Per il clown, il corpo è un valore. È il biglietto da visita, che esibisce a chi incontra. È il suo modo di essere presente agli altri. Di esprimere la sua gioia. Il corpo del clown parla, si esprime, si comunica anche nel silenzio.
del 06 gennaio 2008
Siamo abituati a far festa: i centenari ormai si sprecano, io vorrei ricordare personalmente i «venticinque anni» dei «Barabba’s Clowns», un gruppo di ragazzi e giovani cosiddetti «difficili», che portano in giro in Italia e all’estero i loro spettacoli-clown. Lo fanno «per amore al teatro» e per amore ai poveri. Hanno cominciato con i campesinos del Perù, poi per i ragazzi della Bosnia e, dopo il genocidio, per i ragazzi di Musha in Rwanda. Per loro hanno raccolto somme ingenti, loro poveri, rinunciando ad ogni forma di guadagno.
Il clown è festa, gioia, fantasia, poesia, sana critica dei nostri costumi. Ed è bello vedere questi giovani, che hanno avuto un passato difficile e un presente spesso irto di difficoltà, giocare ai clown con la semplicità di chi ha scoperto il segreto della vita: l’amore.
 Il clown è anche corpo: parla con il corpo, con gli occhi, che illuminano il volto, rendendolo aperto, disponibile al sorriso, alla comunicazione.
Per il clown, il corpo è un valore. È il biglietto da visita, che esibisce a chi incontra. È il suo modo di essere presente agli altri. Di esprimere la sua gioia. Il corpo del clown parla, si esprime, si comunica anche nel silenzio. Il clown sa che il corpo non mente mai: che esprime quello che uno è dentro. E consapevole che non può comunicare la gioia, se la gioia non la possiede davvero. E non averla, è per lui un dramma, che lo costringe ad abbandonare «il mestiere».
Ma questo non vale solo per il clown ma per tanti giovani, ragazzi e ragazze, che non accettano il loro corpo. Nella scuola c’è poca attenzione al linguaggio del corpo: non c’è quindi da meravigliarsi se molti giovani lo disprezzano, lo trattano male, lo imbottiscono di droga o di alcool.
L’iter scolastico non prende mai in seria considerazione il corpo, per cui non rappresenta un momento di liberazione o di maturazione del corpo stesso e del suo linguaggio. Siamo degli «analfabeti»! I nostri preadolescenti e adolescenti chiedono invece che li aiutiamo a scoprire il valore del loro corpo, che maltrattano o mortificano solo perché non lo conoscono o per esprimere le varie forme di disagio psicologico o gli abbandoni affettivi, a cui spesso sono sottoposti.
Dal mondo femminile, soprattutto, giungono segnali allarmanti, di cui l’anoressia e la bulimia sono i fenomeni più eclatanti: nella mia esperienza di seminari di espressione corporale, ho incontrato più di una ragazza che non si accetta come corpo, come storia e manifesta il suo rifiuto attraverso il corpo, che castiga e mette a digiuno.
Nella scuola da cui provengono i «Barabba’s clowns», la media sperimentale del Centro Salesiano di Arese, l’educazione del corpo attraverso l’espressione corporea, la scoperta del corpo comico, è materia di insegnamento. Lo stesso avviene in alcune comunità terapeutiche. Perché non estendere l’esperienza?
Occorrono interventi precisi nel mondo della scuola perché con creatività, con fantasia e coraggio venga affrontato il problema dell’educazione corporea. «Nessuno finora ha spiegato a che serve il corpo umano, né ha scoperto le sue vere possibilità». Questo scriveva circa trecento anni fa il filosofo Spinoza.
Aiutare a prendere coscienza del proprio corpo, del suo valore, è uno dei modi più intelligenti per operare prevenzione. Noi siamo il nostro corpo. Dobbiamo imparare a vivere il nostro corpo. Esso è chiamato alla risurrezione. Come valorizzazione è il massimo!
Da: Vittorio Chiari, Un giorno di 5 minuti. Un educatore legge il quotidiano
don Vittorio Chiari
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