Manga e Anime giapponesi dilagano nell'Occidente golobalizzato: emergenza educativa?Naruto, Dragon Ball, Le principesse sirene, Mew Mew... chi più ne ha più ne metta. Sono i Japan cartoon! Giunti in Italia nell'ormai lontano 1978 dilagano nella programmazione della tv commerciale. A ormai trent'anni dal loro arrivo è tempo di riflessioni e bilanci.
del 10 febbraio 2009
 
 
Naruto, Dragon Ball, Le principesse sirene, Mew Mew… chi più ne ha più ne metta. Sono i Japan cartoon! Giunti in Italia nell’ormai lontano 1978 dilagano nella programmazione della tv commerciale, come in quella commerciale. Fin da subito i critici si sono divisi tra gli osanna più acuti, per l’arrivo di una felice alternativa allo strapotere del made in USA, e infiammati crucifige che allarmavano contro l’invasione levantina di una cultura d’oltreoceano di cui si conosceva (e si conosce) poco. A ormai trent’anni dal loro arrivo è tempo di riflessioni e bilanci soprattutto per quel che riguarda il loro impatto culturale sul mondo delle giovani generazioni, oltre che dei trentenni attempati, primi spettatori di Goldrake e Mazinga in Italia.
    
Eroi in cerca di assoluto
    Ciò che potrebbe colpire subito uno sguardo “critico” è che, sebbene in modi diversi, tutti i cartoni made in Japan, da quelli storici e avventurosi a quelli sportivi e di vita quotidiana, si strutturano attorno a valori etici e religiosi che determinano lo svolgimento e il fine ultimo di ogni episodio.
Nella grande eterogeneità dei racconti si rileva infatti che tutti i personaggi, nel loro modo specifico e peculiare, cercano l'assoluto: gli eroi sportivi attraverso la competizione e il costante sforzo di 'vincere per vincersi'; i protagonisti i delle vicende storiche o avventurose tramite un'azione ritualmente tesa a scopi imprecisi, ma intrisi di misticismo e ideologia religiosa; i personaggi della vita quotidiana attraverso azioni rituali che sono ispirate dagli antenati o imposte dalla natura.
 
    Codici etici “non occidentali”
    L’estraneità vistosa rispetto alla cultura occidentale risiede nei modelli di comportamento, tutti basati su codici che considerano la vergogna e il 'perdere la faccia', cioè l'onore, come gravi forme di disturbo all'armonia sociale, quindi come una colpa commessa da parte dell'individuo che li prova nei confronti del suo gruppo sociale. Ogni comportamento individuale viene infatti valutato in base ai suoi effetti sulla collettività. Il continuo richiamo, tipico della cultura nipponica, alla dimensione collettiva trova riscontro nel primato attribuito all'identità nazionale. Vincere è un modo per migliorare se stessi, ma è anche un contributo doveroso alla propria nazione, sia essa immediatamente il Giappone o ciò che idealmente lo sostituisce come una metafora.
In ogni incontro sportivo, di lotta contro i più disparati avversari, di confronto inteso in senso lato, gli eroi mettono in gioco se stessi totalmente, fino al limite estremo, per la squadra, per il Giappone o la metafora che lo sostituisce (il villaggio, il gruppo sociale o di riferimento), e non vanno incontro alla morte solo perché si tratta di serial. Tra i Pokemon si muore, certi però di risorgere. E importante notare che gli stessi principi etici e religiosi espressi da questi cartoni animati, hanno avuto nel recente passato espressioni reali ben più drammatiche. Come non pensare ai kamikaze, i piloti suicidi dell'ultimo conflitto mondiale. Quella morte solitaria, celebrata come un rito sacrificale, ma così utile alle sorti della nazione in guerra, era vissuta come indispensabile sacrificio per raggiungere l'assoluto così come avevano insegnato a fare e a pensare i samurai.
 
    Onore, vergogna, senso del peccato
    La vergogna invece è l'elemento più riprovevole, 'Perdere la faccia' significa disturbare l'armonia sociale e pertanto, dal momento che il comportamento individuale è valutato in base ai suoi effetti sulla collettività, è molto grave. La vergogna diventa così un fatto sociale, più importante e più riprovevole della colpa che è invece solo un fatto privato, individuale e quindi non rilevante. Infatti, nella cultura giapponese, il peccato non è tale finché rimane segreto. I peccati sono esclusivamente gli atteggiamenti pubblicamente riprovevoli, come la slealtà, l'imprecisione, la scarsa puntualità. L'onore è il codice di comportamento principale. E l'elemento che rende fluidi e veloci i rapporti sia personali, che di lavoro in una società altamente complessa come quella nipponica. L'onore non è un fatto esclusivamente individuale: coinvolge la famiglia attuale del protagonista, le sue origini e la sua discendenza.
La lealtà è direttamente connessa all'onore. Rappresenta il modo comune e corrente di rapportarsi alle altre persone, agli impegni, ai compiti. L'atteggiamento leale è il naturale antidoto alla vergogna ed è la premessa per il superamento dei limiti individuali. Su questo modello di comportamento individuale si innesta facilmente il meccanismo del controllo sociale, che riveste un ruolo dominante nella vita e nella cultura giapponese. Esso è reso necessario dalla concentrazione di un'enorme quantità di popolazione in spazi ristretti, la quale, per poter convivere in modo pacifico e produttivo, richiede un'organizzazione precisa e definita e quindi controllata e controllabile.
 
    Emozione, azione e catarsi.
    L'elemento religioso/filosofico veicola inoltre una sorta di stereotipizzazione dei personaggi, che consiste nel trasformare l'astratto in concreto, il carattere in un tipo. Del resto, la propensione, così diffusa e così manifesta nel caso dei cartoni, verso una semplicità primitiva, trova forse una sua precisa matrice filosofica negli insegnamenti di Lao Tze. Il culmine i questa propensione è rappresentato dal Kannagara, ossia il sentimento che si traduce in un pensiero secondo cui tutte le azioni sono emotive e dettate da stati d'animo impulsivi; solo in un secondo tempo vengono razionalizzate. Tutto questo emerge nel coinvolgimento emotivo dei personaggi, che prima di passare all’azione esteriorizzano il loro stato d’animo in lunghi pensieri espressi da una voce interiore e dalla fissità dello sguardo; solo così l’azione potrà essere vincente, catartica e risolutoria proprio in virtù della sua genesi sofferta ed esclusivamente emotiva. In questa prospettiva, un ruolo fondamentale viene ricoperto da tutti quegli attributi caratteriali e quegli atteggiamenti che hanno a che vedere con la sfera emotiva, come la capacità intuitiva dei protagonisti, la loro predisposizione a commuoversi, la loro impulsività, il tutto evidenziato da tratti elementari, disegni anch’essi stereotipati e un linguaggio visivo che rende riconoscibile l’interiore attraverso tipizzazioni esteriori.
 
    Quale giudizio?
    Non è semplice rendere ragione in poche righe della complessità che ci giunge attraverso il fiume di immagini, suoni, emozioni e storie di marca nipponica. L’intenzione non è certo quella di condannare o bollare una simile diversità culturale come totalmente negativa o, quanto meno estranea, al mondo occidentale e cattolico. Tuttavia credo che proprio l’estraneità e la lontananza culturale che abbiamo – con pochezza – cercato di mettere in luce esigano un atteggiamento di considerazione e valutazione critica di un’emergere culturale ormai diffuso e consolidato nell’Italia della globalizzazione. La lontananza decisa dal messaggio cristiano di un Amore totale che si dona sulla Croce senza nulla chiedere in cambio (nè onore, nè eroicità, né adeguatezza morale) credo possa, quanto meno farci riflettere e far riflettere i nostri ragazzi – che ne sono golosi ed informati consumatori – su quanto il libero mercato dei media ci propone attraverso i japan-cartoon.
 
Lorenzo Teston
 
 
 
 
Piccola bibliografia di riferimento:
Mazza V., Usare la Tv senza farsi usare, Sonda, Torino 2002.
Pellai A., Teen Television – Gli adolescenti davanti e dentro la Tv, Franco Angeli, Milano 1999.
Caprettini G. P., Tutta colpa della tiv√π, Donzelli, Roma 2004.
Donati P., Ottavo Rapporto CISF sulla Famiglia in Italia – Famiglia e capitale sociale nella società italiana, San Paolo, Torino 2003.
D’Amato M. , La Tv dei ragazzi. Storie, miti, eroi, Eri-Rai, Roma 2002.
Fontana A. – Tarò D., Anime. Storia dell’animazione giapponese 1984 – 2007, Il Foglio, Piombino 2007.
Pellitteri M., Il drago e la saetta. Modelli, strategie e identità dell’immaginario giapponese, Tunuè, Latina 2008.
Di Fratta G., Robot. Fenomenologia dei giganti di ferro giapponesi, L’aperia, Caserta 2007.
 
 
don Lorenzo Teston
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