Il motu proprio è legge universale della Chiesa e tutti sono tenuti ad applicarla e a garantire che venga applicata. I vescovi non dovranno né potranno promulgare norme che restringano le facoltà concesse dal motu proprio, o ne mutarne le condizioni, come invece è accaduto in qualche diocesi.
del 08 aprile 2011
 
 
          Nel 2007 Benedetto XVI pubblicò il motu proprio Summorum Pontificum, un documento che liberalizzava l’uso del messale antico, quello preconciliare del 1962, concedendone l’uso e stabilendo che laddove un gruppo di fedeli ne facesse richiesta, i parroci erano chiamati a venire loro incontro con una celebrazione ad hoc. Con quella decisione, il Papa voleva venire incontro sia ai fedeli tradizionalisti rimasti sempre in comunione con Roma, i quali non senza molte difficoltà e avversità - nonostante l’indulto concesso da Giovanni Paolo II - erano rimasti legati al vecchio rito.           Mentre Papa Wojtyla aveva legato la concessione alla decisione del vescovo, Benedetto XVI è andato molto oltre, stabilendo che accanto alla forma ordinaria del rito romano vi fosse quella straordinaria rappresentata dal messale preconciliare. L’intento di Ratzinger, esplicitato nella lettera ai vescovi che accompagnava il motu proprio, era quello di favorire una riconciliazione tra le comunità e far sì che le due sensibilità liturgiche si aiutassero a vicenda: il rito antico avrebbe aiutato a sottolineare una maggiore sacralità nelle celebrazioni di quello postconciliare, quest’ultimo avrebbe aiutato a sottolineare la ricchezza di riferimenti biblici che rappresenta una delle maggiori novità introdotte dal Concilio Vaticano II.           Poco a poco, in diverse comunità sparse per il mondo, la Messa antica ha preso a essere celebrata. Non sono mancate le difficoltà: ci sono stati vescovi che hanno posto condizioni restrittive (non previste dal motu proprio papale, che è legge universale della Chiesa).           Proprio per chiarire i dubbi e permettere una più consapevole applicazione delle direttive di Benedetto XVI, sta per essere pubblicata un’istruzione della commissione Ecclesia Dei (dal 2009 messa sotto l’egida della Congregazione per la dottrina della fede e presieduta dal Prefetto dell’ex Sant’Uffizio, il cardinale William Levada). Il testo, approvato dal Papa, è finalmente ultimato e viene tradotto in questi giorni nelle varie lingue. Dovrebbe essere pubblicato nella prima decade di maggio e portare la data del 30 aprile, memoria di san Pio V.           L’istruzione con i suoi contenuti conferma che il motu proprio è legge universale della Chiesa e che tutti sono tenuti ad applicarla e a garantire che venga applicata. Afferma inoltre che va assicurata la possibilità della celebrazione in rito antico dovunque vi siano dei gruppi di fedeli che la richiedono. Nel testo non viene precisato alcun numero minimo di fedeli che devono costituire il gruppo.           Si dice ancora che è bene - in accordo anche con l’esortazione postsinodale sull’Eucaristia - che i seminaristi studino il latino. Ma il documento prevede anche che conoscano la celebrazione secondo la forma antica. Il “sacerdos idoneus” per la celebrazione con il messale preconciliare non occorre che sia un latinista provetto, ma che sappia leggere e capisca ciò che legge ed è chiamato a pronunciare durante il rito.           Una delle novità più importanti contenuta nel documento è questa: la Pontificia commissione Ecclesia Dei viene giuridicamente costituita con l’istruzione come l’organismo chiamato a dirimere le questioni e le controversie. Avrà la facoltà di decidere in nome del Papa, e rappresenterà dunque l’istanza a cui ricorrere per quei gruppi di fedeli che incontreranno difficoltà nell’ottenere la celebrazione della messa antica.           I vescovi non dovranno né potranno promulgare norme che restringano le facoltà concesse dal motu proprio, o ne mutarne le condizioni, come invece è accaduto in qualche diocesi. Sono chiamati invece ad applicarlo.           Secondo l’istruzione può essere celebrato anche il Triduo pasquale in rito preconciliare là dove ci sia un gruppo stabile di fedeli legati alla liturgia antica. Gli appartenenti agli ordini religiosi possono usare i messali con i rispettivi riti propri preconciliari.           Il rito ambrosiano non viene citato nell’istruzione: il motu proprio infatti si applica soltanto al rito romano (Ecclesia Dei non è competente sul rito ambrosiano, sul quale ha invece giurisdizione la Congregazione del Culto divino). Ciò però non significa che il motu proprio, o meglio, che la chiara ed esplicita volontà papale non sarà applicata nella diocesi di Milano.           È sempre accaduto, con la riforma liturgica, ma prima ancora con i cambiamenti introdotti nei riti della Settimana Santa del 1954 da Pio XII, che il rito ambrosiano abbia fatto proprie istanze e modifiche, seppure in tempi successivi. Ed è possibile che - stante l’evidente volontà del Papa di rendere disponibile per tutti i fedeli il rito antico, visto l’inquadramento giuridico precisato nel documento sull’applicazione del motu proprio di imminente pubblicazione, in considerazione del fatto che anche l’ambrosiano è un rito latino riformato nel postconcilio - possa essere studiato in un prossimo futuro un documento analogo che estenda il motu proprio Summorum Pontificum anche alla diocesi di Milano. 
Andrea Tornielli
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