Non sono più io che vivo, ma vive in me Cristo.
del 14 dicembre 2011
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Per le anime semplici il Santo è l'uomo delle visioni, delle profezie e dei miracoli; questi invece sono doni carismatici, non essenziali alla santità, ma voluti da Dio nella sua Chiesa fin dalle origini a perenne testimonianza della divina virtù di lei, e quali mezzi straordinari a destare o a ridestare o a mantener desto nelle menti degli uomini il pensiero delle cose celesti.
Il Santo è un uomo tutto di Dio; un uomo che, secondo l’espressione di san Paolo, vive interamente a Dio; un uomo dunque che in Dio ricerca il principio e ripone il fine di tutti i suoi pensieri, di tutti i suoi affetti, di tutte le sue azioni
Di questa vita superiore alla naturale tutti i rigenerati dal battesimo hanno ricevuto in sé gli elementi nella grazia largita loro dalla bontà infinita di Dio; ma in pratica non sono moltissimi i cristiani che, corrispondendo perfettamente ai lumi e agl'impulsi divini, raggiungano tal grado di vita spirituale da potersi applicare in tutta l'estensione dei temini il detto del medesimo Apostolo: Non sono più io che vivo, ma vive in me Cristo.
Ora il Santo ci si presenta appunto come colui che vive a pieno la vita soprannaturale, nella misura, s'intende, concessa a creatura umana; cosicché abitualmente la sua conversatio in caelis est: egli dimora sulla terra, ma da cittadino del cielo, tenendo sempre fisso il cuore là, dove sa essere per lui ogni ragione di vero bene. In questo consiste lo spirito di preghiera, intesa questa precipuamente nel senso di ascensione, elevazione, slancio affettuoso dell'anima verso Dio, senza che nulla al mondo la distolga da quell'oggetto supremo del suo amore: tirocinio quaggiù della vita celeste, che di Dio sarà la diretta, l'amorosa, l'eterna visione.
Ciò posto, bisogna aver il coraggio di confessare che non sempre le Storie dei Santi, quali oggi vedono la luce un po' dappertutto, contengono realmente le Vite dei Santi. Senza dubbio i Santi spiegano altresì un'azione, che va collocata entro la cornice degli avvenimenti a loro contemporanei; nella parte da essi presa a certi ordini di fatti o a certe correnti d'idee 0 credente scorgerà, se si vuole, la mano della Provvidenza, che invia a tempo e luogo gli eroi capaci di sostenere nell'umanità missioni di alta importanza religiosa e civile.
Sotto questo rispetto l'agiografia moderna, non lo negheremo, ha sgombrato il terreno da pregiudizi inveterati, che facevano riguardare i Santi come esseri cascati dal mondo delle stelle, estranei alla vita, se non addirittura affetti da monomanie, che si amava tanto di gabellare per misticismo, nomignolo coniato da ignoranza della mistica e attribuito con intenzioni canzonatorie anche a fenomeni di natura altissima.
Sì, è giusto render merito ai seguaci del metodo storico, se in certi ambienti le figure dei Santi possono affacciarsi oggi senza più sollevare in certuni le antipatie d'una volta. Ma è pure innegabile che così la loro individualità vera rischia di venir menomata, perché scoronata dall'aureola che li fece essere e ce li deve mostrare quali realmente furono.
Conviene saper distinguere i due aspetti senza isolarli. Nello studio dei Santi come mai prescindere dalla santità? E chi dice santità, dice una realtà, su cui sorvoli pure leggermente la scienza positiva, sia essa storica o psicologica, ma non mai chi abbia occhi esercitati nell'indagine di fatti appartenenti a un ordine superiore, dove l'umano s'incontra col divino e intimamente vi si unisce.
Ecco perché falsano il concetto di Santo quegli Scrittori, i quali stimano che non valga la pena o che sia cosa indifferente il considerarlo come l'uomo dell'unione con Dio. Così abbiamo avuto vite di Santi, diremo così, laicizzate o quasi.
E qui torna molto a proposito aggiungere un'altra osservazione. Abbiamo udito più volte e letto, che Don Bosco è un Santo moderno. Ci sembra trattarsi qui di un'asserzione che vada fatta con prudenza e che si debba intendere cum grano salis; altrimenti s'ingenera il dubbio, che, al pari di tante e tante cose umane, anche la santità con l'andare del tempo abbia bisogno di ammodernarsi.
Lungi da noi l'idea, che esistano due specie di santità, la prima buona per i tempi d'una volta e l'altra fatta apposta per i tempi nostri! L'azione della grazia divina che forma i Santi, non si muta per mutare di secoli, a guisa delle molteplici attività umane, che sono sempre in via di modificazione per adattarsi alla variabilità dei tempi e delle circostanze; né la cooperazione dell'uomo all'azione santificatrice della grazia di Dio si diversifica oggi da quella che fu ieri, cambiando stile a seconda dei gusti.
Il perfetto amor di Dio, elemento essenziale della santità, s'assomiglia per questo al sole, che dal primo giorno della creazione vivifica la terra, inondandola sempre a un modo di luce e di calore. Non si pretende con ciò, che l'accennata sentenza non possa ammettere un'interpretazione ragionevole, a patto però di farle dire unicamente questo, che anche il Santo è uomo del suo tempo e che quindi, attuando una missione di bene in un dato periodo storico, piglia atteggiamenti accidentali che in altre epoche sarebbero stati anacronistici.
Ciò nonostante, posta l'identità del principio ispiratore, dell'energia informatrice e del fine supremo d'ogni santa impresa, il metodo stesso dei procedimenti non riveste mai caratteri di si spiccata novità, da giustificare quasi un assioma come questo: tante età, tante santità.
C'è particolarmente un grossolano malinteso da scansare, quando si proclama Don Bosco il Santo moderno. In questi tempi di operosità febbrile chi parla così ha tutta l'aria di volercelo vantare come il Santo dell'azione, quasiché la Chiesa, da san Paolo, a oggi non abbia avuto sempre Santi attivissimi e come se ai giorni nostri un Santo di azione debba o possa far a meno di essere insieme uomo d'orazione.
Non si dà santità senza vita interiore, né si darà mai vita interiore senza spirito di orazione. Tale la genuina spiritualità, ieri, oggi, sempre: azione e orazione, fuse, compenetrate, indivisibili, come nel di della Pentecoste.
Un profondo conoscitore d san Paolo, cogliendolo quasi dal vero nell'esercizio dell'apostolato, ce ne abbozza questo ritratto, del quale ci sembra proprio di riscontrare in Don Bosco una copia fedele: «Con una facilità incomparabile l'Apostolo associa la mistica più sublime con l’ascetismo più pratico; mentre il suo occhio penetra i cieli, il suo piede non perde mai il contatto con la terra. Nulla è sopra né sotto di lui.
Nel momento in cui si dichiara crocifisso al mondo e vivente della stessa vita di Cristo, sa trovare per i suoi figliuoli parole che rapiscono per la giocondità e la grazia, e discende alle prescrizioni più minuziose sul velo delle donne, sul buon ordine delle assemblee, sul dovere del lavoro manuale, su la cura di uno stomaco debole. Perciò la sua spiritualità offre ai cuori più umili un alimento sempre saporitole alle anime più elette una miniera inesauribile di profonde meditazioni».
E dalle origini del Cristianesimo balzando in pieno medioevo, ci troviamo di fronte un san Bonaventura, intorno al quale un autorevole biografo ci presenta questa osservazione, che sembra anch'essa scritta per Don Bosco: «Le epoche di lotte chiedono uomini di alta bontà, che sopra i contrasti di parti riescano a pacificare gli animi: uomini dalla visione chiara, i quali sappiano ciò che vogliono e vadano dritti al loro scopo; uomini di preghiera per assicurarsi la pace nel loro interno e ottenere luce e forza dall'alto».
Ecco dunque che la spiritualità dei Santi, sempre antica e sempre nuova, non subisce metamorfosi per volgere di secoli né per mutare di costumi.
Può accadere che uomini apostolici e cristiani versati nelle scienze sacre, sospinti spesso a ragionare di cose spirituali, con tutta facilità s'illudano di essere quello che dicono; ma altro è dire, altro è fare: si può discorrere benissimo di vita spirituale senza vivere spiritualmente.
Nelle pagine che seguono, i sacerdoti dediti in special modo ai sacri ministeri troveranno, a Dio piacendo, e per merito di Don Bosco, qualche lume e qualche stimolo a mandare di conserto il facere e il docere, sicché la pratica preceda, accompagni e segua l'insegnamento. Serbatoi, non semplici canali ci vuole san Bernardo.
I laici poi, che fra le brighe materiali non perdano di vista gl'interessi dello spirito, leggeranno con non lieve profitto gli esempi di un si indefesso lavoratore, che nel maremagno delle cure possedeva l'arte di trasformare in preghiera le opere delle sue mani, attuando con naturalezza incomparabile il semper orare et non deficere. Non diciamo niente delle persone religiose, perché queste, avendo l'intelligenza delle cose spirituali, dal pochissimo che noi sapremo metter loro dinanzi, intuiranno il molto più che il nostro occhio non discopre.
Lo spirito di preghiera è l'atmosfera del cristiano. Spanderò, dice il Signore, sopra la casa di David e sopra gli abitatori di Gerusalemme lo spirito di grazia e di orazione, e volgeranno lo sguardo a me. La diffusione di questo spirito, cominciata nella grande Pentecoste, è durata e dura e durerà perenne in seno alla Chiesa, formandovi come l'aria che vi si deve respirare dai fedeli. I Santi l'hanno respirata pura, senza interruzione, a pieni polmoni.
Da tale flusso vivificati e virtute corroborati in interiorem hominem, son venuti eliminando da sé le opere della carne, enumerate dall'Apostolo nella lettera ai Cristiani di Galazia, e accogliendo invece i frutti dello Spirito, cioè, al dire del medesimo Apostolo, carità, gaudio, pace, pazienza, benignità, bontà longanimità, mansuetudine, fedeltà, modestia, continenza, castità. Questo è ciò ch'egli chiama vivere di Spirito e camminare in Spirito; questo ciò ch'egli intende, quando dice esser ripieni di tutta la pienezza di Dio, Bellissime cose! Potessimo anche noi comprenderle bene cum omnibus sanctis, ma qui con Don Bosco e alla sua scuola!
Quanto all'ordine della trattazione, ecco. La via dei giusti è paragonata dallo Spirito Santo qllaluce che comincia a risplendere, poi s'avanza e cresce fino al giorno perfetto. Veri figliuoli della luce, i Santi sono luminaria in mundo, progredendo di virtù in virtù fino alla perfezione, e arrivando con le loro ascensioni lassù, dove fulgebunt sicut sol in conspectu Dei.
Terremo dunque dietro con tutta semplicità alla vita di Don Bosco dall'aurora al meriggio e al tramonto, o meglio al passaggio dal firmamento della Chiesa militante ai caeli caelorum, agli altissimi cieli della Chiesa trionfante. Toccheremo per ultimo dei doni soprannaturali gratuiti, che rifulsero in lui e che, se non sono mezzi necessari per giungere all'unione con Dio, servono almeno, quando siano reali, a rivelarne sempre più il grado.
Il nostro cuore intanto trabocca dell'allegrezza, pensando che dalla gloria dei Beati il nostro caro Padre non ci rischiarerà più solamente le vie dell'esilio con la luce de' suoi insegnamenti ed esempi, ma ci si porgerà valido intercessore presso Dio, affinché a noi pure sia dato di raggiungere felicemente la patria celeste.
 
Eugenio Ceria
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