Intervista al medico siriano Nabil Antaki

«Ad Aleppo i ribelli ci tagliano acqua, elettricità, tutto. Ma la cosa peggiore è il freddo»...

Intervista al medico siriano Nabil Antaki

 

Nel dramma della guerra siriana che va avanti da quasi quattro anni, in una città divisa in due, proprio come Berlino prima della caduta del Muro, più delle bombe e i colpi di mortaio «che cadono ogni giorno», più che per la mancanza di acqua ed elettricità «che i ribelli [e i terroristi islamici] ci tagliano quando vogliono», gli aleppini soffrono per il freddo. «Ci mancava solo la neve», dichiara sconsolato Nabil Antaki (foto sotto a destra), medico e direttore di uno degli ultimi due ospedali funzionanti ad Aleppo. Antaki appartiene alla congregazioni dei Maristi blu, che conta tra i suoi membri sia laici che religiosi, e quando la guerra ha investito Aleppo nel maggio 2012 lui ha deciso di rimanere con la moglie. «La Siria è il nostro Paese, le nostre radici sono qui. È qui che possiamo fare il nostro dovere e rendere il nostro servizio».

 

 

 

 

Fino a pochi anni fa Aleppo era la seconda città più importante della Siria, la capitale economica del Paese, un grande centro commerciale. Che cos’è oggi?

 

Aleppo è divisa da luglio 2012 in due cerchi concentrici: il cerchio esterno, dove vivono circa 300 mila persone, è nelle mani dei gruppi armati (ribelli, al Qaeda, eccetera, ndr), mentre il cerchio interno è sotto il controllo dell’esercito governativo. Noi, come tutti i cristiani di Aleppo, viviamo nella parte interna che conta due milioni di persone, di cui 500 mila sono cittadini scappati dalla parte esterna. Ogni singolo giorno, da due anni e mezzo, ci sono scambi a fuoco, lanci di bombe e colpi di mortaio tra le due zone, con i conseguenti morti e feriti. Viviamo in condizioni estreme.

 

Ci spieghi meglio.

 

Tutte le centrali sono nelle mani dei ribelli. Ci forniscono acqua solo un giorno a settimana, l’elettricità solo un’ora ogni 48. Manca la benzina, il combustibile domestico, il gas, eccetera. La cosa peggiore però è il freddo. Quest’anno l’inverno è particolarmente duro,con temperature che variano da 0 ai 5 gradi e la gente non può scaldarsi perché mancano combustibile ed elettricità.

 

Ha anche cominciato a nevicare.

 

Sì, la neve ha peggiorato ancora di più le cose. Io e mia moglie, come tutti gli altri abitanti, soffriamo terribilmente il freddo.

 

Non è la prima volta che i ribelli vi privano dell’acqua, giusto?

 

Dal 23 dicembre, per una settimana, i ribelli hanno tagliato completamente acqua ed elettricità. Poi hanno ristabilito le forniture col contagocce, come ho già detto. Nel maggio 2014 hanno tagliato del tutto l’acqua per 70 giorni, spesso l’elettricità manca totalmente per diversi giorni. A fine 2013 hanno bloccato completamente gli accessi alla nostra parte di città: per tre mesi nessuno è potuto entrare o uscire da Aleppo, né le persone né le derrate alimentari.

 

Le sanzioni che anche l’Unione Europea applica alla Siria da anni influiscono sulla vostra vita di tutti i giorni?

 

Sì, le sanzioni hanno peggiorato di gran lunga la situazione. E non solo ad Aleppo, ma in tutta la Siria. Ci mancano molti prodotti, tra cui le medicine, per colpa delle sanzioni. Inoltre, i prodotti disponibili entrano spesso di contrabbando e questo ha fatto aumentare il costo della vita. In quattro anni di guerra, il prezzo dei prodotti essenziali è quadruplicato e questo ha impoverito la popolazione. Circa il 70 per cento dei siriani oggi vive sotto la soglia della povertà.

 

Quanti cristiani vivono ancora ad Aleppo?

 

Prima dello scoppio della guerra c’erano circa 140 mila cristiani. Oggi non siamo più di 70 mila, molti si sono rifugiati in Libano o in Occidente.

 

La Chiesa come si muove per aiutare la popolazione?

 

Le chiese locali orientali e soprattutto alcune Ong come la nostra, “I maristi blu di Aleppo”, aiutano i cristiani a sopravvivere fornendo loro sacchetti di cibo, vestiti, cure mediche e un riparo per le famiglie sfollate. La Chiesa universale chiede ai cristiani siriani, e di tutto l’Oriente, di non lasciare il Paese, culla del cristianesimo. Ma le associazioni caritative internazionali che dipendono dalla Chiesa non fanno abbastanza, o il loro aiuto non è ben distribuito o non è organizzato nel modo giusto.

 

Chi ha bisogno di aiuto?

 

Tutti. Noi aiutiamo sia cristiani che musulmani e le ong islamiche fanno lo stesso. Non chiediamo a nessuno se è cristiano o musulmano prima di aiutarlo. In questo modo preparo anche il futuro: la nostra azione infatti mostra la vera faccia dei cristiani, che non è quella propagandata dai gruppi estremisti.

 

Come avete passato il Natale?

 

Il Natale è stato un periodo di grande sofferenza per tutti gli aleppini, da una parte per il freddo e le privazioni, dall’altra perché l’abbiamo passato senza famiglie, parenti e amici, visto che la maggior parte di loro se n’è andata. Fortunatamente, ci sono stati molti concerti di Natale nelle chiese e questo ha reso le festività meno penose.

 

Dopo quattro anni di guerra, sperate ancora in una soluzione?

 

Il motto dei Maristi nel mondo e della nostra Ong di Aleppo è: “Semina la speranza”. Noi crediamo molto nella speranza cristiana e pensiamo che la Luce scaturirà dalle tenebre. Ma, in realtà, non c’è niente dal punto di vista militare, diplomatico o politico che ci spinga ad essere ottimisti.

 

 

Leone Grotti

http://www.tempi.it

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