Molti si annoiano più in vacanza che al lavoro e altrettanti anelano la solitudine quando lavorano e poi si vanno a infilare in pochi metri quadrati affollati da decine di ombrelloni. Come è possibile? Noi vogliamo il tempo libero, ma in realtà ne abbiamo paura. Perché? Proprio perché è libero, proprio perché è vuoto. Solo chi dona sa fare vacanza.
del 12 luglio 2011
 
          Vacanze, così le chiamia­mo. Dal latino vacatio, ciò che è vuoto. Dopo un anno di battaglie, fatiche, impegni non vogliamo più scadenze, obblighi, ma uno spazio vuoto in cui nessuno ci imponga niente. Lo chiamiamo anche tempo libero, cioè tempo dotato di libertà, a differenza di quello dedicato al lavoro, il tempo dell’obbligo, della produzione, dello 'schiavo'. Trovo inadeguati questi nomi, soprattutto per un cristiano.           Il cristiano è figlio di Dio, e figlio – in latino liber – è libero, sempre. Il mio tempo libero è sia quando insegno, sia quando faccio un bagno al mare, quando compilo un noioso registro e quando prendo il sole con la brezza che mi accarezza la pelle, perché sono sempre figlio, sotto lo sguardo di Dio che mi dona tutto quello che sono, faccio e ho. L’ho capito meglio leggendo un bellissimo libro di Mauro Leonardi sul mistero del celibato, dal titolo Come Gesù. L’autore spiega (p.179) che «Adamo ed Eva si riconoscono essi stessi debitori del dono dell’essere e del dono egualmente grande del loro amore e della loro unità, verso una presenza più grande, Dio, che costituisce l’orizzonte della loro esistenza.           Dio non si presenta come un creditore, ma come qualcuno che elargisce doni e gratuità. Dio viene con il solo intento di passeggiare alla brezza del vento lieve: 'Passeggiava nel giardino alla brezza del giorno' (cfr Gn 3,8). A ben vedere è proprio questo, in essenza, l’azione caratteristica dell’amicizia: fare una passeggiata». Questo è il progetto originario di Dio: passeggiare con i suoi figli nella bellezza del creato che ha elargito loro e condividere cuore e cuore questa bellezza, lasciando liberi i suoi figli di condividerla fra loro, e il peccato non è altro che il principio di opposizione al ricevere e al donare.
          Molti si annoiano più in vacanza che al lavoro e altrettanti anelano la solitudine quando lavorano e poi si vanno a infilare in pochi metri quadrati affollati da decine di ombrelloni. Come è possibile? Noi vogliamo il tempo libero, ma in realtà ne abbiamo paura. Perché?
          Proprio perché è libero, proprio perché è vuoto. Proprio perché è il tempo della libertà, è tempo della scelta. Noi vogliamo tutto il tempo, perché l’unica cosa che il nostro cuore anela è l’eternità, ma poi quando abbiamo il tempo scopriamo il suo paradosso. Per chi vive nel tempo, il tempo è l’unica cosa che ho a disposizione per amare. Amare è donare tempo e donare nel tempo è morire. Se dedico un’ora a un mio amico, quell’ora non torna più indietro, io faccio vivere di più lui, ma quell’ora non torna più. Il Verbo ci ha dato tutto il suo tempo per salvarci, si è fatto tempo per donarci il senza tempo. Quando arrivano le vacanze e il tempo libero, noi crediamo che sia finalmente venuto il momento di vivere, ma il tempo autoreferenziale, egoistico, senza amore, è un tempo che annoia, perché ci rende più schiavi di quello che abbiamo quando lavoriamo. L’unico tempo liberato e che ci rende felici – sia che lavoriamo sia che riposiamo – è quello dedicato ad amare (noi stessi e il prossimo).           Vacanza non è svuotarsi e non avere impegni, quello ci stanca più di lavorare, ma è prendere il proprio tempo e decidere a chi e cosa dedicarlo, perché diventi pieno: passeggiare nel giardino con Eva, carezzati dalla brezza del giorno, sotto lo sguardo di Dio. Pieno è il tempo dei figli sotto lo sguardo del padre. Pieno è il tempo dedicato a ciò che il nostro cuore cerca, se lo sappiamo ascoltare. Abbiamo noi il coraggio, durante le vacanze, di liberare il nostro tempo e di non farne un semplice dato di fatto determinato dal destino: non devo lavorare, allora sono libero? Solo chi è in vacanza anche quando lavora, sa cosa è la vacanza. Solo chi è libero nella fatica quotidiana, può godere il tempo della festa e viceversa. Le vacanze parlano del paradiso, luogo in cui avremo tutto il tempo: saremo sempre liberi, perché saremo davvero figli, senza niente che possa offuscare questa condizione. Il nostro tempo sarà solo tempo dell’amore ricevuto e dato. L’amore non vuole durata, ma eternità, a noi non soddisfa che le cose durino (tanto non durano), ma che siano piene, nell’istante. Il paradiso – anche sulla terra – non è durata e immortalità, ma pienezza dell’attimo, eternità. Ecco quale è il vero tempo libero: quello che ha in sé la pienezza e nelle vacanze abbiamo semplicemente più possibilità di sceglierlo. Una chiacchierata con un amico, un bel libro, una passeggiata con la moglie, una nuotata con un figlio, una cantata sotto le stelle, una chiacchierata con Dio. Solo se avremo il coraggio di donarlo il tempo si libererà.           Se non inseriremo il nostro riposo nella celebrazione del rito della bellezza delle cose che ci sono donate, insieme agli altri, ma lo vivremo come possesso consumistico di beni da ottenere a tutti i costi, inevitabilmente oscilleremo tra l’accidia del non far nulla (noia) e l’agitazione del fare (ansia); consumeremo le vacanze ritrovandoci più stanchi di prima, quasi sperando di ricominciare a lavorare, felici sotto sotto che qualcuno ci strappi via il tempo che non abbiamo il coraggio di vivere, cioè di donare.
Alessandro D'Avenia
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