Le vittime di questo giornalismo senza scrupoli non sono solo quelle coinvolte dalle intercettazioni, ma l'intera opinione pubblica e la stessa industria della comunicazione. Il diritto all'informazione si deve armonizzare con gli altri diritti umani. Ciò contribuirà finalmente alla formazione di un pubblico maturo.
del 12 luglio 2011
 
  
          Dopo 168 anni, domenica 10 luglio il settimanale britannico “News of the World” ha pubblicato il suo ultimo numero. La chiusura è stata determinata da una lunga serie di sospetti di scorretta pratica del giornalismo, confermati da accuse d’intercettazioni telefoniche illegali che i giornalisti realizzavano per pubblicare lucrose esclusive.
           Le vittime di questo giornalismo senza scrupoli non sono solo quelle coinvolte dalle intercettazioni, ma l’intera opinione pubblica e la stessa industria della comunicazione. La prima, cioè l’opinione pubblica, perché privata della verità nell’informazione alla quale ha diritto. La seconda, ossia l’industria, perché toglie prestigio e credibilità al giornalismo, che è imprescindibile nelle società libere e democratiche. Questo episodio conferma la necessità e l’urgenza, sottolineata dal Papa nel messaggio per la quarantaduesima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, di esigere maggiore considerazione etica nei media, che non possono sottostare solo ai dettami delle strategie economiche e politiche: “È indispensabile – afferma il Pontefice – che le comunicazioni sociali difendano gelosamente la persona e ne rispettino appieno la dignità. Più di qualcuno pensa che sia oggi necessaria, in questo ambito, un’”info-etica” così come esiste la bio-etica nel campo della medicina e della ricerca scientifica legata alla vita”.
           Il più elementare senso morale indica che il fine non giustifica mai i mezzi e che non ci sono ambiti esenti o dispensati dall’etica. Il diritto all’informazione si deve armonizzare con gli altri diritti umani, in modo che uno non annulli gli altri, ma che l’equilibrio venga dato, nei media, dal grado di rilevanza per l’interesse generale della questione privata sulla quale si vuole informare, senza mai, però, andare a discapito della dignità della persona.
           S’impone pertanto nella società attuale – dove la stessa comunicazione è diventata tanto complessa, onnipresente e decisiva – un serio discernimento nel quale la dignità della persona e il bene comune siano il vero criterio di valutazione etica, sempre necessario affinché la qualità di qualsiasi prodotto comunicativo sia completa. A ciò contribuirà la formazione di un pubblico maturo, poiché la responsabilità etica non sta solo in chi fa l’informazione, cioè negli imprenditori e nei professionisti della comunicazione, ma anche nei destinatari.
           È in questa prospettiva dell’esercizio responsabile di un diritto che bisogna intendere in modo adeguato la libertà d’informazione. Solo così è possibile considerare l’informazione come un diritto del pubblico e un dovere correlato delle imprese e degli operatori della comunicazione, dai quali bisogna pretendere una mediazione sociale di particolare importanza.
           Saranno la stessa società civile, le autorità e soprattutto i professionisti delle comunicazioni a doversi dotare di un autentico senso etico che, assunto pienamente in forma personale e collettiva, risponda alla genuina e inviolabile dignità naturale della persona umana, si traduca in codici di condotta, in forme di autocontrollo e di tutela giuridica, e preservi una vera “ecologia” (o salute etica) della comunicazione sociale, indispensabile per un’adeguata e libera convivenza democratica.
           Ciò non potrà avvenire senza tenere conto dello stato di salute morale dell’intera società, sulla quale i media informano e le cui convinzioni e i cui comportamenti contribuiscono a plasmare. La debolezza etica di una società, alimentata dal relativismo anche morale, ha sempre conseguenze nocive in tutti gli ambiti umani; debolezza di cui la comunicazione sociale non riuscirebbe a liberarsi, ma che anzi la mancanza di un codice etico contribuisce ad aggravare, rendendone ancora più estese le conseguenze. Le serie carenze antropologiche ed etiche che determinate ideologie hanno lasciato come triste eredità alla società contemporanea si potranno superare solo con un sincero e umile ritorno alla vera realtà morale e giuridica. Dalla quale Dio non può essere escluso, essendone il fondamento.
 
José María Gil Tamayo
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