Non è una bella stagione quella che sta vivendo la scuola, presa da troppe incertezze e da una razionalizzazione troppo aspra e che appare a molti senza progetto. La scuola è davvero il cuore pulsante di un Paese, l'istituzione naturalmente vocata per il bene comune.
del 13 giugno 2010
            Ormai l’anno scolastico si è concluso, mancano gli esami di maturità e poi si chiuderanno i battenti per le vacanze estive. Si dimenticherà la scuola per un po’, ma poi a settembre riprenderemo a discuterne, pro o contro le riforme del ministro, sui i tagli subiti o contro la finanziaria che riduce stipendi già troppo miseri, e discuteremo ancora se posticipare a ottobre l’avvio dell’anno scolastico per favorire il turismo familiare (stupefacente come la famiglia diventi “interessante”quando vi sono in gioco interessi altrui).
 
           Non è una bella stagione quella che sta vivendo la scuola, presa da troppe incertezze e da una razionalizzazione troppo aspra e che appare a molti senza progetto. La scuola è davvero il cuore pulsante di un Paese, l’istituzione naturalmente vocata per il bene comune. Eppure l’opinione pubblica e i responsabili politici non mostrano quella lungimiranza che ci si attenderebbe e neppure le famiglie troppo preoccupate dell’agognato titolo di studio e poco della qualità dei saperi che quel titolo ha fornito. Eppure la scuola va avanti, e va avanti per la presenza tuttora significativa di docenti bravi e appassionati che nonostante tutto, ogni mattina, entrando in classe, accettano l’avventura di educare attraverso le discipline che sono tenuti ad insegnare. Un pensiero va a questi docenti: a loro le autorità, l’opinione pubblica, le famiglie dovrebbero rendere onore.
           E investire sulla loro formazione, perchè sono i docenti la riforma vera della scuola. Un bravo insegnante può cambiare il corso della vita di un giovane, ed è noto che la qualità dell’insegnamento è il fattore decisivo per il successo scolastico di uno studente. Senza investire su di loro, sul merito e su carriere che premino l’impegno e la professionalità (a costo di rompere quella copertura sindacale che più che al merito ha pensato all’omologazione e all’appiattimento riducendo la professione a “impiego pubblico”) non se ne verrà fuori. 'Per mantenere competitiva l’America, e per trasformare in realtà il sogno americano di una uguale istruzione garantita a tutti, è nostro dovere reclutare, retribuire, formare, ascoltare e rispettare una nuova generazione di insegnanti di talento', dichiarava solo alcune settimane fa su Avvenire Arne Dugan, Sottosegretario di Stato all’educazione degli Usa. E noi italiani quale sogno stiamo coltivando per i nostri ragazzi e per i nostri insegnanti?
           Un pensiero va a tutti i docenti, davvero tanti, che non hanno paura di parlare di valori ai loro ragazzi, di appassionarli alla vita buona e alla curiosità intelletuale, alla voglia di gareggiare e di sperimentarsi. A quegli insegnanti che non rinunciano al contraddittorio esigente e a valutare con serietà senza mai rassegnarsi a perdere uno solo dei loro studenti. Un pensiero infine a coloro che non rinunciano al bene-delle-regole-che-vanno-rispettate e con le quali si suscita il desiderio di partecipazione e di democrazia: la buona educazione, la cortesia, il rispetto sono gli unici antidoti ai bulli che non si rassegnano a crescere.
Edoardo Patriarca
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