«Nessuno nasce povero né sceglie di essere o diventare povero». È il primo dei «dodici principi dell'illegalità della povertà» messi nero su bianco dal gruppo promotore della Campagna “Banning poverty 2018 - Dichiariamo illegale la povertà”.
«Nessuno nasce povero né sceglie di essere o diventare povero». È il primo dei «dodici principi dell’illegalità della povertà» messi nero su bianco dal gruppo promotore della Campagna “Banning poverty 2018 - Dichiariamo illegale la povertà”, nata nell’ambito delle attività dell’Ass. Monastero del Bene Comune di Verona e coordinata da una rete di circa 30 realtà, tra associazioni, riviste e singole personalità della società civile italiana e della Chiesa di base, tra cui Adista, Rete interdiocesana Nuovi Stili di Vita, Gruppo Abele, Libera, Comunità degli Stimmatini di Sezano, Centro Nuovo modello di sviluppo, Rete Radié Resch di Pistoia, Fcei-Federazione delle Chiese evangeliche, l’Altrapagina, Combonifem, Missione Oggi, Nigrizia.
La Campagna – lanciata ufficialmente in chiusura dell’annuale “Marcia per la giustizia Agliana - Quarrata” lo scorso 8 settembre – ha come obiettivo a lungo termine, che l’Assemblea Generale dell’Onu emani una risoluzione per il 2018 (70° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani) che dichiari «illegali» quelle pratiche sociali e culturali, quelle istituzioni e quelle leggi che generano e alimentano meccanismi di impoverimento e di esclusione a livello locale e globale. Perché, si legge ancora nei 12 punti, poveri non si nasce ma si diventa: «La povertà è una costruzione sociale», ossia nasce all’interno di regole del gioco squilibrate, in contesti dove la disuguaglianza diventa un dato acquisito e parte strutturale delle stesse istituzioni che garantiscono diritti ineguali ai diversi gruppi sociali. Infatti, denuncia la Campagna, «l’impoverimento è figlio di una società che non crede nei diritti alla vita e alla cittadinanza per tutti, né nella responsabilità politica collettiva per garantire tali diritti a tutti gli abitanti della Terra».
Tra le armi più affilate per creare l’esclusione e la disuguaglianza, al primo posto sembra collocarsi proprio quella gestione dei beni comuni, come l’acqua, per la salvaguardia dei quali si è costituita l’Associazione Monastero del Bene Comune presso la comunità dei religiosi stimmatini di Sezano: «Il “pianeta degli impoveriti” – recita il sesto “principio” – è diventato sempre più popoloso a seguito dell’erosione e della mercificazione dei beni comuni, perpetrata a partire dagli anni ’70». I dodici principi dell’illegalità della povertà
1. Nessuno nasce povero, né sceglie di essere povero. 2. Poveri si diventa. La povertà è una costruzione sociale. 3. Non è solo – né principalmente – la società povera che “produce” povertà. 4. L’esclusione produce l’impoverimento. 5. In quanto strutturale, l’impoverimento è collettivo. 6. L’impoverimento è figlio di una società che non crede nei diritti alla vita e alla cittadinanza per tutti, né nella responsabilità politica collettiva per garantire tali diritti a tutti gli abitanti della Terra. 7. I processi d’impoverimento avvengono in società ingiuste. 8. La lotta contro la povertà (l’impoverimento) è anzitutto la lotta contro la ricchezza inuguale, ingiusta e predatrice (l’arricchimento). 9. Il “pianeta degli impoveriti“ è diventato sempre più popoloso a seguito dell’erosione e della mercificazione dei beni comuni, perpetrata a partire dagli anni ’70. 10. Le politiche di riduzione e di eliminazione della povertà perseguite negli ultimi 40 anni sono fallite perché hanno combattuto i sintomi (misure curative) e non le cause (misure risolutive). 11. La povertà è oggi una delle forme più avanzate di schiavitù, perché basata su un “furto di umanità e di futuro”. 12.Per liberare la società dall’impoverimento bisogna mettere “fuorilegge” le leggi, le istituzioni e le pratiche sociali collettive che generano ed alimentano i processi d’impoverimento.
Adista
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