La fedeltà alla vocazione ricevuta è un impegno d'amore; è una scelta libera che abbraccia tutta la vita fino alla fine. La fedeltà vocazionale è prima di tutto un dono di Dio, come lo è la vocazione. Siamo consapevoli che fin dall'inizio della nostra storia vocazionale c'è l'iniziativa di Dio.
del 14 luglio 2011
 
 
          A fine gennaio 2011 il Rettor Maggiore dei Salesiani ha indetto per tutta la congregazione un triennio di preparazione e un anno celebrativo per il bicentenario della nascita di don Bosco. Un'occasione per approfondire il carisma e per ravvivare l'impegno della fedeltà alla vocazione.
          In questi anni la congregazione salesiana ha registrato una perdita media annua di circa 110 novizi e 220 professi temporanei, su una media di 530 novizi: la fragilità vocazionale è una causa di tali uscite, anche se non è l'unica. È utile ricordare che, favorendo processi di fedeltà, si potranno superare in certa misura le infedeltà e il fenomeno degli abbandoni.
Rilettura della propria storia vocazionale
          La fedeltà vocazionale è prima di tutto un dono di Dio, come lo è la vocazione. Siamo consapevoli che fin dall'inizio della nostra storia vocazionale c'è l'iniziativa di Dio. Egli per amore ci ha chiamati all'esistenza, ci ha fatti crescere in una famiglia, ci ha posti a vivere in una cultura particolare. Nel battesimo ci ha resi suoi figli. Lungo il percorso della vita, attraverso incontri e situazioni, ci ha accompagnati a maturare nella fede, ad amare Gesù, ad accogliere la sua Parola e i sacramenti, ad affidarci a Maria, a sentirci parte della Chiesa, a fare dono di noi stessi agli altri. È venuto poi il giorno in cui ci siamo sentiti attirati a seguire Gesù più da vicino. La chiamata non è arrivata improvvisamente; è stata l'esito di un progetto d'amore che Dio ha pensato prima della nostra nascita e ha messo in atto attraverso i suoi interventi e le nostre risposte… Dio ha dilatato il nostro cuore, dandoci la grazia di sentirci amati da Gesù e di amarlo di tutto cuore; ci ha aiutati a identificarci con i suoi sentimenti e il suo stile di vita; ci ha resi disponibili per il servizio ai giovani, come ha fatto Don Bosco. Così con la professione religiosa nella congregazione abbiamo offerto a Dio e ai giovani non solo il cuore, i beni e l'autonomia, ma tutto noi stessi. Eravamo consapevoli che ogni scelta richiede la rinuncia ad altre opportunità; d'altra parte, abbiamo trovato la scelta di Gesù e della sua missione così affascinante che ci siamo sentiti lieti di lasciare altre cose. Così ha fatto Don Bosco che per le anime ha lasciato perdere tutto il resto; così il mercante del Vangelo che, dopo aver trovato la perla preziosa, con gioia ha venduto tutto, per poterla acquistare (cf. Mt 13,44-46).
          L'accoglienza della vocazione alla vita consacrata è stata motivata dalla bellezza del dono; eravamo convinti di trovare felicità in questa vocazione; abbiamo preferito dire di no ad alcune realtà buone, per dire di sì ad altre per noi migliori. E così abbiamo iniziato un cammino di fedeltà alla vocazione che Dio ci ha dato; è sulla vocazione infatti che si fonda la fedeltà. La vocazione non si sceglie, ma ci è data; noi possiamo solo riconoscerla e accoglierla; se fossimo noi a sceglierla, non si tratterebbe più di vocazione, ma di un progetto che potremmo sempre cambiare. Con la professione religiosa Dio conferma l'alleanza stabilita con noi nel battesimo… Essere fedeli vuol dire rinnovare la nostra risposta a questa speciale alleanza che Dio ha sancito con noi. Sull'esempio di don Bosco ogni giorno ripetiamo: «Ho promesso a Dio che fin l'ultimo mio respiro sarebbe stato per i miei poveri giovani». Talvolta la nostra risposta può essere incerta, debole, infedele, ma non per questo l'alleanza di Dio con noi viene meno; Egli non ritira la sua alleanza. La fedeltà di Dio fonda e richiama la nostra fedeltà.
Possibilità di una scelta definitiva
          La fedeltà vocazionale è impegno di amore; è una scelta libera che abbraccia tutta la vita fino alla fine. L'impegno 'per sempre' è un'esigenza dell'amore; infatti la misura dell'amore è di non avere misura; così è stato l'amore di Gesù che 'avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine' (cf. Gv 13,1). Nei rapporti interpersonali l'amore è impegno totale e incondizionato; un amore parziale e provvisorio non è autentico; il mettere condizioni all'amore, per esempio un limite di tempo, svuota l'amore del suo significato. L'amore richiede totalità e definitività…
          Talvolta potrebbe sorgere in noi un interrogativo: è possibile vivere la fedeltà fino alla fine? Se facessimo affidamento solo sulle nostre forze, sarebbe difficile rispondere; ma la fedeltà trova il suo sostegno nella fedeltà di Dio. Con la sua alleanza Dio si unisce a noi come un partner affidabile; non si tratta quindi di quanto duri la nostra forza, ma di quanto dura la sua; essa dura per sempre. Testimonianza della fedeltà di Dio è la storia della salvezza. Dio è sempre fedele. Ciò ci dà fiducia perché sappiamo che, nonostante la nostra debolezza, Dio che ha iniziato in noi la sua opera, la porterà a compimento (Fil 1,6); non permetterà che siamo provati al di sopra delle nostre forze (1Cor 10.13); la sua grazia ci basterà (2Cor 12,9). Nonostante le nostre infedeltà, egli rimane fedele perché non può contraddire se stesso (2Tm 2,13). I suoi doni sono irrevocabili (Rm 11,29). La fedeltà di Dio rende possibile la nostra fedeltà.
          Un'altra domanda ci potrebbe inquietare: come possiamo vivere fedeli fino alla fine? Noi non possiamo sapere se il nostro impegno sarà definitivo; solo la fedeltà quotidiana è ciò che, con la grazia di Dio, possiamo assicurare. Quando nella professione religiosa diciamo 'per sempre', non stiamo annunciando che cosa succederà, ma che cosa vogliamo che accada.
          Il Rettor Maggiore scrive al riguardo: «La fedeltà ha una caratteristica tipica che la distingue da altre virtù. Possiamo paragonarla, nel campo delle belle arti, con la musica in confronto alla pittura e la scultura: posso contemplare, in un solo momento, una bella statua o un quadro famoso, ma non posso ascoltare, istantaneamente, la Nona Sinfonia di Beethoven o Il Flauto Magico di Mozart: qui è indispensabile il suo 'spiegamento' nel tempo, la sua 'storicità'... In maniera analoga, la fedeltà non può realizzarsi se non come esperienza storica». Perciò è necessario assicurare una risposta a Dio tutti i giorni. Poiché viviamo in un mondo in continua trasformazione e anche noi cambiamo, non ci può essere che una fedeltà dinamica e creativa. Non si tratta di restare fedeli, ma di diventare fedeli. Fare la professione religiosa è «come disegnare una cornice: delimita dei confini e distingue lo spazio interno da ciò che rimane fuori; questo spazio dovrà essere riempito dalle decisioni future, le quali saranno qualificate come riuscite e vere, solo se saranno nella stessa linea di questo primo inizio liberamente scelto». …
Fedeltà minacciata
          Nell'epoca odierna la fedeltà non è percepita immediatamente come valore; pertanto risulta arduo creare una mentalità di fedeltà. La cultura, soprattutto postmoderna, mentre apprezza valori, come per esempio la sincerità della persona e l'autenticità delle sue relazioni, non favorisce legami forti. D'altra parte, la fedeltà risulta debole anche nei modi di pensare e vivere la vocazione cristiana e in particolare la vocazione alla vita consacrata. Anche se le situazioni presentano difficoltà e minacce, occorrerà sempre cercare le modalità per trasformarle in opportunità e risorse.
Nel tempo della formazione iniziale
          L'esperienza odierna ci insegna a dare importanza al mondo interiore della persona con i suoi affetti, emozioni e sentimenti, ma anche con i suoi atteggiamenti, motivazioni e convinzioni. Occorre per questo un lavoro di personalizzazione in tutto il processo formativo, cominciando dalla formazione iniziale, che si prefigga di «raggiungere la persona in profondità».Ecco ora alcuni aspetti dell'esperienza di formazione iniziale, che favoriscono una vita di fedeltà. Anzitutto, fin dai primi passi della formazione, il processo di maturazione umana merita una grande attenzione. La scarsa stima di sé, per esempio, fa sentire la persona poco compresa, poco apprezzata e amata dagli altri; quando non riceve sufficiente affetto e considerazione, essa vive in difficoltà e si chiude; ciò spiega alcuni problemi connessi con la pratica della castità, che poi intaccano la fedeltà. È necessario quindi che il formando, mentre va scoprendo la presenza di Dio nella propria storia, ponga attenzione a ciò che vive nel profondo di se stesso, non tacendo problemi personali, interrogativi, incertezze, e quindi ricorrendo all'aiuto psicologico e all'accompagnamento spirituale.
          La formazione in queste tappe iniziali deve mirare a preparare persone con una maturità psicologica e affettiva e una capacità di vivere serenamente la castità; ciò dà forza alla fedeltà. Poiché l'amore occupa un posto centrale nella vita, la formazione all'affettività e alla castità necessita una profonda vita spirituale, mirata essenzialmente a far innamorare di Gesù, e insieme a lui, di Dio, di Maria, di don Bosco. Sentendo Gesù Risorto come suo 'amico', questo 'grande amore, vivo e personale' per lui diventa il centro unificatore della vita del formando…È l'amore che fa vivere la fedeltà alla vocazione. Per questo occorre favorire un grande cambio nella prassi formativa e aiutare il formando ad assumere la capacità di preghiera personale, iniziando dalla meditazione quotidiana, fatta per almeno mezz'ora e preferibilmente nella forma della 'lectio divina', la visita e adorazione eucaristica, la confessione, fino all'unione con Dio. Anche l'affidamento personale a Maria va coltivato; esso ha una forte connotazione affettiva che sostiene castità e fedeltà.
          La formazione iniziale, che è il processo di identificazione con la vocazione consacrata salesiana, mira a formare dei discepoli e degli apostoli di Gesù, secondo lo stile di son Bosco; il suo centro è quindi la vita spirituale e l'impegno apostolico. L'amore per il Signore si converte in passione apostolica che ispira entusiasmo nel formando per la missione giovanile e lo porta ad amare i giovani con generosa disponibilità e a stare volentieri tra di loro, mettendo tutto se stesso al loro servizio. E ciò sorregge la sua fedeltà. Seguendo i passi del processo di ripensamento della pastorale giovanile, è necessaria una formazione pastorale, che è fatta di riflessione aggiornata e prassi impegnata secondo il cammino che la congregazione sta facendo.
             «La formazione iniziale deve… saldarsi con quella permanente, creando nel soggetto la disponibilità a lasciarsi formare in ogni giorno della vita». Per questo è necessario che il formando irrobustisca la sua capacità di autoformazione, attento però a non alimentare l'individualismo nei propri cammini formativi.
Nel tempo della formazione permanente
          Un grande sostegno della fedeltà vocazionale è la formazione permanente; essa infatti aiuta a far fronte alle sfide provenienti dalla cultura che cambia e dalla persona che evolve nel corso della vita…
          La formazione permanente è affidata in primo luogo alla responsabilità personale. Occorre l'atteggiamento e l'impegno personale di voler crescere nella propria vocazione. «Ogni formazione è ultimamente un'autoformazione. Nessuno, infatti, può sostituirci nella libertà responsabile che abbiamo come singole persone».
 
Cereda Francesco
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