È morto nella notte scorsa a Rimini, il sacerdote da sempre attento alle realtà dei poveri e dei diseredati fondanto nel 1968 l' associazione Papa Giovanni XXIII: 'Mossi dallo spirito a seguire Gesù povero e servo'.
del 02 novembre 2007
RIMINI - Don Oreste Benzi presidente e fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, è morto la scorsa notte, nella sua casa a Rimini per un attacco cardiaco. Lo ha reso noto la segreteria generale della sua comunità. Aveva 82 anni. La camera ardente verrà allestita oggi a partire da mezzogiorno nella parrocchia La Resurrezione, in via della Gazzella. Il funerale si svolgerà lunedì alle 10.30 nel Duomo di Rimini.
IL MALORE - Il sacerdote si è sentito male intorno all'1.30 nel suo alloggio nella parrocchia della Resurrezione. Il sacerdote che abitava con lui, don Elio Piccari, ha subito chiamato il 118 e ha avvisato alcuni collaboratori dell'associazione. L'intervento dei sanitari è stato tempestivo e sono stati praticati tutti i tentativi di rianimazione, ma non c'è stato nulla da fare: il cuore del religioso, secondo il referto, si è fermato alle 2.22. «Don Oreste aveva già accusato un malore due giorni fa - ha raccontato Stefano Paradisi, uno dei responsabili della segreteria generale della comunità -. Era a Roma, per partecipare ai lavori dell'Osservatorio sull'infanzia; a Fiumicino, sulla via del rientro, si è sentito male ma è voluto rientrare ugualmente a Rimini, perché in serata aveva un incontro con i giovani. Giovedì mattina è stato visitato da un medico, che gli ha consigliato di non affaticarsi e di riposare. Proprio oggi si sarebbe dovuto sottoporre a dei controlli cardiologici».
SORRISO - «È stato sorridente fino alle fine, ci ha lasciato col sorriso - ha aggiunto Giampiero Cofano, un altro esponente dell'associazione -. Due giorni fa dopo il malore a Fiumicino, è andato in discoteca con il vescovo di San Marino per parlare ai giovani». Questa notte il crollo. «Era consapevole, ha detto 'muoio, muoio'» spiega Cofano. Secondo i medici da tempo doveva sopportare dolori fortissimi, ma non si lamentava mai e continuava la sua vita di viaggi in tutto il mondo, nelle 500 case famiglia dell'associazione presenti in 27 paesi (di cui 200 in Italia). Da pochi giorni era tornato dal Cile e a breve doveva recarsi in Croazia e in Bolivia. «Faceva 25-30 viaggi intercontinentali l'anno. Non si è mai voluto fermare. Diceva di sé: 'Sono una dinamo, se mi spengo mi fermo'».
SULLE COLLINE - Da qualche settimana don Benzi andava a dormire alla Capanna di Betlemme, sulle vicine colline di Covignano, dove l'associazione Papa Giovanni XXIII gestisce una struttura di accoglienza per persone senza fissa dimora. Ma ieri sera, per questi problemi di salute, gli era stato consigliato di riposare in parrocchia. Proprio a causa di questo malessere, ieri don Oreste non aveva potuto partecipare alla «preghiera per i bambini mai nati» che la comunità propone da nove anni per la ricorrenza di Ognissanti; sono stati i suoi ragazzi an andare all'ingresso del cimitero di Rimini per la recita del Rosario e per deporre una corona di fiori.
«UNA VITA PER IL PROSSIMO» - Numerosi i messaggi di cordoglio di personalità religiose e istituzionali. Anche Romano Prodi ha voluto ricordare il sacredote scomparso, «una persona - ha detto il premier - che ha lavorato molto per il prossimo, veramente molto». «È stato un sacerdote che con un quotidiano e costante lavoro ha saputo costruire una Comunità di dimensioni internazionali con l'obiettivo di salvare e dare assistenza a tante persone in difficoltà a tanti sfruttati e diseredati. Una vita spesa con gioia al servizio del prossimo. Un insegnamento da non dimenticare» ha concluso il premier. Il papa, Benedetto XVI, ha ricordato don Benzi con queste parole: «Appresa con tristezza la notizia della morte di don Oreste Benzi, umile e povero sacerdote di Cristo, benemerito fondatore e presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, il Santo Padre desidera esprimere vive condoglianze a quanti piangono la sua improvvisa scomparsa, ricordandone l'intensa vita pastorale come parroco e in seguito come infaticabile apostolo della carità a favore degli ultimi e degli indifesi facendosi carico di tanti gravi problemi sociali che affliggono il mondo contemporaneo». Il telegramma, a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, è stato inviato al vescovo di Rimini monsignor Francesco Lambiasi.
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Don Oreste Benzi era nato il 7 settembre 1925 a San Clemente, un paesino nell'entroterra romagnolo, da una famiglia di operai, settimo di 9 figli. A 12 anni entra in seminario e viene ordinato sacerdote il 29 giugno 1949. Pochi giorni dopo è nominato cappellano della parrocchia di San Nicolò, a Rimini. Nell'ottobre 1950 viene chiamato in seminario come insegnante e nella stessa data è nominato vice assistente della Gioventù Cattolica di Rimini (ne sarà poi assistente nel '52). In quel periodo matura in lui la convinzione dell'importanza di aiutare gli adolescenti, nei quali si formano «i metri di misura definitivi dei valori di vita». Don Oreste riteneva fondamentale realizzare attività che favorissero un «incontro simpatico con Cristo». In questo progetto rientra la costruzione di una casa alpina ad Alba di Canazei (Trento), dal 1958 al 1961.
ASSOCIAZIONE - Mantenendo l'impegno fra i giovanissimi, nel '53 è chiamato a direttore spirituale nel seminario di Rimini per i giovani dai 12 ai 17 anni. Nel frattempo oltre che in seminario insegna religione nella scuola agraria «San Giovanni Bosco» di Rimini. Nel '59 viene trasferito al liceo classico «Giulio Cesare», nel '63 allo scientifico «Serpieri» e nel 1969 allo scientifico «Volta» di Riccione. Proprio in quegli anni avviene il reclutamento di giovani con il compito di animare i soggiorni montani degli adolescenti in difficoltà. Nel '68, con questo gruppetto di giovani e con alcuni sacerdoti, Benzi dà vita all'associazione Papa Giovanni XXIII, che ottiene poi il riconoscimento della personalità giuridica. Don Oreste Benzi guida l'apertura della prima Casa Famiglia a Coriano il 3 luglio 1972.
LE STRUTTURE - Oggi l'associazione conta 200 case famiglia in Italia, «disponibili ad accogliere non solo i propri figli naturali ma anche quelli da rigenerare nell'amore», 6 case di preghiera, 7 case di fraternità, 15 coop sociali in cui vengono inserite persone svantaggiate, 6 centri diurni per valorizzare le capacità di persone con handicap gravi, 32 comunità terapeutiche, la Capanna di Betlemme per i poveri. L'impegno della comunità fondata da don Benzi prevede varie forme di condivisione con minori e giovani in condizioni di disagio, persone con handicap, detenuti, zingari, tossicodipendenti, etilisti, senza fissa dimora, immigrati, anziani, malati di Aids, madri in difficoltà, donne costrette a prostituirsi. E ancora, il sostegno all'obiezione di coscienza (anche con l'Operazione Colomba, «una presenza non violenta nei fronti contrapposti delle zone di guerra per 'gettare ponti e lenire le ferite'), l'azione missionaria con progetti di autosviluppo nei Paesi poveri, l'attività editoriale con il mensile Sempre.
ALL'ESTERO - Da oltre trent’anni la comunità opera nel mondo dell’emarginazione anche all’estero. È presente in Albania, Australia, Bangladesh, Bolivia, Brasile, Cile, Cina, Croazia, India, Kenya, Romania, Russia, Tanzania, Venezuela e Zambia. Nell'83 ha ottenuto il riconoscimento di aggregazione ecclesiale da parte dell'allora vescovo di Rimini mons. Giovanni Locatelli e nel '98 è stata riconosciuta dal Pontificio Dicastero dei Laici. Recentemente ha ottenuto i riconoscimenti canonici del Pontificio Consiglio dei Laici.
GLI IDEALI - «Mossi dallo spirito a seguire Gesù povero e servo - si legge nello Statuto e nella Carta di fondazione della comunità - i membri, per vocazione specifica, si impegnano a condividere direttamente la vita degli ultimi mettendo la propria vita con la loro vita, facendosi carico della loro situazione, mettendo la propria spalla sotto la loro croce, accettando di farsi liberare dal signore attraverso loro. L'amore ai fratelli poveri di cui si condivide la vita deve spingersi fino a cercare di togliere le cause che provocano il bisogno e quindi porta la comunità a impegnarsi seriamente nel sociale, con un'azione non violenta, per un mondo più giusto ed essere voce di chi non ha voce». Questo, nella pratica, «condividendo la vita degli ultimi, conducendo una vita da poveri, lasciandosi guidare nell'obbedienza, dando spazio alla preghiera e alla contemplazione, vivendo la fraternità secondo il Vangelo».
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