L'esercizio della buona morte

La morte nella cultura odierna è messa nel dimenticatoio: oscurata, nascosta, posticipata il più possibile... Passiva, arriverà prima o poi. A meno che non serva per far spettacolo la morte è meglio nemmeno citarla. Figurarsi preparare la propria morte, e prepararla con degli esercizi...

L'esercizio della buona morte

da Teologo Borèl

del 02 novembre 2007

Don Bosco dice[1]:

Fate ogni mese l’esercizio della buona morte. Fate bene ogni mese l’esercizio della buona morte. Fate ogni mese infallibilmente e bene l’esercizio della buona morte.[2]

Se l’oratorio va bene, debbo attribuirlo specialmente all’esercizio della buona morte.[3]

Per l’esercizio della buona morte siano sospese tutte le occupazioni non assolutamente necessarie.[4]

L’esercizio della buona morte consiste specialmente in fare una comunione e confessione proprio come se fosse l’ultima di nostra vita.[5]

 

Il termine esercizio indica il porre dei gesti concreti che preparano al compiere una azione più importante e complessa. La morte nella cultura odierna è messa nel dimenticatoio: oscurata, nascosta, posticipata il più possibile… Passiva, arriverà prima o poi. A meno che non serva per far spettacolo la morte è meglio nemmeno citarla. Figurarsi preparare la propria morte, e prepararla con degli esercizi. Ironicamente qualcuno potrebbe dire che la morte è la fine di tutto: cosa devi preparare? Proviamo a dargli ragione per un momento.

 

Ci facciamo aiutare da San Alfonso Maria de’ Liguori che scrive un’opera dal titolo: “Apparecchio alla morte”.

Leggiamo per conto nostro queste righe pensando di essere noi al posto del moribondo che qui viene descritto:

“Oh che spavento gli sarà allora il pensare e dire: Stamattina son vivo, stasera facilmente sarò morto! Oggi sto in questa camera, domani starò in una fossa! E l'anima mia dove starà? Che spavento, quando vedrà apparecchiarsi la candela! Quando vedrà comparire il sudor freddo della morte! Quando udirà ordinarsi a' parenti che si partano dalla stanza e non v'entrino più! Quando comincerà a perder la vista, oscurandosi gli occhi! Che spavento finalmente, quando già s'allumerà la candela, perché la morte è già vicina! O candela, candela, quante verità che allora scoprirai! O come farai allora vedere le cose differenti da quelle che ora compariscono! come farai conoscere che tutt'i beni di questo mondo son vanità, pazzie ed inganni! Ma che servirà intendere queste verità, quand'è finito il tempo di potervi rimediare?”[6]

 

Occorre fare esercizio di consapevolezza dell’orizzonte della nostra vita. Senza un obiettivo più promettente di un freddo loculo la nostra esistenza davvero merita di essere vissuta? In un tempo in cui si parla di “targhet”, per qualsiasi cosa, dall’economia in avanti, domandiamoci dove siamo diretti. La vita dell’uomo è spesso fatta di obiettivi, ma qual è l’obiettivo ultimo e più importante dell’esistenza stessa? La morte nell’ottica della fede assume un colorito e un significato totalmente diverso. Ma cosa vuol dire vivere nella fede la preparazione alla morte, e come va preparato questo appuntamento certo?[7]

 

 

Libro della Sapienza 3,1-9

 

Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà.

Agli occhi degli stolti parve che morissero; la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace. Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza è piena di immortalità.

Per una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé: li ha saggiati come oro nel crogiuolo e li ha graditi come un olocausto.

Nel giorno del loro giudizio risplenderanno; come scintille nella stoppia, correranno qua e là. Governeranno le nazioni, avranno potere sui popoli e il Signore regnerà per sempre su di loro.

Quanti confidano in lui comprenderanno la verità; coloro che gli sono fedeli vivranno presso di lui nell'amore, perché grazia e misericordia sono riservate ai suoi eletti.

 

E ancora San Alfonso che ci ricorda…

 

Fratello mio, se volete viver bene, procurate di vivere in questi giorni che vi restano, a vista della morte. 'O mors, bonum est iudicium tuum' (Eccli 41,3). Oh come bene giudica le cose e dirige le sue azioni, chi le giudica e dirige a vista della morte! La memoria della morte fa perdere l'affetto a tutte le cose di questa terra. 'Consideretur vitae terminus, et non erit in hoc mundo quid ametur', dice S. Lorenzo Giustiniani. 'Omne quod in mundo est, concupiscentia carnis est, concupiscentia oculorum, et superbia vitae' (1 Io 2,16). Tutti i beni del mondo si riducono a' piaceri di senso, a robe e ad onori; ma ben disprezza tutto, chi pensa che tra poco ha da ridursi in cenere e ad esser posto sotto terra per pascolo di vermi.

Ed in fatti a vista della morte i Santi han disprezzati tutti i beni di questa terra. Perciò S. Carlo Borromeo si tenea nel tavolino un teschio di morto, per mirarlo continuamente. Il cardinal Baronio sull'anello teneasi scritto: 'Memento mori'. Il Ven. P. Giovenale Ancina vescovo di Saluzzo tenea scritto sopra un altro teschio di morto il motto: 'Come tu sei, fui pur io: e com'io sono, sarai pur tu'. Un altro santo Eremita dimandato in morte, perché stesse con tanta allegrezza, rispose: Io ho tenuto spesso avanti gli occhi la morte, e perciò ora ch'è giunta, non vedo cosa nuova.

Che pazzia sarebbe d'un viandante, se viaggiando pensasse a farsi grande in quel paese per dove passa, e non si curasse di ridursi poi a vivere miseramente in quello dove ha da stare in tutta la sua vita? E non è pazzo chi pensa a farsi felice in questo mondo, dove ha da stare pochi giorni, e si mette a rischio di farsi infelice nell'altro, dove avrà da vivere in eterno? Chi tiene una cosa aliena in prestito, poco ci pone affetto pensando che tra poco l'ha da restituire: i beni di questa terra tutti ci sono dati in prestito; è sciocchezza metterci affetto, dovendoli tra poco lasciare. La morte ci ha da spogliare di tutto. Tutti gli acquisti, e fortune di questo mondo vanno a terminare ad un'aperta di bocca, ad un funerale e ad una scesa in una fossa. La casa da voi fabbricata tra poco dovrete cederla ad altri; il sepolcro sarà l'abitazione del vostro corpo sin al giorno del giudizio, e di là dovrà poi passare al paradiso o all'inferno, dove già prima sarà andata l'anima.

 

 

[1] L’Esercizio della Buona Morte. In questa prima regolamentazione delle pratiche di pietà Don Bosco prevede comunque l’esercizio mensile delle buona morte. Vi leggiamo infatti: “L’ultimo giorno di ogni mese sarà giorno di ritiro spirituale; ciascuno farà l’esercizio della buona morte aggiustando le sue cose spirituali e temporali come se dovesse abbandonare il mondo ed avviarsi all’eternità”62; questo articolo resterà sostanzialmente invariato sino alla approvazione definitiva delle costituzioni.

Ci informa Don Stella: L’esercizio della buona morte è una efflorescenza degli esercizi spirituali di S. Ignazio. Il P. Croiset, facendosi promotore del ritiro mensile in Francia portava la ragione che molti erano in grado di trovare un giorno al mese da trascorrere in quiete spirituale e non trovavano invece parecchi giorni per fare un corso intero di esercizi. All’inizio del Settecento promotore del pio esercizio della buona morte a Torino fu il gesuita Giuseppe Antonio Bordoni… Lo stesso Bordoni nel 1719 fondò una Compagnia della buona morte nella chiesa dei SS. Martiri, officiata dai Gesuiti  

Il pensiero della morte e l’interrogativo per la salvezza eterna accompagnano costantemente l’esperienza personale  di Don Bosco e degli uomini del suo secolo; non c’è da sorprendersi, dunque, che egli abbia fatto dell’esercizio della buona morte uno degli elementi chiave della sua opera educativa e spirituale. “Nel trattare coi nostri (salesiani) di’ e raccomanda che non mai si ometta l’esercizio mensile della buona morte – scrive nel 1876 a Don Giovanni Cagliero - . È questa la chiave di tutto”. 

[2] Memorie Biografiche volume IV, Pag. 117

[3] Memorie Biografiche volume IV, Pag. 684

[4] Memorie Biografiche volume X, Pag. 1112

[5] Memorie Biografiche volume XI, Pag 464

[6] San Alfonso Maria de’ Liguori, Massime eterne, apparecchio alla morte - Sentimenti di un moribondo.

[7] La morte è certa. Ma oh Dio che ciò lo sanno già i cristiani, lo credono, lo vedono; e come poi tanti vivono talmente scordati della morte, come non avessero mai a morire! Se non vi fosse dopo questa vita né inferno né paradiso, potrebbero pensarci meno di quel che ora ci pensano? E perciò fanno la mala vita che fanno.

don Nicola Munari

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