Gesù te lo devi incontrare tu nella tua interiorità. E' nel profondo della coscienza, non sta sulle bancarelle, nemmeno in piazza, è nel tuo essere profondo.
del 07 novembre 2006
 
 
 
 
Ci sono dei luoghi in cui non vorresti mai stare; ci sono assembramenti di persone, che ti stringono il cuore, ci sono tante concentrazioni di dolore che ti tolgono il respiro. Tutti abbiamo provato a stare tra i malati di un ospedale, nelle corsie abitate da lamenti e dolori; molti di noi si sono trovati in una casa di anziani, di sofferenti, di persone che soffrono o in un carcere o in un campo di profughi e rifugiati. Abbiamo negli occhi quello che spesso la TV ci fa vedere di bambini affamati, di lebbrosi, di feriti da terremoto o tsunami o guerre. Questa impressione mi dà quella pagina di vangelo che racconta di Gesù che dovunque andava gli facevano trovare davanti tutte queste miserie concentrate.
Ma quanto male c’è nel mondo? Tutto a me lo portate? Mi volete soffocare, mi togliete il respiro, che cosa volete che faccia? Si era diffusa la sua fama, ormai aveva suscitate nuove speranze. Chi nella vita non s’aspettava più niente ha cominciato ad alzare il capo a percepire che forse la sua umanità poteva essere ancora vivibile in rapporti conciliali con tutti, che la sua malattia, poteva essere vinta. E Gesù non si sottrae; lui è la vita e dove passa scoppia piena; non solo quella fisica, ma soprattutto quella interiore, la voglia interiore di vivere, di tornare a sperare, di dare alla propria vita un futuro migliore. Ma c’è una cosa che sorprende in tutti questi malati: tutti lo vogliono toccare, tutti vogliono avere un rapporto diretto con lui.
Il cristiano è proprio così: vuole toccare Gesù, vuole e deve avere un contatto personale con
lui. Gesù te lo devi incontrare tu nella tua interiorità. E’ nel profondo della coscienza, non sta sulle bancarelle, nemmeno in piazza, è nel tuo essere profondo. E quando i malati riuscivano a toccare Gesù, a stabilire con lui un contatto personale, ne tornavano cambiati rifatti, pieni di speranza; capitasse anche a noi di incrociarlo per le nostre strade, sul nostro treno, nelle nostre code, sui banchi di studio o davanti al tormento di un computer. E’ una speranza vera.
Ma questa speranza dove la trovo?
mons. Domenico Sigalini
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