Quanti martiri hanno dato la vita per i loro fratelli, quanti non hanno badato a spese, a fatiche, alle stesse torture? Cristo Gesù ha annunziato e proclamato il Vangelo dicendo: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”. Chi è amico ama sempre; e, come dice san Gerolamo: “Un'amicizia che può spegnersi non è mai stata una vera amicizia!”
del 14 luglio 2011
 
La natura e l’origine dell’amicizia
          Quando, ancora ragazzo, frequentavo la scuola, mi dava moltissima gioia la compagnia dei miei coetanei, così, tra le abitudini e le debolezze che solitamente rendono problematica quell’età, mi diedi con tutto me stesso all’affetto e mi consacrai all’amore: niente mi sembrava tanto dolce, tanto gioioso, tanto appagante quanto essere amato e amare.
          Il mio animo si trovò così a fluttuare fra tanti affetti e amicizie, come fosse trascinato in più direzioni: non sapevo cosa fosse la vera amicizia, e spesso mi lasciavo ingannare da ciò che ne era solo l’apparenza.
          Finalmente mi capitò un giorno tra le mani il libro di Cicerone sull’amicizia, e subito mi sembrò utile per la profondità delle idee, e gradevole per la dolcezza dello stile. Benché non mi sentissi ancora maturo per l’ideale che proponeva, ero felice di aver trovato un certo modello di amicizia che mi permetteva di porre un certo ordine fra i miei sentimenti così dispersivi. Quando piacque al mio buon Signore rettificare le mie deviazioni, rialzarmi da terra, purificarmi con il suo tocco salutare dai miei errori, lasciai i progetti di carriera mondana ed entrai in monastero.
          Mi buttai subito nella lettura dei libri sacri: prima infatti i miei occhi infiammati e assuefatti al buio delle cose del mondo non riuscivano neanche a sfiorarne la superficie. Così, mentre il gusto delle sacre Scritture diventava sempre più dolce, e al loro confronto quel poco di scienza che mi era venuto dal mondo andava perdendo valore, mi tornarono alla mente le cose che avevo letto nell’opuscolo sull’amicizia di Cicerone, e mi stupii che non avessero più lo stesso sapore di prima. In effetti, a quel punto della mia vita, se una cosa non mi dava lo stesso gusto di quel miele che è l’amicizia di Cristo, se non era condita con il sale della Scrittura, non riusciva a coinvolgere interamente il mio sentimento.
          E pensando e riflettendo continuamente su quelle idee, mi chiedevo se non fosse possibile rafforzarle dando loro come fondamento l’autorità delle Scritture. Avendo già letto negli scritti dei santi Padri molte cose riguardanti l’amicizia, volendo amare spiritualmente ma non sentendomene capace, cominciai a scrivere degli appunti sull’amicizia spirituale per offrire a me stesso le regole di un amore puro e santo. Così è nato questo libro, che ho diviso in tre parti: nella prima tratto della natura dell’amicizia e ne esamino l’origine o la causa; nella seconda ne prospetto i frutti e la grandezza; nella terza spiego, secondo le mie capacità, in che modo e fra quali persone essa possa conservarsi intatta per sempre.
          Se qualcuno trarrà una qualche utilità da questa lettura, renda grazie a Dio e supplichi la misericordia di Cristo per i miei peccati. Se qualcuno troverà invece superfluo o inutile quanto ho scritto, abbia pazienza per la mia situazione infelice che, caricandomi di numerosi impegni, mi ha costretto a ridurre nello schema di questa meditazione il fiume dei miei pensieri.
La definizione di amore, di amico, di amicizia e la definizione della carità           Aelredo: Lo farò volentieri, purché tu abbia comprensione per la mia ignoranza e non mi costringa a insegnarti quello che io stesso non so. Mi sembra che il termine “amico” venga da “amore”, e “amicizia” da “amico”. L’amore è un sentimento dell’anima per cui essa, spinta dal desiderio, cerca qualcosa e desidera goderne, ne gode con una certa dolcezza interiore, abbraccia poi l’oggetto di questa ricerca, e conserva nella memoria quello che ha trovato. La natura e la dinamica di questo sentimento le ho studiate con molta diligenza nel mio scritto intitolato “Specchio della carità” che tu conosci bene. Io dico che l’amico è come un custode dell’amore, o, come ha detto qualcuno, “un custode dell’animo stesso”, perché l’amico, come lo intendo io, deve essere il custode dell’amore vicendevole, o meglio del mio stesso animo: deve conservare in un silenzio fedele tutti i segreti del mio animo; curare e tollerare, secondo le sue forze, quanto vi trova di imperfetto; gioire quando l’amico gioisce; soffrire quando soffre; sentire come proprio, tutto ciò che è dell’amico. L’amicizia dunque è quella virtù che lega gli animi in un patto così forte di amore e di dolcezza che quelli che prima erano tanti ora sono una cosa sola. Per questo i grandi filosofi hanno posto l’amicizia non tra le realtà casuali e passeggere, ma tra le cose eterne. È quanto lo stesso Salomone sembra dire nel libro dei Proverbi quando scrive: “Un amico vuol bene sempre” (Pr 17,17), affermando così con chiarezza che l’amicizia è eterna se è vera; se invece cessa di esistere, vuol dire che non è vera, anche se lo sembrava.
Giovanni: Com’è allora che si dice che anche tra grandi amici sorgono gravi inimicizie? 
L’amicizia: un ideale da perseguire anche con il sacrificio
           Aelredo: Di questo, se Dio vorrà, parleremo a suo tempo. Voglio subito che tu sappia che non è mai stato vero amico uno che ha potuto offendere un altro dopo averlo accolto nella sua amicizia. E nemmeno può dirsi che abbia gustato la gioia della vera amicizia chi, una volta offeso, cessa di amare colui che prima amava. Infatti chi è amico, ama sempre. Se anche fosse rimproverato, insultato, dato alle fiamme, messo in croce, chi è amico ama sempre; e, come dice san Gerolamo: “Un’amicizia che può spegnersi non è mai stata una vera amicizia!” (Epist. 41, ad Ruffin.).
          Giovanni: Se la perfezione della vera amicizia è così grande, non mi stupisco più che siano cosi rari quelli che sono stati riconosciuti come veri amici. Cicerone dice addirittura che, in tanti secoli che lo hanno preceduto, si possono contare “appena tre o quattro” (Lib. de Amic., n. 15) veri amici che per la loro virtù e bontà abbiano raggiunto la notorietà. Visto poi che anche nella nostra epoca cristiana gli amici sono così rari, mi pare proprio di sudare per niente nel tentativo di far mia questa virtù. È una grandezza che mi spaventa, e che credo non raggiungerò mai.
          Aelredo: È stato detto che “già il solo tentativo di arrivare a cose grandi è grande”. Per questo è tipico degli animi più grandi riflettere costantemente sulle cose più sublimi, con il risultato che, o raggiungono quello che desiderano, o conoscono con maggior chiarezza quale deve essere il vero oggetto del loro desiderio: puoi star certo che ha già fatto un grande passo in avanti chi, conoscendo la virtù, si rende conto di quanto ne sia ancora lontano. Del resto, il cristiano non può mai disperare di conquistare l’amore di Dio e del prossimo, visto che sente ogni giorno nel Vangelo la voce divina che gli dice: “Chiedete e otterrete” (Gv 16,24). Non ti devi stupire se tra i pagani furono pochi i seguaci della virtù. Loro non conoscevano colui che è il Signore e il datore della carità, del quale è scritto: “Il Signore delle virtù è il Re della gloria” (Sal 23,10). Infatti, posso portarti l’esempio non di tre o quattro, ma di migliaia di amici che, per la fede in lui, erano pronti a “morire l’uno per l’altro”, operando quel miracolo grandioso che gli antichi celebravano o immaginavano si fosse realizzato nel caso di Pilade e Oreste. Non erano forse veri amici secondo la definizione di Cicerone quelli di cui è scritto: “La moltitudine dei credenti era un cuor solo e un’anima sola; nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro in comune” (At 4,32)? Come poteva non essere totale il “consenso nelle cose divine e umane, unito a carità e benevolenza” tra coloro che avevano un cuor solo e un’anima sola?
          Quanti martiri hanno dato la vita per i loro fratelli, quanti non hanno badato a spese, a fatiche, alle stesse torture. Penso che tu abbia letto la storia di quella ragazza di Antiochia che un soldato, con astuzia, strappò dalla strada, diventando poi suo compagno nel martirio dopo essere stato nella strada custode della sua purezza.  
          Potrei portarti molti altri esempi, se il loro numero non fosse eccessivo. Cristo Gesù infatti ha annunziato e proclamato il Vangelo, ed essi si sono moltiplicati oltre ogni misura. Ha detto: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13).
Giovanni: Allora tu dici che tra l’amicizia e la carità non c’è nessuna differenza?
          Aelredo: C’è invece, e grande. Dio ha infatti voluto che siano molti di più quelli che accogliamo con la carità di quelli che ammettiamo all’abbraccio dell’amicizia. La legge della carità ci porta ad accogliere con amore non solo gli amici, ma anche i nemici (cfr. Mt 5,44). Noi però chiamiamo amici solo quelli cui non temiamo di affidare il nostro cuore con tutto quello che ha dentro, e così fanno anche loro, stringendosi a noi in un legame che ha la sua legge e la sua sicurezza nella fiducia reciproca. 
 
Aelredo di Rielvaux
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