Iniziare alla vita Cristiana

Intervento tenuto a Bologna il 30 settembre 2007 in occasione del congresso diocesano Catechisti, educatori, evangelizzatori. «Nel primo punto cercherò di rispondere alla prima domanda: come si diventa cristiani? Nel secondo vedremo quale è la funzione propria del catechista nell'iniziare una persona alla vita cristiana...»

Iniziare alla vita Cristiana

da Teologo Borèl

del 06 ottobre 2007

1. Come si diventa cristiani.

 

Partiamo da due narrazioni. La prima è la narrazione che san Paolo fa della sua iniziazione alla vita cristiana; la seconda è la narrazione di come S. Agostino è diventato cristiano.

 

1.1  Prima narrazione: Fil 3,6-11 in parallelo con Gal. 1,13-16a.

Come è diventato cristiano? Paolo quando ebbe “la rivelazione di Gesù Cristo”, in conseguenza della quale egli chiese e ricevette il battesimo [cfr. At 9,18], e venne accolto nella comunità dei discepoli del Signore. Si potrebbe esprimere il tutto nel seguente modo sintetico: il posto occupato nella vita di Paolo dalla Torah viene occupato dalla persona di Gesù il Signore risorto. Nel momento in cui questo è accaduto, Paolo è diventato cristiano. La sua esistenza ha sostanzialmente mutato il suo centro, il suo orizzonte: è la persona di Gesù.

Il rapporto con Lui viene istituito visibilmente, concretamente mediante i sacramenti della Chiesa, pi√π precisamente i sacramenti che lo introducono dentro a questa relazione: i sacramenti che iniziano alla vita cristiana. Paolo va a Damasco e si fa battezzare.

 

1.2  Seconda narrazione: cfr. soprattutto Conf. 19,25-20,26.

Un grande studioso di Agostino, G. Madec, ha scritto: «La conversione agostiniana si svolge interamente all’interno del cristianesimo» [La patria e la via. Cristo nella vita e nel pensiero di S. Agostino, Borla, Roma 1993, pag. 24].

Agostino conosceva fin da bambino la dottrina cristiana e, crescendo negli anni, la sua conoscenza diventa più completa e profonda, fino al punto che egli ne parlava anche «quasi peritas» [come se fosse esperto].

Non solo ma lo studio rigoroso ed appassionato della filosofia lo aveva portato, superando l’ostacolo del materialismo, ad avere una concezione molto elevata di Dio e di Cristo, e alla convinzione che solo in Dio poteva trovare la sua felicità. Che cosa mancava perché divenisse veramente cristiano?

Abbiamo due affermazioni-spia che ci danno la risposta. La prima dice. «riconoscevo in Cristo un uomo completo … ma non la verità in persona». La seconda dice: «Di tutte queste cose ero certo, eppure ero totalmente incapace di godere di te».

Da queste due affermazioni appare che Agostino ritiene di essere diventato cristiano quando “godette della persona di Cristo”; quando incontrò Cristo e in questo incontro trovò finalmente ciò che cercava e desiderava.

Non è difficile comprendere che sia la narrazione paolina sia la narrazione agostiniana narrano lo stesso avvenimento e trasmettono lo stesso messaggio. Narrano un incontro; trasmettono il messaggio che diventare cristiani significa aver ricevuto la grazia di questo incontro. Il S. Padre Benedetto XVI ha espresso mirabilmente tutto questo nel modo seguente: «Il cristianesimo non è innanzitutto una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» [Lett. Enc. Deus caritas est].

Un anziano sacerdote gravemente colpito dal morbi di Parkinson mi ha inviato come augurio pasquale la seguente brevissima poesia [egli è un vero poeta]: «Se nella notte oscura,/scorgessi all’improvviso/ una sottile lama di luce/ trapassare/ la spessa coltre che t’avvolge/ non indugiare:/ buttati in ginocchio/ e il palmo delle mani distendi/ perché/ con sangue ed acqua decisa/ resti la memoria dell’Evento».

L’immagine della “scintilla” è paolina: ricordate il testo della lettera ai Galati. Ed anche 2Cor 4,6: è la luce della “conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo”. Il volto esprime la persona nella sua identità. La luce che rifulge nel volto di Cristo è quello della stessa gloria di Dio: questa luce trapassa la spessa coltre in cui l’uomo vive.

L’immagine della “scintilla” denota l’accadere improvviso di un evento, l’ingresso inaspettato dentro alla propria esistenza di una presenza. Non si pensi a chissà quali esperienze: Francesco incontra un lebbroso; Andrea e Giovanni narrano a Simone che cosa è loro accaduto, M. Teresa vede i poveri e nella loro miseria la sete di Gesù. È semplicemente il “sentire” che il proprio io è attratto [conquistato, dice Paolo] da Cristo; è il sentire che vivere è semplicemente vivere questa attrazione, di questa attrazione: «per me vivere è Cristo». È dentro a  questa esperienza che nasce la decisione di diventare cristiani.

“Con sangue ed acqua decisa/resti la memoria dell’Evento”. È mediante i sacramenti della Chiesa che “la memoria dell’Evento”, cioè quanto è accaduto nel cuore mediante la fede, “resta deciso”, cioè viene costituito per sempre in una comunione ed in una alleanza a cui Dio non verrà mai più meno.

Ma questo non è tutto. Nel testo di Paolo ai Filippesi, l’apostolo parla di una “conquista del premio”, di un “perfezione propria” a cui non è ancora arrivato, ma a cui tende. La scintilla che ha dato origine alla decisione che  è stata siglata con sangue ed acqua, chiede di diventare vita quotidiana. In che modo? Attraverso l’educazione che mi viene data nella Chiesa. È l’educazione la generazione che la Chiesa fa quotidianamente di ogni persona che abbia deciso di diventare cristiana. Una Chiesa che non fa dell’educazione la sua passione predominante è impensabile. E correlativamente chi ha deciso di diventare cristiano deve lasciarsi educare dalla Chiesa. È per questo che i veri nemici del cristianesimo vissuto, diciamo dell’esperienza cristiana, raramente attaccano Cristo o la sua dottrina. Anzi, spesso la esaltano. È la fiducia nella Chiesa che cercano di estinguere nel cuore di chi ha deciso di diventare cristiano.

Termino questo primo punto cercando di farne un breve e semplice riassunto. Ci siamo chiesti: come si diventa cristiani?

Si diventa cristiani decidendo di acconsentire all’attrazione che Cristo esercita nei confronti della persona [= fede], ricevendo i sacramenti che pongono in essere la comunione con Lui, e vivendo in Lui con Lui e come Lui alla scuola della Chiesa.

Telegraficamente si potrebbe anche dire: si diventa cristiani entrando nella Chiesa.

Tutto qui? sì. Perché la Chiesa è la presenza del Signore; perché la Chiesa è la comunione col Signore [è la sposa di Cristo]; perché la Chiesa è la dimora del Signore ed è meglio un solo giorno nella casa del Signore che mille anni altrove.

Tutto qui? sì. Perché  la Chiesa è anche la via percorrendo la quale e stando sulla quale (via) siamo condotti nella Dimora; rimaniamo fedeli alla luce che è brillata nel nostro cuore.

Alla fine, il problema è molto semplice: rimanere dentro, “im-manere” nella Chiesa, e basta. Il resto viene da sé.

 

2. La missione del catechista

 

Dopo aver balbettato qualcosa sul divenire cristiani, vorrei ora dire qualcosa sul vostro compito nell’iniziare una persona alla vita cristiana. Inizio da alcune riflessioni un po’ generali, ma che sono molto importanti.

 

2.1 L’incontro con Cristo avviene mediante e dentro all’incontro con un suo discepolo, normalmente.

Nell’iniziazione alla vita cristiana voi fungete da “mediatori” dell’incontro del bambino, del ragazzo, con Cristo. È per questo che nessuno ha il diritto nella Chiesa di attribuirsi questo ministero. La mediazione è opera della Chiesa ed è solo in persona Ecclesiae che il catechista svolge il suo compito. Normalmente questo accade attraverso il mandato del parroco.

Da ciò derivano due conseguenze che enuncio solo telegraficamente. (a) Il catechista non è mandato ad insegnare, anzi ad educare ad un universo di valori: alla pace, alla solidarietà, alla tolleranza … È inviato perché la persona catechizzata incontri Cristo.

(b) La figura perfetta del catechista è Giovanni Battista. Tutto il suo essere è relativo a Cristo. Orbene la guida di una persona ad un incontro che gradualmente diventa capacità di giudizio, criterio di scelta, forma di vita, ha un nome: educazione. Il catechista è un educatore.

 

2.2 Un vero educatore non può non essere un testimone. A chi istruisce si chiede competenza e capacità di esprimere ciò che sa: competenza scientifica e capacità didattica. A chi educa questo non basta: occorre l’autorità del testimone.

Testimone di che cosa? Che ciò che sta narrando è vero a causa del fatto che lui lo ha “visto”. Deve poter dire in tutta verità: “è così [«la Vita si è fatta visibile»], perché ho visto [«ciò che abbiamo visto …»]”.

Non intendete questo in senso morale: il catechista deve mostrare una vita coerente. La cosa ha una sua verità; non è però il nucleo della testimonianza.

Il catechista ha veramente incontrato Cristo; può con verità dire che Lui è il Bene della persona, anche se questo incontro non ha ancora trasformato completamente la sua vita. Insomma: il catechista deve essere un credente, aderire alla fede della Chiesa.

 

2.3 La Chiesa media l’incontro di Cristo colla persona attraverso tre fondamentali mezzi: la Parola, il Sacramento, la Disciplina. Lasciarne una delle tre mette a rischio l’incontro della persona con Cristo.

L’uso del primo mezzo avviene mediante la predicazione, la catechesi propriamente detta, l’istruzione sempre più accurata.

L’uso del secondo mezzo avviene colla, anzi è la celebrazione dei Misteri a cui ogni credente è chiamato a partecipare. L’uso del terzo mezzo avviene nell’educazione a continuare nella vita ciò che abbiamo celebrato nel Mistero.

Due esigenze sono assolutamente da salvaguardare nella mediazione della Chiesa partecipata del catechista.

a)     L’unità interna della proposta. I tre mezzi vanno usati contemporaneamente, pena il rischio della loro inefficacia. Si diventa cristiani imparando, celebrando, vivendo.

b)     L’azione del catechista è un’azione materna: tiene conto della capacità della persona di cui si prende cura. S. Paolo lo ricorda in modo suggestivo scrivendo ai Corinzi.

 

Concludo questo secondo punto. La domanda era: come il catechista si rende presente nel grande avvenimento della iniziazione alla vita cristiana?

La risposta in sintesi è la seguente. Rendendo presente la mediazione della Chiesa attraverso l’uso ordinato e proporzionato dei tre mezzi fondamentali della medesima mediazione, dentro ad un contesto di testimonianza di un Evento accaduto nella vita del catechista.

Detto questo, inizia la riflessine pi√π difficile: la progettazione degli itinerari pedagogici che indicano come il catechista realizza la sua presenza.

So che questo, in un certo senso, è stato il tema principale della vostra giornata. Entra in azione la sapienza educativa di ciascuno di voi. A questo livello non è più pensabile proseguire con riflessioni di carattere generale.

Le riflessioni generali precedenti hanno la funzione di criterio metodologico e contenutistico: qualunque itinerario pedagogico deve attenersi ad esse e rispettarle.

 

Conclusione

 

Mi piace concludere con una riflessione di R. Guardini e con un invito.

La riflessione di R. Guardini è la seguente: «Il cristianesimo non è una teoria della Verità o un’interpretazione della vita. Esso è anche questo, non in questo consiste il suo nucleo essenziale. Questo è costituito da Gesù di Nazareth, dalla sua concreta esistenza, dalla Sua opera, dal Suo destino, cioè da una personalità storica. Una certa analogia di tale situazione avverte colui per il quale un uomo acquista un significato essenziale. Non l’“Umanità” o l’“Uomo” divengono in tal caso importanti, ma questa persona. Essa determina tutto il resto e tanto più profondamente e universalmente quanto più intensa è la relazione… Il cristianesimo afferma che per l’Incarnazione del Figlio di Dio, per la Sua morte e la Sua risurrezione, per il mistero della fede e della grazia, a tutta la creazione è richiesto di mettersi sotto la signoria di una persona concreta, cioè di Gesù Cristo».

L’invito è il seguente: leggete attentamente e meditate con calma il libro del S. Padre “Gesù di Nazareth”. Esso risponde in modo stupendo alla stessa esigenza che avevo nel dirvi ciò che vi ho detto: cercare il volto del Signore, e testimoniare di averlo incontrato.

mons. Carlo Caffarra

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