La paura del diverso

Credo proprio che la nostra società si debba decidere a crescere secondo una vera ottica di multiculturalismo; altrimenti il rischio sarà quello di vivere l'incontro tra le culture come un continuo scontro.

La paura del diverso

da Quaderni Cannibali

del 07 febbraio 2011

 

 

           Il termine multiculturalismo, com’è noto, indica la coabitazione tra diversi gruppi linguistici, culturali, religiosi, che vivono nel medesimo spazio territoriale; rappresenta quindi un modello che non giudica usi e costumi altrui e che anzi esalta le differenze e le identità.

          Vorrei soffermarmi sulla frase “non giudica usi e costumi altrui”: in Italia è davvero così?

          A giudicare da quello che si vede non sembra proprio: il maggior numero di immigrati non viene integrato bensì emarginato dalla società, escluso dalla vita normale, e molte volte costretto ad implorare l’elemosina su un marciapiede.

          I rapporti tra culture sono spesso caratterizzati da squilibri di potere; il mondo che conosciamo oggi, infatti, è costituito da centri di potere da una parte e da sterminate periferie subalterne dall’altra. Il maggior numero di immigrati proviene proprio da queste zone periferiche e si muove proprio con l’obiettivo dell’emancipazione rispetto alla società di provenienza.

          Ogni cultura è “multiculturale” perché rivela caratteristiche provenienti da luoghi e da popoli diversi. Non dimentichiamoci che il multiculturalismo, infatti, non è creato dalla presenza degli immigrati; costoro aggiungono solo altre differenziazioni a quelle già esistenti in ogni società e contribuiscono semmai a renderle più visibili. Il fenomeno dell’immigrazione fa emergere presso i cosiddetti “paesi-meta” varie problematiche riguardanti la regolamentazione ed il controllo dei flussi migratori in ingresso, la permanenza degli immigrati e l’aumento della criminalità.

          Per quanto riguarda l’Italia alcune ricerche econometriche hanno attestato che non esiste alcun nesso tra l’incremento della criminalità e l’ immigrazione; spesso, infatti, i due fenomeni si sviluppano contemporaneamente nelle zone più ricche, senza però che l’uno causi o favorisca l’altro.

          L’ opinione pubblica, tuttavia, non è d’accordo con queste statistiche, credendo che gli immigrati siano la prima causa dell’aumento della criminalità e incrementando così nella gente la paura del “diverso”. Il “diverso” per molti è un universo ignoto che non deve essere compreso bensì limitato e confinato o, al massimo, sfruttato in silenzio; addirittura nella nostra realtà viene talora visto come un “male” da curare. In questo triste “quadro” esistono però persone come volontari, tirocinanti, professionisti che si interessano alla multiculturalità decidendo di dare voce a chi, lontano dal suo paese, spesso è vittima di pregiudizi o di un’accoglienza distratta ed approssimativa. L’assistenza non è un lavoro qualsiasi, non bastano soltanto l’altruismo e la voglia di aiutare il prossimo ma bisogna disporre di una grande forza interiore, un atteggiamento positivo, pazienza, disponibilità, capacità di ascolto e umiltà. Ammiro molto questi mediatori multiculturali che cercano giorno per giorno di integrare emarginati in difficoltà mettendo da parte i propri problemi. Penso che accettare la diversità, non come un male, ma come valore, comporti lo sviluppo di un pensiero “aperto”, libero dagli schemi mentali che opprimono la nostra mente, libero dai pregiudizi e libero dalle apparenze.

          Un pensiero che sia capace di prendere le distanze anche dai propri principi e valori dirigendosi così verso quelli di un’altra cultura per scoprirne le differenze e le connessioni; e che sia capace, poi, di ritornare alla propria cultura arricchito dall’esperienza del confronto ed in grado di formulare una critica costruttiva. Quindi, credo proprio che la nostra società si debba decidere a crescere secondo una vera ottica di multiculturalismo; altrimenti il rischio sarà quello di vivere l’incontro tra le culture come un continuo scontro.

  

Fausta Di Martino

http://www.cogitoetvolo.it

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