Lo scritto racconta una mia esperienza di lavoro educativo in alcune scuole secondarie di primo grado tra il Veneto Orientale e il Basso Friuli sia all’interno di grandi città capoluogo che nei medi centri urbani; il tema intorno a cui questa esperienza ruota riguarda la necessità di riportare al centro la questione educativa in un’istituzione, la scuola, che spesso sembra metterla da parte, riducendola ad un’attività didattico-istruttiva.
di Matteo Pasqual tratto da welforum.it
Lo scritto racconta una mia esperienza di lavoro educativo in alcune scuole secondarie di primo grado tra il Veneto Orientale e il Basso Friuli sia all’interno di grandi città capoluogo che nei medi centri urbani; il tema intorno a cui questa esperienza ruota riguarda la necessità di riportare al centro la questione educativa in un’istituzione, la scuola, che spesso sembra metterla da parte, riducendola ad un’attività didattico-istruttiva.
La questione educativa da sempre è al centro delle riflessioni e delle prassi pedagogiche, in quanto ogni atto educativo ha come scopo finale la capacità di instaurare relazioni efficaci e per questo la necessità di formare persone all’altezza diviene ogni giorno più pressante. Ogni soggetto adulto è certamente motivato a diventare soggetto di “buone relazioni” che sono poste in essere dall’intenzionalità dell’educatore che è “magister (nel senso che esprime una «prevalenza», da magis che in latino vuoi dire «più») perché – essendo un adulto maturo – guida l’educando, ma, contemporaneamente, è anche minister (nel senso che esprime una «minorità», da minus che in latino vuoi dire «meno») in quanto si pone a servizio dell’educando. In sostanza, l’educatore aspira a guidare l’educando perché possa crescere, è al suo servizio, «sbilanciato» verso di lui”.
Tanto si è discusso sulla differenza tra educare ed istruire.
Molto spesso questi due verbi della pedagogia moderna sono stati considerati polarità di una contrapposizione non solo metodologica ma anche e più propriamente ideologica. In realtà l’una ha bisogno dell’altra. Io ho bisogno di apprendere una nozione, ma questa nozione avrà senso solo quando sarà dotata di un significato per il mio apprendimento e se questo significato genera valori, interpretazioni, nuove forme relazionali (educazione).
L’azione didattica è una delle diverse azioni dell’educare, ma si svuota di significato se la trasmissione del sapere non è legata ad una relazione in cui una figura adulta ha definito con il discente, tramite la parola, un legame attraverso cui ciò diviene vero “insegnamento”.
Il punto di partenza del lavoro è stato il coinvolgimento di tutto il collegio docenti, considerato come soggetto unitario che si ritrova a ripensare alla propria azione educativo-didattica come una delle componenti della vita dei preadolescenti, senza la pretesa che gli insegnanti siano gli unici artefici della crescita dei ragazzi, ma nella consapevolezza dell’importanza del proprio compito. continua a leggere
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