Alcuni ritengono che viviamo in un'epoca di neopaganesimo. Difficile dar loro torto se si considera la condizione esistenziale, soprattutto dei giovani, descritta da confusione, incertezza e vaga ricerca di un senso, quasi a contrasto con il nichilismo diffuso.
del 16 dicembre 2008
Alcuni ritengono che viviamo in un’epoca di neopaganesimo. Difficile dar loro torto se si considera la condizione esistenziale, soprattutto dei giovani, descritta da confusione, incertezza e vaga ricerca di un senso, quasi a contrasto con il nichilismo diffuso. Un’ignoranza pressoché totale del cristianesimo serpeggia ormai tra le diverse fasce d’età. Pagani perché non impegnati in una seria ricerca che risponda all’insopprimibile anelito religioso, pronti ad accontentarsi o inclini a rimandare il momento in cui prendere sul serio gli interrogativi che sorgono da un’esistenza, personale e collettiva, sempre più drammatica. Così si crede un po’ a tutto e a niente. Nelle nostre strade si sono accese anche quest’anno le luminarie. Fino a qualche anno fa si poteva dire che il loro apparire segnasse un tempo diverso, quello dell’Avvento, di gioia e di trepidazione, che oggi non si considera più. Il capitalismo sfrenato ha divorato il simbolo che queste luci indicavano ed esse restano nostalgicamente appese, rimando a se stesse. Soffocata la dimensione spirituale, indebolita l’attività interiore dell’anima, come può fare l’uomo a mettersi in rapporto con Dio? Come vivere oggi questo tempo dell’Avvento? Ancora una volta ci viene in soccorso la bontà di Dio attraverso la maternità della Chiesa. In uno scritto degli anni ’70 il cardinale Ratzinger spiegava che avvento è la traduzione della parola greca parusia, che significa presenza già iniziata. Dio è già presente nel mondo, ma la sua presenza non è ancora completa, è un qui e non ancora che ci protende al futuro. Così non si tratta di un nostro sforzo, ma di un dono. Quello che non siamo neppure più in grado di attendere, sfiniti dalla nostra debolezza mortale, è qui presente e si lascia vedere attraverso coloro che riconoscono la Sua Presenza già iniziata e la proseguono nella storia con le buone opere, con la fede vissuta. È soprattutto in Maria Immacolata, come ha detto il Papa all’ Angelus, che noi contempliamo il riflesso della bellezza che salva il mondo, la bellezza di Dio che risplende nel volto di Cristo. Cosa spetta, allora, a noi poveri uomini, arruffati tra mille difficoltà? La sincerità della domanda, che è la più alta espressione della coscienza di chi riconosce di non farsi da sé ma di dipendere, misteriosamente. E la bella notizia è che l’Essere da cui dipendiamo, il Dio svelatosi in Gesù Cristo, non ci lascia soli, è con noi. Questo è il dramma della libertà: accettare la compagnia di Dio perché la vita fiorisca, ci trovi capaci di accoglienza e di rispetto, solidali con chi soffre, con si trova nel bisogno, cooperatori del bene. La coscienza che ciascuno di noi è amato, voluto, ci permette di scoprire la dignità del nostro io e di accettare la dignità dell’altro, in qualsiasi condizione si trovi. Pensiamo ai malati, ai piccoli e, perché no, ad Eluana. Se amati possiamo amare. Il tempo di Avvento renda familiare il nostro cuore all’amore di Gesù per poterlo riconoscere nel Natale Bambino tra noi.
Elena Pagetti
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