Il cardinale Giuseppe Versaldi, prefetto della Congregazione per l'educazione cattolica, commenta l'andamento dei lavori sinodali: “L'importante, innanzitutto, è che la Chiesa ci sia"...
del 08 ottobre 2018
Il cardinale Giuseppe Versaldi, prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica, commenta l’andamento dei lavori sinodali: “L’importante, innanzitutto, è che la Chiesa ci sia"...
“Mi pare che stiamo coniugando bene il significato della parola ‘Sinodo’: nel senso che stiamo lavorando bene insieme soprattutto raccogliendo il dono dell’universalità”. Così, il cardinale Giuseppe Versaldi, prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica, commenta l’andamento dei lavori sinodali ai microfoni di Radio Vaticana Italia. “Nell’analisi che la prima parte dell’Istrumentum laboris ci porta a fare della situazione sentiamo gli aspetti comuni ma anche le diversità che ci sono nelle varie parti della Chiesa”.
“Abbiamo ascoltato testimonianze toccanti che danno speranza, e condiviso le preoccupazioni per le difficoltà che la globalizzazione comporta in certi paesi”, spiega il porporato. “È importante dunque l’ascolto dei giovani, ma anche quello reciproco tra noi pastori. Così possiamo da una parte relativizzare e sdrammatizzare le nostre situazioni locali e dall’altra saper valorizzare il bene nascosto che c’è nella Chiesa e nel mondo soprattutto in quei Paesi in cui i cristiani sono una minoranza e danno una testimonianza eroica, genuina e autentica”. “Lì – spiega Versaldi - ci sono giovani che cercano veramente Dio e cercano nella Chiesa la via per arrivare a Cristo, senza lasciarsi sviare da culture dominanti, soprattutto nei Paesi più ricchi, dove i giovani rischiano una colonizzazione culturale alla quale debbono resistere. Qui la Chiesa si dimostra ‘serva’ del Signore per potere veramente annunciare un messaggio di liberazione e di fiducia nei giovani”.
“Il dialogo tra Chiesa e giovani non è stato mai facile”, prosegue il card. Versaldi. “L’importante, innanzitutto, è che la Chiesa ci sia: che sia presente, come Gesù era presente tra la gente. Instaurare un dialogo significa ascoltare e capire la gente amandola, dimostrando di amarla attraverso una presenza sacrificata”. “Il dialogo è poi difficile perché l’ascolto non può essere semplicemente un’omologazione di ciò che esiste. Gesù ascoltava la gente, la amava la seguiva, dava risposta alle loro esigenze ma provocava nuove esigenze. Cercava di far capire ciò che mancava nella comprensione della gente e anche ciò che era da correggere. È questo non è facile: è più facile andare dietro ai sondaggi, inseguire gli applausi, il consenso”. “La Chiesa da sempre ha avuto difficoltà nel dialogo – spiega il porporato – perché propone una via difficile, una via di conversione, ma una conversione per il bene, la felicità e la gioia: è la porta stretta. E allora è molto difficile che il dialogo sia spontaneo”. “Il dialogo è facilitato quando, al di là delle parole dei concetti e dei valori giusti, c’è la testimonianza della carità. Gesù ha attirato a sé la gente quando era sulla croce e non poteva più parlare. Quando parlava molti lo lasciavano, anche di fronte ai miracoli. E la Chiesa, che non fa miracoli, deve dialogare sull’esempio di Cristo”.
“La Chiesa ha una lunga tradizione di presenza nell’ambito della cultura: le università sono nate nell’ambito della Chiesa”, aggiunge il prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica. “Ma il secolarismo oggi può vanificare a volte l’identità cristiana: non si capisce più la differenza tra un’università cattolica e un altro ateneo. Ma c’è soprattutto un paradosso: abbiamo eccellenze nel campo delle scuole e università cattoliche, nell’ambito del ranking internazionale e quindi della qualità scientifica e internazionale. Le nostre scuole e università sono quindi molto ricercate, ma per fini che non sono quelli per cui sono nate, bensì per fare carriera”. “La partecipazione alla vita della Chiesa e al cambiamento del mondo, come il messaggio cristiano esige, da parte di coloro che escono dai nostri istituti, è scarsa”, commenta il card. Versaldi. “Non è corrispondente allo sforzo che facciamo. Da lì nasce quell’esigenza della ‘conversione missionaria’ anche delle nostre strutture educative, scuole superiori e università, che il Papa ha raccomandato nella Costituzione Veritatis Gaudium”.
“Al Sinodo è stato proposto anche di creare un Dicastero vaticano dedicato ai giovani”, conclude il porporato. “Secondo me, però, bisogna stare attenti a moltiplicare gli enti sine necessitate. Non so se c’è bisogno di creare nuove strutture, oltre a quelle esistenti. La Congregazione di cui sono prefetto, per esempio, si rivolge ai giovani. Forse all’interno del nuovo Dicastero per lo sviluppo umano integrale della persona si potrebbe fare qualcosa di specifico, senza moltiplicare strutture che poi si intersecano con quelle esistenti e possono creare sovrapposizioni. Io direi che l’attenzione ai giovani è certamente qualcosa che va sempre tenuta presente, ma – anche se poi naturalmente sarà il Santo Padre a decidere – io sarei per qualcosa di snello e non burocratico”.
Fabio Colagrande
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