salesiano ereditato dai nostri Fondatori e di ravvivarlo incarnandolo nelle situazioni attuali, di tenere alta la speranza nella certezza che proprio oggi il Signore fa una cosa nuova e che bisogna avere occhi capaci di vederla. Al CG XXIII mi attendo l’esperienza di FMA capaci di credere al sogno di una vita religiosa salesiana che offra nuovo fascino e attrattiva, pur dentro i limiti umani.

Non si tratta anzitutto di studiare cosa proporre agli altri (a chi non partecipa al CG XXIII) e quindi di produrre documenti, ma di fare un’esperienza contagiosa della bellezza della nostra vita, chiamata a testimoniare che il Signore Gesù riempie il cuore umano e lo apre agli altri.

Per questo auguro una grande apertura allo Spirito Santo, vero protagonista di questo evento.

Come condizioni occorrono: libertà interiore e un nuovo sguardo, capace di uscire da sé per cercare strade inedite, nella convinzione che il futuro non è ciò che resta del passato, ma è qualcosa di assolutamente sorprendente che riporta alla freschezza delle origini carismatiche perché sa di sorgente.

Il Capitolo non risolverà tutti i problemi, ma darà uno spirito nuovo per affrontarli con cuore evangelico e salesiano.

 

4. Quale messaggio vuole lasciare alle tante sorelle e membri delle comunità educanti, che seguiranno i lavori dalle loro case?

 

Il Capitolo generale può essere vissuto fin da ora nelle nostre comunità FMA e nelle comunità educanti. Ciascun membro deve poter dire: mi interessa; mi appartiene; è di me che si parla, della mia comunità, perché il Capitolo non è qualcosa di riservato, anche se solo una rappresentanza può partecipare. Il Capitolo è di tutti e va seguito con senso di appartenenza e grande amore, con la preghiera e l’empatia. Soprattutto con grande fiducia e speranza. “Lo Spirito, quando lavora, crea sempre cose nuove”. È la novità evangelica che si irradia. 

Auguro che il vento nuovo dello Spirito santo che attraversa i giorni del Capitolo XXIII, giunga fino alle comunità più periferiche per contagiarle di vita e di speranza.

Ci sarà una grande copertura sul sito web dell’Istituto. Vi invito a valorizzarla: sarete aggiornati in tempo reale e vivrete in qualche modo in diretta questo evento significativo.

Auguro anche di accogliere con fiducia la trasmissione che, al ritorno, faranno l’Ispettrice e la/le Delegate al Capitolo. Questo atteggiamento farà sì che il Capitolo si incarni nei diversi contesti dove abitate, operate, vivete con cuore missionario, e diventerà contagioso.

Rimanete in collegamento con noi: non staccate la spina. Ogni giorno vi attendono sorprese interessanti. I vostri riscontri saranno preziosi per noi e ci incoraggeranno nella ricerca di cammini nuovi. Saranno il canale privilegiato per vivere in sinergia questo evento.

 

5. Pensando ai giovani, in che modo possono contribuire a far crescere l’Istituto? Quale messaggio vuole lasciare loro?

 

I giovani sono il cuore della nostra missione, ma anche i primi collaboratori nella costruzione della casa dell’umanità.

A voi, cari giovani, vorrei chiedere di aiutarci a sognare un mondo differente. Fateci conoscere il vostro punto di vista. Diteci il vostro pensiero. Siate anche critici con noi, ma non indifferenti. Il confronto per noi è vitale. Vogliamo ascoltarvi, incontrarvi, trasmettervi i motivi che ci fanno vivere, ma anche imparare da voi. Fateci conoscere le vostre attese e speranze, le vostre delusioni e preoccupazioni. Abbiate anche il coraggio di inquietarci, ma non state a guardare. Sentitevi responsabili nella costruzione di un futuro di giustizia, di pace, di accoglienza delle differenze, privilegiando ciò che unisce e crea comunione. Sentite l’appartenenza alla grande famiglia salesiana nata dal cuore di don Bosco e impegnatevi a livello locale. Appartenenza implica conoscenza. Cercate di approfondire i valori salesiani: si può amare e servire solo ciò che si conosce. Diteci quali mattoni secondo voi sono solidi per costruire la casa della fraternità. In questa impresa, voi siete protagonisti importanti, come rivela il tema stesso: essere con i giovani casa che evangelizza. Una casa abitata dallo Spirito. Maria Ausiliatrice passeggia in questa casa, la protegge e la sostiene con il suo consiglio e la sua tenerezza materna. Lei vi aiuti a credere che quello che è successo a don Bosco e a madre Mazzarello che da lei ha accolto la chiamata “A te le affido”, può riguardare anche ognuno/ognuna di voi. Sì, perché Dio continua a fidarsi di voi e vi chiama a collaborare con Lui.

 

http://www.cgfmanet.org

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