Con il primo Natale di Betlemme comincia il miracolo della divinizzazione dell'uomo. C'era una notte e nella metà del suo corso, una stella illuminò la sua oscurità. In una capanna tra le greggi e i prati nacque un bambino da una giovane donna. Ci voleva la notte, la tenebra, i doni semplici...
del 22 dicembre 2011 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
          Con il primo Natale di Betlemme comincia il miracolo della divinizzazione dell'uomo. Da quel giorno possiamo vedere l'uomo con altri occhi. La storia cristiana contiene in sé tutti gli elementi affascinanti, ma veri, della leggenda.
          C'era una notte e nella metà del suo corso, una stella illuminò la sua oscurità. In una capanna tra le greggi e i prati nacque un bambino da una giovane donna. Ci voleva la notte, la tenebra, i doni semplici, la mancanza delle grandi ricchezze; perché altrimenti il Dio-uomo non avrebbe potuto riconoscere l'esistenza dell'uomo.
          Faceva freddo la notte della nascita a Betlemme “casa del pane”. Ed era giusto che così fosse, altrimenti il Dio-uomo non avrebbe poi compreso il gelo del cuore dell'uomo per riscaldarlo con le parole della fiducia, della delicatezza, della bontà. Gli animali in quella notte riscaldarono con il fiato la mangiatoia in cui giaceva il bambino, per dirci che ogni cosa, per il suo essere viva, è destinata ad essere buona già con il tepore del suo corpo. Anche il linguaggio animale e la sua “ragione” istintiva, è a volte più giusta dei pensieri alterati, sofisticati e contorti.
          Il Dio-uomo nacque in un bambino, perché non vi era altro modo di entrare nella nostra vita per darci il coraggio di cogliere proprio in ciò che è incompiuto – un neonato – la più bella metafora di Dio. In quella notte gli angeli parlarono. Ma come credere che un angelo parla, se poi scompare nei cieli? Gli scettici hanno mille ragioni per non credere. Solo gli occhi avvolti nel buio vedono in modo più reale e solo il cuore sognante potrà sentire parlare un angelo.
          Dov'è dunque Betlemme? E dov'è il luogo in cui Dio possa nascere come uomo? Betlemme non è la città a venti chilometri a sud di Gerusalemme, perché il Vangelo della nascita di Gesù non narra l'inizio della vita di Gesù, bensì narra in realtà l'inizio della nostra vita resa umana e divina, la storia della nostra divino-umanità, come dice la tradizione ortodossa dei cristiani d'Oriente. La vera Betlemme non è quella segnata sulla carta geografica a sud di Gerusalemme, ma è quella accanto al cuore di ogni uomo. A Betlemme le strade e le case sono abitate da genti di ogni razza e storia. Il cammino dalle campagne verso Betlemme non è uno spostamento del corpo nello spazio, ma un movimento nel profondo dell'anima. Paradossalmente, potremmo dire che i pastori, senza la parola degli angeli, non avrebbero visto nulla.  
          I grandi intellettuali dei primi secoli cristiani, che noi chiamiamo ancora “padri della Chiesa”, parlavano del Natale come della festa in cui “Dio si fa uomo, perché l'uomo possa diventare Dio”. Questa verità in Oriente si chiamava divino-umanità. La nozione di divino-umanità si riferisce in primo luogo alla realtà del Cristo, ma si applica anche all'interpretazione dell'uomo, della Chiesa e della storia dell'umanità. La divino-umanità è al cuore dei rapporti tra storia e trascendenza, tra temporale e spirituale. Sotto l'influenza di Vladimir Solov'ev, questa nozione è diventata centrale presso tutti i grandi pensatori ortodossi di questo ultimo secolo. Il mistero della divino-umanità permette di pensare l'unità e dà modo di superare ogni dualismo che opponga la Chiesa al mondo, il sacro al profano.  
          E' un tratto caratteristico del pensiero orientale di non frazionare o frammentare, ma di unire e universalizzare. Esso non introduce separazioni, opposizioni, divisioni, là dove le realtà si completano mutualmente e si uniscono senza perdere la loro autenticità. Il terrestre e il celeste, lo storico e il trascendente, il temporale e l'eterno, l'uomo e Dio: tutte queste realtà coesistono senza escludersi e opporsi. La divinizzazione dell'uomo non è pensata individualmente. L'uomo non è salvato che con gli altri; mai da solo. Così la nozione di divino-umanità trova il suo compimento nella speranza della salute universale, nella responsabilità di tutti per tutti.
Luigi Berzano
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