Perché? Perché si è imposto il principio che l'affettività debba essere appresa a scuola al pari del teorema di Pitagora. Ma dietro l'affettività, l'amore, la sessualità vi è la morale. Come si è arrivati a una scuola che propone una visione dell'amore solo come rischio di gravidanza indesiderata
del 14 dicembre 2011(function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk'));
          Una ragazza di sedici anni, a Trento, è stata indotta ad abortire su pressione dei genitori, che si erano addirittura rivolti al giudice per costringerla a farlo. Più che chiedersi come si sia giunti a tale sordità morale nei confronti dell’aborto e alla riduzione della gravidanza a una via di mezzo tra un incidente e una malattia, occorre chiedersi quali sono i meccanismi che alimentano questa tendenza.
          Ecco un piccolo esempio segnalatomi da una lettrice. Nel “Corso di Scienze per la scuola secondaria di primo grado” (autori Bruna Negrino e Daniela Rondano, edizioni il Capitello) nel capitolo sull’“educazione all’affettività” un paragrafo spiega: “Sin dall’antichità l’uomo e la donna si sono posti il problema di evitare le gravidanze non desiderate; un tempo si cercavano soluzioni a ciò ricorrendo a metodi rudimentali di scarso valore scientifico e spesso di altrettanto scarsa efficacia. Al giorno d’oggi, grazie alle conoscenze anatomiche e funzionali dell’apparato riproduttore e alle scoperte in campo chimico-farmaceutico, è possibile esercitare un controllo sulle nascite con metodi efficaci e sicuri”.
          Il paragrafo è intitolato: “I molti motivi per non iniziare una gravidanza” e questi motivi sono riportati entro tanti dischetti azzurri che galleggiano attorno al titolo. Vale la pena leggerli: “Non voglio figli”, “Non ho l’età”, “Ho paura dei miei”, “E’ un passo molto importante”, “Non me la sento”, “Sarà vero amore?”, “Non so…”, “Sono troppo giovane”, “Prima finisco gli studi”, “Boh!”, “Il pianeta è già troppo pieno”.
          Ammetto di trovare superfluo ogni commento. Mi sorprenderei piuttosto che qualcuno lo possa ritenere necessario. Né me la sento di prendermela in particolare con questo libro: ve ne sono tanti così; anzi, sono quasi tutti così. E perché? Perché si è imposto il principio che l’affettività debba essere appresa a scuola al pari del teorema di Pitagora. Con una differenza, si dirà: nessuno si sogna di affermare che il quadrato costruito sull’ipotenusa sia metà della somma dei quadrati costruiti sui cateti, ma l’affettività sarà tema delle opinioni più disparate. Fosse solo questo il problema…Dietro l’affettività, l’amore, la sessualità vi è la morale. Quindi, se si pretende di fare dell’affettività una materia curricolare e di insegnarla come le leggi della chimica, l’esito è inevitabile: la materia diventerà “scientifica” e non sarà tanto l’esposizione di vedute differenti quanto l’educazione alle tecniche per conseguire il massimo “benessere”, con relativa sparizione della questione morale.
          Consideriamo, per esempio, le indicazioni nazionali della legge Moratti per i licei. Nella sezione dedicata all’educazione all’affettività, uno degli obiettivi è l’acquisizione del linguaggio dei sentimenti e delle emozioni, per affrontare i temi dell’innamoramento, dell’amore, del matrimonio e della famiglia. E come si realizzerà questo obiettivo? “Analizzando le mappe linguistiche relative alla vita affettiva”; facendo ricerche e documentandosi “sull’evoluzione della famiglia nella società italiana e nel proprio contesto di riferimento”. Altro tema di apprendimento: “La vita affettiva e sessuale secondo diverse scuole di pensiero, le caratteristiche di una sessualità responsabile, le relazioni affettive e sessuali nell’adolescenza e nell’età adulta”.
          Esso dovrà condurre alla capacità di “distinguere nella discussione sulle problematiche sessuali tra dati di costume di tipo antropologico e sociologico, norme e suggerimenti di tipo igienico e norme giuridiche”. Ancora: “Riconoscere il rapporto tra affettività, sessualità e moralità in diverse situazioni sociali. Fecondazione, gestazione e nascita. Regolazione della fertilità e metodi contraccettivi”. Qui si tratterà di acquisire la “competenza” di “distinguere fra metodi naturali di regolazione della fertilità, contraccettivi chimici e meccanici, e riconoscere di ciascuno, efficacia e limiti”.
          Questa riduzione dell’autentica dimensione dell’affettività a una miscela di tecnica sanitaria e di sociologismo è il prodotto del connubio di ideologie pedagogiche diffuse non solo in ambito laico ma anche, e largamente, nel mondo cattolico e, più in generale, religioso. Ci si chiede che senso abbia proclamare l’intoccabilità dei valori non negoziabili (in primis, la vita), il valore della morale, della famiglia, dell’educazione libera, e poi chiudere gli occhi di fronte a forme di costruttivismo degne di uno stato totalitario, alla riduzione dell’affettività a disciplina di stato.
          Sono stato talora accusato di intervenire troppo sul tema dell’istruzione, quando ben altri mali affliggono la nostra epoca. Ma è qui che questi mali si alimentano. E’ qui che stiamo educando generazioni di giovani a una sordità morale che equipara il levarsi un figlio dal seno al taglio di un’unghia incarnita, a considerare ogni “dovere” come impaccio alla “libertà”. Ed è il terreno su cui si misura il fallimento di un certo mondo religioso che crede di salvare la propria ragione di esistere riducendo la morale a tecniche socio-pedagogico-sanitarie.
Giorgio Israel
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