A scuola si pensa più a preparare i giovani ad avere rapporti sessuali in modo protetto che ad assumere comportamenti consapevoli e rispettosi di sé stessi e degli altri. Educare è compito primario della famiglia.
del 02 novembre 2011 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) {return;} js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
            Le scrivo per condividere con voi un argomento che mi sta molto a cuore. Come lei ben sa, in molte scuole italiane si tengono incontri sull’educazione sessuale. Anche la più piccola delle mie tre figlie, di quindici anni, vi ha partecipato di recente. Questi incontri, per usare le parole di mia figlia, più che all’educazione sessuale, preparano i giovani ad avere rapporti completi. Con chiunque capiti, in maniera protetta. L’uso degli anticoncezionali viene largamente diffuso e argomentato. Peccato, però, che scientificamente alcuni insegnamenti siano imprecisi.
All’incontro cui ha partecipato mia figlia mandava, ad esempio, il medico. La “pillola del giorno dopo” viene fatta passare come anticoncezionale, e non un rimedio abortivo. Ma, ancora più grave, non si informano le eventuali “giovani consumatrici” dei rischi cui potrebbero andare incontro, come l’insorgere di emorragie. Infatti, la somministrazione di questa pillola è consigliata solo sotto stretto controllo medico.
Il preservativo viene dato sicuro quasi al cento per cento. Sia per evitare gravidanze indesiderate che per ridurre i rischi di contagio di malattie infettive, come l’Aids. Ma non si dice nulla su alcuni rischi come la scadenza. E che possa essere rotto o rompersi, riducendo la percentuale di sicurezza. Nessun cenno, poi, a quali terribili conseguenze psicologiche vanno incontro le ragazze, soprattutto le minorenni, dopo un’esperienza devastante come l’aborto.
Alla domanda di mia figlia se, a questa età, non fosse meglio evitare i rapporti sessuali, le è stato risposto che è utopistico, perché sono cose naturali. Poco importa se poi mia figlia è stata esposta alla derisione della classe, ed etichettata come suora. Ai miei tempi (ho solo quarantott’anni), mia mamma mi diceva che, a quindici anni, potevo ancora giocare con le bambole. Oggi tutto è cambiato! Una ragazzina non ha più il diritto di sognare il “principe azzurro”, arrossire per le attenzioni di un maschietto, provare l’emozione del primo bacio. Ora bisogna essere emancipate, mettere in mostra il proprio corpo, la propria “mercanzia”. “Purezza” è parola superata. Non è più un vocabolario dei nostri ragazzi.
A un’altra specifica richiesta di mia figlia perché si parlasse del parto, vista la presenza di un’ostetrica all’incontro, le è stato risposto che bisognava parlare solo dell’importanza degli anticoncezionali. Certo, è molto più importante diffondere nel cuore dei nostri figli la “cultura della morte”. La vita è troppo bella per essere raccontata! Come la gioia di stringere in braccio una creatura tenuta in grembo per nove mesi.
Faccio un appello alla sensibilità di tutti i genitori cattolici: riappropriamoci del diritto-dovere di educare i nostri figli. Non permettiamo che altri infondano in loro false certezze, che nulla hanno di cristiano. Educhiamoli noi alla sessualità, sull’esempio della famiglia di Nazaret. E sappiamo andare controcorrente rispetto alla mentalità corrente!
Serenella, mamma e catechista
 
 Al riguardo, negli anni ’70, sono stati presentati vari progetti di legge, confluiti in un testo unificato, ora in attesa di discussione e approvazione al Parlamento italiano. Alcuni passaggi di quel testo sono importanti. Primo tra tutti, la finalità indicata. «Lo scopo principale della legge», è scritto, «è quello di offrire ai giovani le necessarie informazioni sulla sessualità, perché possano assumere comportamenti consapevoli e rispettosi di sé stessi e degli altri. L’obiettivo resta quello di vincere l’ignoranza su una dimensione molto importante dell’esistenza umana e dello sviluppo della persona; prevenire una conoscenza distorta, sbagliata e smaliziata; offrire strumenti conoscitivi e pedagogici adeguati per affrontare i problemi tipici dell’adolescenza e della giovinezza, in ordine alla presa di consapevolezza dei sentimenti nascenti, dei rapporti tra ragazzi e ragazze».
In base a questo testo “laico”, si afferma giustamente che all’informazione sessuale deve accompagnarsi l’educazione finalizzata «ad assumere comportamenti consapevoli e rispettosi di sé stessi e degli altri». Se si riduce tutto a informazione sui contraccettivi, allora è ben poca cosa. Se si rimane a quel livello, si avallano i rapporti sessuali come cosa normale e praticata. E si danno per sicuri i contraccettivi che, invece, non lo sono al cento per cento. Si trasmettono falsi messaggi. E non si aiutano gli adolescenti a riflettere sul significato della sessualità, oggi così tanto banalizzata. È causa di disorientamento.
Un’autentica educazione sessuale deve mirare a far acquisire conoscenza della propria identità maschile o femminile. A livello fisico, affettivo, razionale e religioso. E, poi, favorire un rapporto costruttivo tra uomo e donna. Non basta trasmettere nozioni di anatomia e biologia. Tanto meno informare sui contraccettivi. È importante, invece, trasmettere una comprensione positiva della sessualità. Nella sua dimensione fisica e psicologica. La scoperta del proprio corpo e dei sentimenti nascenti è momento essenziale della maturazione e dell’evoluzione della persona. L’eros (attrattiva) è una componente importante. Ma va integrato nella logica dell’amore (agape), che non riduce tutto a semplice passione.
L’educazione sessuale non può prescindere da una questione etica. Nel senso di ciò che è bene/male, giusto/ingiusto, costruttivo/distruttivo. Alla radice c’è l’educazione all’amore. Sensibile e spirituale insieme. Non c’è una dimensione senza l’altra. «Le persone fanno sempre più fatica a dare un senso profondo all’esistenza», scrivono i vescovi negli Orientamenti pastorali della Chiesa italiana per il prossimo decennio. «Ne sono sintomi il disorientamento, il ripiegamento su sé stessi e il narcisismo, il desiderio insaziabile di possesso e di consumo. La ricerca del sesso slegata dall’affettività e dall’impegno di vita, l’ansia, la paura, l’incapacità di sperare e il diffondersi dell’infelicità e della depressione». È un’emergenza educativa, da trasformare in sfida. Con il concorso di tutti. Famiglia, scuola e la Chiesa in prima linea. 
Spetta ai genitori il diritto-dovere primario di dare un’educazione sessuale ai propri figli, come parte integrante della formazione. Anche se, in realtà, questo compito è abbastanza trascurato. Per vari motivi. Non ultimo, una certa difficoltà dei genitori a parlare dei problemi di sessualità. Rispetto al passato, oggi è previsto un programma di educazione sessuale nella scuola. Ma d’accordo con le famiglie. Non in alternativo.
Antonio Sciortino
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