Quando si vogliono approfondire i vari aspetti del Sistema preventivo vissuto da don Bosco si corre talvolta il rischio di snaturarlo non facendo cogliere la sua profonda unitarietà: nello stile educativo salesiano le tre parole ‚Äòfamose', ragione, religione e amorevolezza, non vanno pensate come tre dimensioni giustapposte, ma come tre aspetti che interagiscono in modo vitale nella relazione educativa che si instaura tra educatore ed educando.
del 11 marzo 2008
Quando si vogliono approfondire i vari aspetti del Sistema preventivo vissuto da don Bosco si corre talvolta il rischio di snaturarlo non facendo cogliere la sua profonda unitarietà: nello stile educativo salesiano le tre parole ‘famose’, ragione, religione e amorevolezza, non vanno pensate come tre dimensioni giustapposte, ma come tre aspetti che interagiscono in modo vitale nella relazione educativa che si instaura tra educatore ed educando.
A don Bosco sta a cuore tutta la persona e obiettivo esplicito è quello di formare un buon cristiano e onesto cittadino; nel suo linguaggio e modo di pensare anche qui due aspetti per descrivere una profonda unità: una persona pienamente realizzata e responsabile! La vita è sempre più complessa è profonda delle nostre schematizzazioni.
 
 
La vita e la grazia 
Don Bosco parla spesso della vita oltre la morte, del desiderio di vedere i suoi giovani felici non solo ‘nel tempo’, ma appunto ‘per l’eternità’. Le condizioni, i mezzi, le strade per ‘la salvezza dell’anima’ sono ben descritte, valorizzate, proposte nelle iniziative delle sua case perché qui è il cuore della vera realizzazione, non a caso non si stanca di indicare mete alte. La proposta della santità non è riservata a qualche ragazzo particolarmente sensibile, casomai sono personalizzate poi le modalità di accompagnamento: interessante è che Domenico Savio si rivolga a don Bosco chiedendogli di aiutarlo a diventare santo dopo un’omelia (quindi rivolta a tutti) in cui aveva sentito dire ‘che era desiderabile e facile farsi santi’.
La dimensione religiosa proposta e indicata è prima di tutto un’esperienza vissuta e non ha per nulla il tono astratto dello spiritualismo. L’insistenza sui doveri quotidiani propri di ciascuno come luogo in cui si realizza la volontà di Dio, come luogo concreto di incontro con Lui, sono segno della profonda concretezza e quotidianità della spiritualità proposta. Ciò non toglie, per contro, che proprio per poter ‘restare alla Sua Presenza’ nel gioco e nello studio, per trovare la vera gioia, la pace del cuore, insista sulla necessità di una pratica sacramentale intensa. Nella pedagogia salesiana la vita di Grazia ha una importanza fondamentale: don Bosco è fermamente convinto che lo Spirito agisce in ogni cuore e l’educatore è un collaboratore di questa azione, per questo per primo deve pregare, e porsi in ascolto del Maestro interiore.
 
La frequente confessione, la frequente comunione, la messa quotidiana sono le colonne che devono reggere un edificio educativo, da cui si vuole tener lontano la minaccia e la sferza. Non mai annoiare né obbligare i giovanetti alla frequenza de’ Sacramenti, ma soltanto incoraggiarli e porgere loro comodità di approfittarne. (Don Bosco, Il sistema preventivo)
                                                                
Nella pedagogia dei sacramenti dell’Eucaristia e della Penitenza si evidenzia la sintesi dell’umano e del divino, il ‘lavoro’ della Grazia e la collaborazione personale del giovane e degli educatori.
 
 
L’eucaristia 
L’Eucaristia è realmente ‘fonte’ a cui attingere la vita piena, incontro reale con Gesù, via, verità e vita. Il sollecitare spesso i suoi giovani alla ‘visita’a Gesù, con brevi soste per l’adorazione eucaristica, indicano l’invito a guardare a Gesù non solo come a un modello da imitare, ma come ad un amico con cui sostare, un incontro vitale per ricevere l’amore che deve dare forma alla vita, un amore capace di farsi dono in ogni gesto.
Ricevere l’Eucaristia educa il cuore all’umiltà: da poveri si chiede forza, ci si avvicina consapevoli della propria debolezza ma certi di ricevere la ricchezza dell’incontro con un Dio che ci ama così come siamo e che vuole farci simili a Sé. E’ la gioia di non essere soli, di non essere orfani! Sapere e sperimentare di non dover contare solo sulle proprie forze.
Don Bosco ne è così convinto che insiste sull’efficacia di una prima comunione preparata e vissuta con cuore disponibile, che invita ad ammettere all’Eucaristia il più presto e il più frequentemente possibile.
Il ruolo dell’educatore? E’ fondamentale: crea le condizioni perché questo incontro si possa realizzare, un po’ come Giovanni il battista, l’amico dello Sposo, che prepara il terreno, sensibilizza, avvisa, crea le condizioni, mette a proprio agio... e soprattutto testimonia per primo questo incontro!
 
 
La confessione 
Al sacramento della Penitenza don Bosco attribuisce una forte carica pedagogica e per questo insiste molto perché i suoi ragazzi scelgano un confessore ‘stabile’. Questo oltre ad aiutare la sincerità e l’integrità della confessione, date dalla confidenza, aiuta nel ‘tener fermi i propositi’ e permette di essere conosciuti e guidati più efficacemente nel cammino personale.
L’invito ad avere un ‘amico dell’anima’, a cercare un accompagnamento spirituale, è ricorrente. E le richieste agli educatori e ai chierici di ‘usare amorevolezza’, accoglienza, ‘bontà nel correggere’, sono tutte rivolte a lavorare il proprio carattere e atteggiamento per rendere più facile la confidenza dei giovani.
Dal punto di vista strettamente educativo, vissuta nella sua pienezza, la confessione ha la capacità di donare una equilibrata stima dì sé. Rende consapevoli del proprio peccato, ma non schiacciati dalla propria colpa o debolezza. Ricevere il perdono del Signore è realmente liberante così che si può ripartire con coraggio accettando anche i propri limiti. Viene progressivamente ridimensionato chi possiede un’eccessiva autoreferenzialità e sicurezza, incoraggiato chi si sente sfiduciato e incapace. Pone nella giusta relazione con sé, con gli altri, con Dio. E’ fonte di quella saggezza che è, ancora, l’umiltà: ‘sono piccolo ma amato dal Signore’. E crescendo l’umiltà cresce l’atteggiamento proprio del Figlio-Gesù che pur essendo Dio si è fatto uomo, che si è fatto bambino per portarci con Lui nella sua Gloria.
 
 
Fiducia in Maria 
La fiducia di don Bosco in Maria è grande, semplice, filiale! E’ ‘la madre’ dei suoi figli orfani, è ‘la pastora’ che lo guida sui sentieri della ricerca della volontà del Signore, è ‘il potente aiuto’ a cui ricorrere in tutte le difficoltà, è ‘l’educatrice’ che può toccare i cuori, è una ‘presenza’ costante che protegge e ama: ‘è lei che ha fatto tutto’. Alle Figlie di Maria Ausiliatrice a Nizza al termine della sua vita dice: ‘Maria è qui, cammina nella vostra casa’, e insiste, quasi la vedesse, quando non riportano correttamente le sue parole pronunciate con voce flebile.
Così invita i suoi giovani e i suoi educatori ad avere la stessa fiducia, ad affidarsi a lei con la stessa totalità. Sottolinea spesso nella catechesi la purezza di Maria, la sua scelta di rispondere con totalità al Signore. E’ invito chiaro a seguirla e a chiedere a lei l’aiuto per custodire il cuore, estirpare la malizia ed evitare il male, ma anche imparare lo slancio della generosità tipico della giovinezza per iniziare un cammino nell’autentico amore a partire dalla fedeltà a tanti piccoli sì (servizio e testimonianza tra i compagni, obbedienza con gli educatori, amicizie belle che aiutino a puntare in alto).
Ges√π e Maria sono davvero degli amici a cui dedicare tempo e affetto.
 
 
   
Per approfondire:
Lettera di don Pascual Chavez Villanueva, Fare l’Eucaristia per farsi Eucaristia, luglio 2007.
Pietro Braido, Prevenire non reprimere, il sistema educativo di don Bosco, LAS, Roma 1999, pp.250-268.
sr Francesca Venturelli
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