Finita la leva, anche il servizio civile sarà volontario. «Ma le domande restano tante». Formazione cattolica oggi Massimo Palombi dirige l'Ufficio nazionale per il servizio civile, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. All'obiezione di coscienza riserva attenzione e riconoscimenti. Non solo, par di capire, per dovere d'ufficio.
del 01 gennaio 2002
Intervista a Massimo Palombi. Formazione cattolica oggi Palombi dirige l’Ufficio nazionale per il servizio civile, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. All’obiezione di coscienza riserva attenzione e riconoscimenti. Non solo, par di capire, per dovere d’ufficio.
Direttore, con la sospensione della leva obbligatoria termina anche l’esperienza di chi contestava il servizio militare nel nome della pace...
«Il fenomeno dell’obiezione di coscienza al servizio militare obbligatorio ha portato all’affermazione di un principio, riconosciuto come tale prima dalla Corte costituzionale e poi dal Parlamento, secondo il quale la difesa della patria non si esaurisce solo con il servizio militare armato, ma è soddisfatta anche attraverso svariate attività sociali (svolte dagli obiettori ammessi al servizio civile) che 'difendono' la comunità nazionale aiutandola, tutelandone cioè la coesione, lo spirito, i valori».
Nel dicembre 1972, quando fu varata la prima legge sull’obiezione di coscienza, gli interessati erano pochi...
«Non c’è dubbio che, all’inizio, la questione appassionava settori ristretti della società italiana. Ma quell’esigenza di 'nicchia' ha dilatato i suoi confini dal punto di vista numerico, politico e contenutistico fino a ottenere una legge, la 230 del 1998, che solennemente sancisce due cose: l’obiezione di coscienza è un diritto a tutto tondo dei cittadini; il servizio militare e quello civile hanno pari dignità: sono ovviamente diversi per natura e autonomi, ma entrambi – come già detto – rispondono al dovere costituzionale di difendere la Patria».
Venuto meno, dal primo gennaio prossimo, il servizio militare obbligatorio, cosa cambia per il servizio civile? C’è chi sostiene che dal 2005 in poi è concettualmente assimilabile al volontariato, e chiede che a gestirlo siano le Regioni...
«Nel luglio scorso la Corte costituzionale ha bocciato questa tesi. Il servizio civile è ora regolato dalla legge 230 del 1998 e dalla legge 64 del 2001. Per quanto riguarda il futuro, il servizio civile volontario rimarrà nell’ambito concettuale della difesa della patria, manterrà il carattere nazionale e continuerà a essere gestito da quest’ufficio».
Cambierà comunque qualcosa, a partire dal numero di chi svolgerà il servizio civile, che si pensa molto ridotto rispetto a quello degli obiettori...
«Questo ovviamente è da vedersi. Mi limiterei a ragionare sui dati certi».
Quali?
«Negli ultimi tempi, i giovani che hanno presentato domanda per essere rico-nosciuti obiettori di coscienza sono circa 50-60.000 all’anno. Il fenomeno dell’obiezione di coscienza, oltreché inevitabilmente maschile, si conferma ancor oggi come un fenomeno radicato soprattutto nel Centro-Nord. Altro è invece il discorso del servizio civile nazionale volontario, per come s’è sviluppato: fino a oggi, infatti, è inevitabilmente più femminile (il 95 per cento è costituito da ragazze), risulta più legato al Centro-Sud e coinvolge, per il 60 per cento, studenti universitari».
Quanto prende un obiettore di coscienza, oggi, e quanto un volontario che presta servizio civile?
«Al primo viene corrisposto un mensile di 90 euro (vale a dire l’equivalente della paga del soldato); al secondo, un mensile di 433,80 euro».
Quali sono le previsioni per il servizio civile del domani?
«Posto che il 2005 sarà ancora un anno di transizione, in cui i due sistemi coabiteranno per mesi, giacché ci sono obiettori che partono a dicembre, per l’anno prossimo prevediamo di garantire 35-36.000 posti, a fronte di una copertura di 240 milioni di euro (il doppio dello stanziamento – 120 milioni, appunto – varato per il 2004); un successo che il ministro Carlo Giovanardi, responsabile politico del servizio civile, ha ottenuto in un clima di forti tagli».
La prevista contrazione di persone impegnate nel servizio civile porterà a limitare le attività a diretto contatto con la sofferenza, il disagio e l’emarginazione garantite invece dall’impiego degli obiettori?
«Gli enti di servizio civile accreditati sono oggi circa 1.270. I volontari avviati al servizio civile operano per il 66 per cento nel settore assistenziale, per il 22 per cento in quello culturale-educativo, e per il restante 12 per cento nel campo della protezione civile e della difesa dell’ambiente. Dal punto di vista quantitativo, la riduzione di certi servizi sarà inevitabile. Non dimentichiamoci comunque che i giovani in servizio civile non devono svolgere opera di supplenza, 'colmando' lacune di altri, enti locali in primo luogo. E ricordiamoci invece che la qualità del servizio civile nazionale volontario, già alta perché si tratta di giovani che hanno scelto, senza obbligo alcuno, di fare qualcosa per il prossimo, è ulteriormente assicurata dalle severe condizioni che abbiamo introdotto per la selezione degli enti e da un’adeguata formazione preventiva».
Che cosa la conforta?
«La positiva reazione dei giovani. Per ogni posto disponibile arrivano in media due-tre domande. Un’adesione così numerosa dimostra che non si tratta di una 'nicchia'. Le giovani generazioni sono migliori di quanto si crede. La ricerca di uno stipendio, sia pur minimo, e di un 'lavoro', che tale non è e che comunque è precario, giacché dopo un anno si va a casa, non spiega tutto. Nella gioventù certi valori di altruismo, di impegno e di solidarietà non si sono spenti. I giovani del servizio civile, insieme con gli enti che li impiegano, stanno scrivendo una bella storia italiana».
Alberto Chiara
http://www.famigliacristiana.it
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