L'ipocrisia perlomeno sospetta della guerra umanitaria occidentale. Parliamo soltanto di decenza politica. Chi sono gli insorti, che cosa vogliono, davvero? Non lo sappiamo.
del 24 marzo 2011
 
 
          Lasciamo da parte le solite meschinità: i timori per le invasioni dei migranti, per le minacce delle diaspore terroristiche, per la sorte dei nostri affari con la Libia e per i rischi delle forniture energetiche. Parliamo soltanto di decenza politica.
          Riassunto: una consistente minoranza si ribella al potere centrale, decisa ad abbatterlo. Essa sventola bandiere dell’antica monarchia, impugna armi e instaura, in Cirenaica, un governo provvisorio, come minimo secessionista, come massimo determinato a impossessarsi dell’intera Libia.
         Chi sono gli insorti, che cosa vogliono, davvero? Non lo sappiamo. Ma Sarkozy, con tempestività (tardo colonialista?) perlomeno sospetta, si affretta a riconoscere come legittimo il regime provvisorio di Bengasi. Dopodiché decide di entrare in azione contro Gheddafi, con un intervento “self-fulfilling” che, in pratica, dichiara: “Ho appoggiato i ribelli e, dunque, li farò vincere”.
         E’ sempre necessario schierarsi dalla parte di chi insorge? Certamente no, altrimenti avremmo incoraggiato l’Ira in Gran Bretagna e l’Eta in Spagna. Invece è indispensabile aiutare, con le bombe, chi si ribella a una dittatura? Come no. Ma osserva Piero Ostellino, sul Corriere: “Perché in Libia sì e in altre parti del mondo, dove si sono consumati autentici genocidi, no?”. E poi: peccato che la dittatura di Gheddafi (vecchio terrorista) sia stata sdoganata da Tony Blair e corteggiata anche dai nostri governi di centrosinistra. Peccato che il regime del “rais sanguinario” partecipasse, nell’Onu, alla Commissione per i Diritti umani. Peccato che mezza Europa abbia fatto affari con il Demonio. Peccato che il Trattato d’amicizia italo-libico, che ci imponeva la non ingerenza, sia stato approvato con voto bipartisan (vero, Bersani?). Peccato, infine, che ci si ricordi solo adesso che Gheddafi è un dittatore. Con quanti dittatori ha rapporti amichevoli il sereno occidente? Quanti governi dispotici fanno parte dell’Onu? E sono democrazie limpidissime la Cina, la Russia, i paesi della Lega araba, che prima si astennero o balbettarono a proposito dell’intervento in Libia e che adesso borbottano sui limiti della nofly zone?
          Il popolo libico non era affamato, né si sentiva spaventosamente oppresso. Non per caso, le famose “carrette del mare” non furono mai gremite da migranti libici. Esistono altri valori, certo. Diceva Ho Chi Minh: “Niente è più prezioso dell’indipendenza e della libertà”. Dunque anche il popolo meno povero dell’Africa può ribellarsi contro un tiranno, soprattutto quando una parte del paese (la Cirenaica) è, da sempre, ansiosa di governarsi autonomamente e / o di governare l’intero paese. Dopodiché, ogni giornalista perbene strilla che Gheddafi spara contro il suo popolo. Sì, il dittatore spara contro i libici che vogliono detronizzarlo e che hanno innescato una guerra civile, nella quale (la storia, anche nostra, ce lo insegna) la ferocia e le vittime innocenti, purtroppo, sono sempre comprese nel lurido inventario. “La rivoluzione non è un banchetto di nozze”, disse il presidente Mao. Cioè: se ti ribelli contro un qualsiasi potere, devi aspettarti che quel potere reagisca. 
         La nostra propaganda democratica, ovviamente, ci smentirà, ma nessuno può garantire che i gloriosi F-16, Eurofighters e Tornado dell’occidente non provocheranno danni collaterali, come sempre hanno fatto, “in nome della democrazia e della pace”, dovunque abbiano dispiegato la loro mite potenza. Le bombe gentili dei volonterosi sbraneranno anche qualche mamma e qualche ragazzino. Li chiameremo scudi umani, dopo.
 
Giuliano Zincone
Versione app: 3.25.0 (f932362)