«La Chiesa sia vicina alla famiglia in crisi»

Nel documento presentato ieri in vista del prossimo Sinodo dei vescovi sulla famiglia si parla di tutto. Con franchezza, trasparenza, realismo.

«La Chiesa sia vicina alla famiglia in crisi»

 

Il disegno di Dio sul matrimonio e sulla famiglia, la conoscenza dei documenti della Chiesa, il nesso tra vangelo della famiglia e legge naturale, i problemi educativi, i rapporti tra i coniugi. Ma anche separati e divorziati, convivenze, unioni omosessuali, nullità del matrimonio, teoria del gender, contraccezione. Si parla di tutto. Con franchezza, trasparenza, realismo. Un linguaggio di verità che non fa sconti, non edulcora e non nasconde. Così il documento presentato ieri in vista del prossimo Sinodo dei vescovi, «Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione» - il cosiddetto Instrumentum laboris (link) -  assume davvero l’aspetto di una rassegna dettagliata e precisa sulla situazione della famiglia del mondo.

Non si tracciano analisi e non si tirano conclusioni. Nelle 77 pagine del testo vengono riassunte soltanto le indicazioni giunte dalle migliaia di questionari diffusi nel novembre dello scorso anno, all’indomani della decisione di Papa Francesco di dedicare il Sinodo straordinario dell’ottobre 2014 e poi quello ordinario del 2015, alla riflessione sulla famiglia. Tanti i problemi elencati, tante i punti caldi, le situazioni di sofferenza e di disagio che verranno affrontati e discussi dalle due assemblee episcopali e che nessuno vuole nascondersi.

 

Su tutto però una certezza: «La famiglia è una risorsa inesauribile e una fonte di vita per la pastorale della Chiesa». Una premessa che è anche una nota di speranza perché, tra le tante risposte giunte alla segreteria del Sinodo, tra tanti allarmi e tanti motivi di preoccupazione, sembra di intravedere, soprattutto nei giovani, «una nuova primavera per la famiglia». Certo, i conflitti generazionali esistono e lasciano ampie tracce nelle considerazioni che episcopati, parrocchie, associazioni, movimenti, gruppi, università hanno inviato a Roma. Come non mancano segnali di un crescente distacco sulla possibilità di inquadrare l’insegnamento della Chiesa nell’ambito delle nuove tendenze culturali, ma si evidenzia con chiarezza - e il documento preparatorio lo mette in luce - «un rinnovato desiderio di famiglia».

Una tendenza non casuale che la Chiesa intende leggere e accogliere in quella prospettiva di misericordia più volte raccomandata anche da papa Francesco, che «apre alla continua conversione e alla continua rinascita». Da qui il documento prende idealmente avvio per mettere in fila le tante realtà problematiche che troppo spesso rendono complicata e disagevole la vita familiare, con frequenza crescente contribuiscono a disgregarla, talvolta sono motivo di dissidi gravissimi che dal nucleo familiare si allargano alla realtà sociale, lasciando ferite profonde, come lo sfruttamento, l’abbandono infantile e il femminicidio.

 

Nel testo - suddiviso in tre parti -  c’è tutto questo, perché nella valanga di questionari compilati nei cinque continenti, c’è stata la giusta preoccupazione di riportare fedelmente la complessità delle varie situazioni locali, nella loro estrema variabilità, in cui però sono rintracciabili alcune linee comuni, alcuni motivi di preoccupazione, ma anche di speranza, che si ripetono identici nelle famiglie filippine come in quelle tedesche, canadesi, africane o argentine. Era indispensabile e urgente descrivere la complessità di questo "ospedale da campo" grande quanto il mondo, perché solo conoscendo nel dettaglio la patologia, sarà poi possibile indicare la terapia, cioè le linee pastorali più adeguate, con qualche speranza di guarigione.

 

La Chiesa parla, pochi ascoltano

 

La prima parte del testo riassume in poche pagine le radici bibliche e magisteriali su matrimonio e famiglia. Cenni rapidi per ricordare come la famiglia, già via privilegiata di salvezza nella tradizione biblica, trovi poi nella vita e nella predicazione di Gesù il suo fondamento. Altrettanto sintetica la descrizione dei documenti del magistero prodotti su matrimonio e famiglia, dal Vaticano II a oggi, passando attraverso le encicliche di Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XV e Francesco. Poche righe per raccontare una straordinaria ricchezza di riflessioni profonde e di grande rilevanza  la cui conoscenza - si ammette nel documento - «sembra essere generalmente scarsa» sia da parte dei fedeli, sia dei pastori stessi che talvolta «si sentono inadeguati e impreparati a trattare problematiche che riguardano la sessualità, la fecondità e la procreazione». E non mancano neppure sacerdoti che «appaiono indifferenti rispetto ad alcuni insegnamenti morali». Eppure, si legge ancora nel testo diffuso ieri, quando si riesce a mostrare l’insegnamento della Chiesa nella sua genuina bellezza umana e cristiana, quando si può mettere in un luce con un linguaggio comprensibile una visione globale del matrimonio e della famiglia secondo la fede cristiana, si aprono strade insperate. In tanti altri casi invece ascolto ed accoglienza risultano difficili, c’è un contrasto crescente tra i valori proposti dalla Chiesa e la situazione culturale dominante. Tanti i motivi di questo divario. Nel documento si indicano «le nuove tecnologie invasive e diffusive; l’influenza dei mass media; la cultura edonista; il relativismo; il materialismo; l’individualismo; il crescente secolarismo…». Prevale insomma l’usa e getta, la società liquida, la cultura dello scarto. Da contrastare - si raccomanda -  con una catechesi rinnovata sia in famiglia, in cui i genitori conservino il loro ruolo insostituibile, sia nella comunità con nuove dinamiche di accompagnamento per quanto riguarda la preparazione al matrimonio.

 

Un nuovo desiderio di famiglia

 

Altra grande sfida della famiglia contemporanea è quella della privatizzazione. L’individualismo rischia cioè di confinare genitori e figli tra le mura di casa, dimenticando che il nucleo familiare è la prima società umana, il luogo dove si trasmettono i valori fondamentali della convivenza, come la fratellanza, la lealtà, l’amore, la verità, il rispetto, la solidarietà tra le generazioni. «La famiglia - emerge dalle risposte del questionario -  rappresenta l’ambito di formazione integrale dei futuri cittadini del Paese». Anche se, come si sottolinea, cresce in tutto il mondo la difficoltà di coniugare verità della famiglia e legge naturale, si riconosce allo stesso tempo che i fondamenti umani acquisiti in famiglia permettono di accedere ad ulteriori livelli di socializzazione. Quando questo viene compreso in profondità, sono tante le persone - specialmente i giovani - che «percepiscono il valore del legame stabile e duraturo, un vero e proprio desiderio di matrimonio e famiglia, in cui realizzare un amore fedele e indissolubile». Questo sorprendente desiderio di famiglia, in una realtà sociale che appare sempre più parcellizzata e frammentata è un segno dei tempi che va domanda di essere colto come «occasione pastorale».

 

Le convivenze

 

Una sottolineatura positiva che non può certo far passare in secondo piano le tante situazioni di crisi. Quella della fede innanzi tutto che si collega alle difficoltà della coppia e spesso ne è diretta conseguenza. E poi, all’interno della famiglia, tensioni e conflitti, mancanza di fiducia reciproca, incomprensioni generazionali, crescente solitudine, assenza della figura paterna. Quando la situazione diventa ingestibile, il ricorso alla separazione e al divorzio non apre fratture solo all’interno delle famiglie, ma si rivela autentica piaga sociale. Dannosa non solo per le sue immediate conseguenze (impoverimento relazionale, economico, etico) ma anche per il carico di negatività che introduce nel comune modo di pensare. Non sorprende quindi che dalla risposte provenienti da tutte le aree geografiche si evidenzi «un numero crescente di coppie che convivono, senza alcun matrimonio né canonico né civile e senza alcuna registrazione», tanto che la convivenza diventa spesso una forma stabile di vita, almeno fino alla nascita di un bambino. Talvolta la convivenza - viene messo in luce - non è rifiuto pregiudiziale dei valori del matrimonio, ma risposta a politiche sociali e abitative inadeguate. Per molti però «rappresenta la possibilità di vivere insieme senza alcuna decisione definitiva o impegnativa». Che fare di fronte a questa tendenza sostenuta anche da una falsa idea di libertà e dalla promozione costante della maggior parte dei media? Le risposte arrivate dai questionari indicano una più attenta educazione all’affettività capace di contrastare una visione solo romantica del rapporto affettivo, il recupero del legame tra famiglia e società e, infine, «la dimensione della compagnia, mediante la quale la Chiesa si manifesta come presenza amorevole».

 

I divorziati risposati

 

Altrettanto rilevante, nel panorama delle emergenze familiari, la situazione dei divorziati risposati che il documento affronta mettendone in rilievo la complessità sociale, culturale e canonica. C’è innanzi tutta una varietà di atteggiamenti che deve far riflettere. Accanto all’indifferenza e alla noncuranza di tante coppie riaggregate anche formalmente cristiane, si registra una «consapevole sofferenza» di molte altre che non vogliono rimanere ai margini e chiedono la riammissione ai sacramenti. Questo desidero, che emerge soprattutto in occasione dell’iniziazione cristiana dei figli, viene considerata nel documento «una buona opportunità» per ripartire in un cammino di fede. Opportunità perché quando esiste la consapevolezza della propria situazione, quando sofferenza, emarginazione, delusione fanno avvertire come insopportabile l’esclusione dai sacramenti, ci sono margini per rendere «ragionevole» l’insegnamento della Chiesa. Questo non evita a queste persone di mettere a confronto la propria situazione con altre prospettive. «C’è chi si domanda perché gli altri peccati si perdonano e questo no; oppure perché religiosi e sacerdoti che hanno ricevuto la dispensa dai loro voti e dagli oneri sacerdotali, possono celebrare il matrimonio, ricevere la comunione, e divorziati risposati no». Che fare? Nel testo preparatorio si ricorda la prassi delle Chiese orientali, citata anche da papa Francesco, che offre l’opportunità «di un secondo o terzo matrimonio con carattere penitenziale». Nella stessa prospettiva viene auspicato uno snellimento delle procedure per le cause di nullità matrimoniale, con un contestuale abbattimento dei costi e con la concessione di maggior autorità al vescovo locale. «Certamente la Chiesa - si ribadisce - non deve assumere l’atteggiamento di giudice che condanna, ma quello di una madre che sempre accoglie i suoi figli e cura le loro ferite».

 

Le unioni omosessuali

 

Misericordia e comprensione che devono caratterizzare anche lo stile di accoglienza verso il fenomeno dell’omosessualità. Quando però si tratta di mettere sullo stesso piano matrimonio e unioni gay, le indicazioni che arrivano da ogni parte del mondo sono inequivocabili. «Tutte le conferenze episcopali si sono espresse contro la ridefinizione del matrimonio tra uomo e donna attraverso l’introduzione di una legislazione che permette l’unione tra persone dello stesso sesso», anche se vi sono ampie testimonianze da parte di varie conferenze episcopali impegnate nella ricerca di un equilibrio «tra l’insegnamento della Chiesa sulla famiglia e un atteggiamento rispettoso e non giudicante nei confronti delle persone che vivono queste unioni». Giudizi insomma molto variabili tra «accondiscendenza» e «intransigenza». E questo, si spiega, non facilita lo sviluppo di una pastorale efficace e fedele al magistero. Anche perché, parlando di omosessualità, occorre distinguere tra coloro «che hanno fatto una scelta personale, spesso sofferta, e la vivono con delicatezza per non dare scandalo» e chi invece assume un atteggiamento di «pubblicità attiva, spesso aggressiva» della propria condizione. C’è insomma in gioco una sfida che impone la necessità di individuare nuovi percorsi tra accoglienza misericordiosa, affermazione dell’insegnamento morale della Chiesa e cura pastorale che comprenda tutte le dimensioni della persona. Equilibrio difficile ma necessario quando, per esempio, si tratta di concedere i sacramenti a bambini affidati a persone che vivono nell’ambito di unioni omosessuali. «Le risposte, quasi all’unanimità, sottolineano che il piccolo dev’essere accolto con la stessa cura, tenerezza e sollecitudine che ricevono gli altri bambini». Ma su questo fronte indicazioni pastorali più concrete potranno arrivare solo dal sinodo ordinario del 2015.

 

 

Luciano Moia

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