Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio.22 Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna. (Mt 5, 20-22)
del 26 marzo 2007
 
 
 
 
I rapporti tra di noi spesso sono senza un minimo di gentilezza, di rispetto, di accoglienza reciproca; sono i toni della vita di relazione in famiglia, tra gli amici, a scuola o sul lavoro, spesso nella politica o nel mondo degli affari. Gli uomini sono sempre in lite.
Liti verbali, si dice, ma sicuramente di rapporti tra di noi avvelenati si tratta. Non è questione di galateo, anche se un po’ di educazione non guasterebbe, ma di dignità delle persone. E’ sempre violenza che si scatena e che pone le basi per una impossibilità di convivenza pacifica.Il discorso della montagna parte da un altro punto di vista, non sta a vedere quali sono i comportamenti essenziali per poter sopravvivere in rapporti passabili, ma ci dice che siamo tutti figli di Dio, che il nostro ideale è la perfezione del Padre. Per questo l’ira con il proprio fratello è un omicidio del cuore. Se l’altro è il nemico da abbattere, non è più un fratello e quindi io non sono più figlio. Il disprezzo è già l’uccisione dell’altro; descrivermi l’altro dentro di me come non degno di vivere è già prepararne la morte. Fanno così tutte le campagne che vogliono accreditare la guerra: inventano delitti orribili, nefandezze, stragi che il nemico dovrebbe aver fatto così che si è autorizzati a uccidere. Descrivono l’altro, il fratello come un assassino, un senza cuore, un ingiusto per poter avere il diritto di ammazzarlo.
Ma l’altro è sempre un fratello, è sempre un figlio di Dio come me. Per vivere da fratelli occorre fare un salto di qualità nei rapporti; è necessario passare dalla sopportazione o dalla convivenza all’amore.
E Gesù nel vangelo si propone con grande autorità. Qui si vede che è il Figlio di Dio, non un profeta qualunque. Gesù si esprime come un legislatore della nuova legge: Avete sentito che fu detto…ma io vi dico Un profeta non si poteva permettere di parlare in prima persona, doveva sempre e solo riecheggiare nei suoi discorsi la Parola di Dio; era un mandato che trasmetteva. Invece Gesù è l’inviato, il Cristo che ha la stessa autorità di Dio. Questa sarà la grande accusa per farlo morire, ma questa è la consolante verità che ci consegna Gesù come il  Figlio dell’eterno Padre, il Salvatore, il Dio che non ci abbandona mai.
mons. Domenico Sigalini
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