La morte, l'indifferenza, la fede. La zona grigia.

Il mondo è male: cosa posso mai fare io?

La morte, l’indifferenza, la fede. La zona grigia.

da Attualità

del 13 gennaio 2011

 

          Un uomo per la strada vede una ragazzina che trema, ha solo un vestito leggero, niente da mangiare. Si arrabbia con Dio: «Perché lo permetti? Perché non fai qualcosa?». Dio tace.

          Fatti di cronaca come quello del bimbo morto a Bologna mi inducono alla stessa reazione. Sono i fatti che appartengono alla zona grigia dell’esistenza, che fanno dubitare della bontà della creazione e del creatore. Creatore forse, ma Padre?

          Di fronte a questa zona d’ombra però si apre per me lo spazio della compassione, del dolore di fronte al dolore altrui: è mio o no? Quando vedo una mendicante che trema in ginocchio al centro del marciapiede, quel dolore mi interpella.

           Posso reagire come Ivan Karamazov che, nella sofferenza degli innocenti, scorge un segno dell’assenza di Dio e se ne serve per la sua ribellione contro il redentore. In fondo però la compassione di Ivan verso il dolore innocente è la scusa, la teoria progettata da un cuore incapace di amare con i fatti. Egli ama quel dolore non per alleviarne la sofferenza, ma per sé stesso. Senza quel dolore assurdo, non potrebbe starsene chiuso a casa nel suo cinismo con tanto di certificato medico. Egli ama il dolore altrui, per mettere a tacere la sua coscienza e Dio ed ergersi a giudice.

Il mondo è male: cosa posso mai fare io?

           Posso non reagire. Facendo finta di non vedere o non vedendo proprio, se non un ostacolo da superare: l’ennesimo mendicante a intralciare la mia strada di uomo fortunato. Perché qualcuno non risolve? Non pago forse le tasse? Un liceale al quale era stato proposto di donare il sangue ha risposto: 'Quanto mi pagate?'. La logica del dono è fuori moda: cosa c’entro io con il dolore altrui?

          Oppure posso fare come Rilke che s’imbatte in una donna che chiede l’elemosina. L’amico che lo accompagna le dà uno spicciolo, il poeta tira dritto, ma più avanti compra una rosa e di ritorno solleva la donna e gliela regala: va oltre il bisogno materiale, coglie la persona nella sua interezza e agisce 'personalmente' restituendo dignità alla donna, che almeno quel giorno smise di mendicare.

Quando la zona grigia mi aggredisce, trovo in me questi personaggi.

          Ma ho pace solo quando provo a fare come il poeta, quando il gesto affronta il bisogno, ma non si ferma lì, offrendo una soluzione che va oltre; quando sono io a mettermi in gioco, con il mio essere e non solo con il mio avere.

          Mi tornano in mente quelle parole di Cristo, che danno ragione della zona grigia, in una logica tanto sorprendente quanto concreta che solo il Dio incarnato raggiunge, l’uomo più uomo degli uomini. Non mi nasconde la zona grigia, ma me ne rivela il senso e la possibilità di illuminarla, coinvolgendomi. Agli ipocriti che criticano lo spreco di un unguento prezioso per lui, invece di darne il prezzo ai poveri, risponde: 'i poveri li avete sempre con voi, me, invece, non sempre mi avete'. Questa frase smaschera tutti: cinici, indifferenti o ipocriti compratori della propria pace più che cercatori di quella altrui.

          La zona grigia c’è e resta, ma è affidata a noi la capacità di diminuirne l’area, illuminandola con la luce del dono personale, faticoso e possibile solo a patto di avere quella luce: se Dio è amore, chi è in lui può realmente donare sé stesso.

          La storia citata all’inizio si conclude qualche ora dopo, nella notte, quando a quell’uomo che si era adirato con Lui per la povera bambina infreddolita Dio risponde: 'Certo che ho fatto qualcosa. Ho fatto te'. Per questo: io c’entro con la morte del bimbo bolognese, con il disagio della sua famiglia.

Per questo io resto libero e Dio è ancora Padre.

Alessandro D’Avenia

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