La paura di dirsi cristiani

Abbiamo oltre mille microfoni da dove ogni settimana parliamo di Vangelo a chi frequenta l'Eucaristia domenicale, editiamo mille giornaletti parrocchiali, settimanali diocesani, quotidiani, curiamo televisioni e radio locali, promoviamo centinaia di incontri, conferenze, tavole rotonde ma contiamo sempre meno là dove si parla di valori, di scelte di vita e di morte, di politiche sociali ed educative.

La paura di dirsi cristiani

da Quaderni Cannibali

del 11 ottobre 2006

Pi√π coraggio di essere cristiani, e meno paura di esserlo, nonostante il clima di guerra 'sottile' o 'aggressiva' contro la Chiesa e i valori che essa difende come portatrice del Vangelo: la vita, invece di aborto ed eutanasia; la famiglia, invece di pace o libere convivenze; l'educazione dei figli invece di abbandono e violenza; amore, invece di odio. Oserei di pi√π, citando il Cardinale Montini, poi Paolo VI. Nel lontano 1958, arcivescovo a Milano, aveva negato il diritto di esistenza alla figura del 'nemico': il lontano dovrebbe restare, per chi ha cura d'anime e per il cristiano, la persona pi√π amata, pi√π colma d'attenzioni e di riguardi.

Non La novità dell'essere cristiano, il coraggio di esserlo, sta proprio qui, nell'avere distrutto il concetto del nemico esterno: l'unico nemico siamo noi, con le paure, i peccati di chi afferma di essere cristiano e poi nella vita annacqua la fede, quando non la calpesta o tradisce. Ci sentiamo assediati, ma questodipende forse dalla nostra debolezza e fragilità, dal vivere la fede come una fortezza con tanto di fossato e ponte levatoio, cittadella circondata da mura più che luogo d'incontro, dove ricercare la verità, che nasce dall'Alto e che dall'Alto è stata disseminata nel cuore della gente?

Dobbiamo avere il coraggio di non perderci nella ragnatela dei 'falsi profeti', nella zona grigia di chi ricerca la felicità nel 'qui e subito' o nell'area insanguinata di chi cancella le persone, sacrificandole in nome di una religione o delle leggi di mercato. La Chiesa è per la libertà di amare! A questo dobbiamo educarci ed educare. Non è impresa impossibile anche se, a volte, ci viene da pensare che il metodo utilizzato per essere “Chiesa nel mondo” sia errato: aggiungiamo iniziative a iniziative, moltiplichiamo le etichette a gruppi, che nascono, si dividono, lottano tra di loro e muoiono, ma nel nome di Cristo ci allontaniamo invece di avvicinarci.

Cos'è che non funziona in questa nostra presenza nel territorio? Abbiamo oltre mille microfoni da dove ogni settimana parliamo di Vangelo a chi frequenta l'Eucaristia domenicale, editiamo mille giornaletti parrocchiali, settimanali diocesani, quotidiani, curiamo televisioni e radio locali, promoviamo centinaia di incontri, conferenze, tavole rotonde ma contiamo sempre meno là dove si parla di valori, di scelte di vita e di morte, di politiche sociali ed educative.

Troppa fede nell'uomo e poca fede in Dio? Il Convegno di Verona, che si terrà fra pochi giorni, ci richiama alla Speranza, nonostante il pessimismo dei numeri e dei risultati; i Vescovi sollecitano ripetutamente, con toni spesso accorati, le famiglie a essere “Chiesa che educa”. E' un moltiplicarsi di appelli, che appaiono inascoltati: per egoismo, per ignoranza o per paura? Per mia deformazione professionale, sono solito dire che non si risponde appieno alla nostra vocazione cristiana perché fin dalle radici non siamo stati educati a sentirci Chiesa, a vivere da cristiani, ad avere proposte serie alternative, per cui, crescendo, la fede rimane esteriore, superficiale e basta una qualsiasi setta o discorso laicista a metterci in crisi!

Ci vuole istruzione, approfondimento del Vangelo, della dottrina cattolica, ma il coraggio di essere cristiani lo dobbiamo invocare anche dallo Spirito Santo, l'Educatore per eccellenza, inviato da Ges√π per orientare i nostri itinerari formativi.

La parte assegnata alle famiglie nel campo dell'educazione religiosa dal Cardinale Tettamanzi non è piccola né insignificante, ma essenziale! E' giunto il tempo di ripetere il miracolo dei primi cristiani: erano pochi, ma non si sono chiusi in se stessi, arrendendosi alla cultura dominante: hanno collaborato con Dio nel diffondere il Vangelo per le strade del mondo. I risultati non sono mancati. Sono da bissare!

don Vittorio Chiari

http://www.incrocinews.it

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