La maniglia preserva il sentimento e il mistero, la volontà e l'intenzione; calibra i gesti e prende le misure. Le cose importanti della nostra vita spesso sono esperienze che stanno al di là di una soglia. Il suo attraversamento raramente è a scatto automatico. C'è sempre una maniglia da qualche parte... Le parole, a volte, hanno questa funzione: non di porta, ma di maniglia.
del 14 luglio 2011
 
          Pensate di trovarvi davanti a una di quelle porte di vetro che si aprono automaticamente. Sapete già come comportarvi: perché si aprano dovete attendere. Non fare nulla: semplicemente attendere. Il desiderio di aprirla si “infrange” contro il vetro che automaticamente fa quello che voi desiderate senza che voi facciate nulla.
          Ma quante volte, nonostante questo, soprattutto chi non è abituato alle porte automatiche, si chiede che cosa fare, arrivato a quel punto. Qualcuno disperatamente tende la mano verso il vetro per vederlo poi subito magicamente muoversi come per prodigio.
          C’è qualcosa di innaturale in una porta automatica, qualcosa che mette a disagio. Persino quel secondo che ci mette ad aprirsi a volte ci sembra troppo lungo. Perché? Perché le porte vanno aperte. L’uomo è strutturalmente fatto per aprire porte. E per aprire le porte è necessario avere una maniglia. Pensate a una porta di legno completamente liscia e con i cardini, senza maniglia. E’ chiaro che deve essere una porta che si apre a spinta. Le porte ci sono perché possano aprirsi. Le porte chiuse sono innaturali, sono contro natura. La maniglia è rassicurante perché ci dice che noi possiamo aprire quella porta nella maniera più naturale possibile. Una porta senza maniglia è sempre qualcosa di imbarazzante: mette la sua apertura in balia dei meccanismi ignoti e degli ingranaggi complessi delle porte scorrevoli.
          L’importanza della maniglia è dunque nel fatto che ci permette di compiere in maniera pienamente voluta e controllata un gesto naturale e intensamente simbolico quale l’apertura di una porta. E’ la maniglia a farci godere persino l’incertezza e il timore nell’aprire una porta quando non sappiamo che cosa c’è al di là. Forse anche l’emozione di un incontro o la paura. Immaginate la porta di un castello fatato che si apre automaticamente? Il senso del mistero, bello o brutto che sia, va mediato da una apertura lenta, da un gesto che è plasmato dall’intenzionalità, dalla volontà, dal sentimento o anche dalla sbadataggine. Ma va mediato: non c’è ad esso un accesso immediato, a scatto. E poi una porta si può anche aprire lentamente o si può anche aprire uno spiraglio…
          La maniglia preserva il sentimento e il mistero, la volontà e l’intenzione; calibra i gesti e prende le misure. Le cose importanti della nostra vita spesso sono esperienze che stanno al di là di una soglia. Il suo attraversamento raramente è a scatto automatico. C’è sempre una maniglia da qualche parte…. Le parole, a volte, hanno questa funzione: non di porta, ma di maniglia che ci permette di aprire la porta grazie a una calibrazione che, in questo caso, solamente la poesia è in grado di mettere a punto. La parola poetica è maniglia: se la si afferra non è per possederla, ma per aprire mondi.
 
Antonio Spadaro
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