Perché pregare? La risposta è semplice: per vivere. Sì: per vivere veramente, bisogna pregare. Perché vivere è amare: una vita senza amore non è vita. È solitudine vuota, è prigione e tristezza. Vive veramente solo chi ama: e ama solo chi si sente amato, raggiunto e trasformato dall'amore.
del 03 giugno 2009COME INCONTRARE IL DIO DI GES√ô CRISTO
Parte III 
Abbiamo cercato di testimoniare la speranza che è in noi. Abbiamo presentato Gesù, la sua vita, morte e risurrezione. Abbiamo parlato del volto del Padre suo e del dono del suo Spirito. Per noi cristiani, Gesù non è una dottrina astratta. È via, è vita, è verità che illumina il nostro cuore, anticipo e promessa della vita eterna. Seguendo Lui, il più umano degli uomini, il Figlio eterno venuto in mezzo a noi, ci sentiamo aiutati ad affrontare la vita e le sue sfide come figli di Dio, fratelli e sorelle tra di noi.
La terza parte della nostra “Lettera” cerca di aiutare il “cercatore di Dio” a pensare, progettare e vivere esperienze concrete per giungere all’incontro con il Dio vivente, così come Gesù lo ha reso a noi possibile. In quest’impresa, siamo rassicurati dalla presenza di tanti testimoni nella storia della Chiesa. Essi, condotti dallo Spirito di Gesù e dalla mano sapiente dei pastori, i fratelli a cui lo Spirito stesso ha affidato la responsabilità di governare il cammino verso la verità, ci aiutano a cogliere e interpretare la verità nella vita quotidiana e ad aprirci al dono di Dio.
Tra le righe del discorso, vorremmo che ciascuno vedesse affiorare il volto della comunità, il volto della Chiesa, madre dei credenti, che sostiene e incoraggia il cammino di tutti. È lei che ci ha trasmesso la buona notizia di Gesù il Signore e ci aiuta a interpretare le inquietudini che attraversano il nostro cuore.
Cerchiamo allora di ripensare il cammino quotidiano del cristiano, lasciandoci condurre per mano da chi l’ha sperimentato prima di noi. Anche il ricordo delle esigenze a cui essere fedeli, per una qualità di vita secondo il progetto di Dio, risponde a quell’interrogativo profondo che affiora quando ci lasciamo interpellare da impegni alti.
In quest’ultima parte, dunque, tentiamo di proporre la “mappa” di un’esistenza vissuta secondo lo Spirito di Gesù, per restituire fiducia alla vita quotidiana e ricordare le condizioni per la sua autenticità. Chi sosterrà il nostro sforzo? Proprio dal vissuto dei nostri fratelli e sorelle nella fede affiora la risposta: la preghiera, la parola di Dio, i sacramenti, il servizio, l’attesa della casa futura, sono le esperienze concrete in cui è possibile incontrare il Dio di Gesù Cristo.
Certo, siamo costretti a trascrivere “parole”. Sappiamo però che dietro di esse ci sono persone e fatti: i tanti discepoli di Gesù, testimoni di santità, le tante donne e uomini che hanno dato speranza ad altri nella storia. Ci sono anche i nostri volti, che le parole interpretano e forse… abbelliscono. Ci sei anche tu che stai leggendo, sollecitato a rivisitare più intensamente la tua vita per diventare un “volto” che si fa “parola”, proposta per tutti.
 
11. LA PREGHIERA
Perché pregare? La risposta è semplice: per vivere. Sì: per vivere veramente, bisogna pregare. Perché vivere è amare: una vita senza amore non è vita. È solitudine vuota, è prigione e tristezza. Vive veramente solo chi ama: e ama solo chi si sente amato, raggiunto e trasformato dall’amore. Come la pianta non fa sbocciare il suo frutto se non è raggiunta dai raggi del sole, così il cuore umano non si schiude alla vita vera e piena se non è toccato dall’amore. Pregando, ci si lascia amare da Dio e si nasce all’amore, sempre di nuovo. Perciò, chi prega vive veramente, nel tempo e per l’eternità.
 
Come pregare?
Molti pensano di non saper pregare. Molti domandano come pregare. Anche in questo caso la risposta è immediata: bisogna dare un po’ del proprio tempo a Dio. All’inizio, l’importante non sarà che questo tempo sia tanto, ma che glielo si dia fedelmente. È necessario fissare un tempo da dare ogni giorno al Signore, e donarglielo con fedeltà, quando ce la sentiamo e anche quando non ce la sentiamo. Bisogna cercare un luogo tranquillo, dove se possibile ci sia qualche segno che richiami la presenza di Dio (una croce, un’icona, la Bibbia), o entrare in una chiesa e fermarsi davanti al tabernacolo, dove c’è la presenza di Cristo nell’Eucaristia. Basta raccogliersi in silenzio e invocare lo Spirito Santo, perché sia lui a gridare in noi: “Abbà, Padre!”. Portiamo a Dio il nostro cuore, anche se è in tumulto. Non dobbiamo aver paura di dirgli tutto, non solo le difficoltà e il dolore, il peccato e l’incredulità, ma anche la gioia e la speranza, e persino la ribellione e la protesta, se abitano dentro di noi. Tutto va posto nelle mani di Dio, lodandolo e ringraziandolo per i suoi doni. Bisogna ascoltare il suo silenzio, senza pretendere di trovare subito risposte. È necessario perseverare, senza pretendere di afferrare Dio, ma lasciandolo penetrare nella nostra vita e nel nostro cuore, toccandoci l’anima. Bisogna ascoltare la sua Parola, aprendo la Bibbia, meditandola con amore, lasciando che Gesù parli al cuore. Nei Salmi troveremo espresso tutto ciò che vorremmo dire a Dio; ascoltando gli apostoli e i profeti impareremo ad amare la storia del popolo eletto e della Chiesa nascente e faremo esperienza della vita vissuta nell’orizzonte dell’alleanza con Dio. Dopo aver ascoltato la Parola di Dio, dovremo camminare ancora a lungo sui sentieri del silenzio, lasciando che sia lo Spirito a unirci a Cristo, Parola eterna del Padre. Lasciamo che sia Dio Padre a plasmarci con tutte e due le sue mani, il Verbo e lo Spirito Santo.
 
Il cammino della preghiera
All’inizio, potrà sembrare che il tempo per tutto questo sia troppo lungo e che non
passi mai: bisogna perseverare con coraggio e disponibilità, dando a Dio tutto il tempo che siamo in grado di dargli. Di appuntamento in appuntamento la nostra fedeltà sarà premiata, e vedremo pian piano crescere in noi il gusto della preghiera. Quello che all’inizio ci sembrava irraggiungibile, diventerà sempre più facile e bello. Capiremo allora che ciò che conta non è avere risposte, ma mettersi a disposizione di Dio: ciò che porteremo nella preghiera sarà poco a poco trasfigurato.
Così, quando ci troveremo a pregare con il cuore in tumulto, se persevereremo, ci accorgeremo che dopo aver a lungo pregato non avremo trovato risposte alle nostre domande, ma che le stesse domande si saranno sciolte come neve al sole. Nel nostro cuore entrerà la pace di chi si affida nelle mani di Dio e si lascia condurre docilmente da lui, là dove lui vuole.
Non mancheranno in tutto questo le difficoltà: a volte, non riusciremo a far tacere il chiasso che è intorno e dentro di noi; a volte sentiremo la fatica e perfino il disgusto di metterci a pregare; a volte, la nostra sensibilità scalpiterà e qualunque atto ci sembrerà preferibile allo stare in preghiera davanti a Dio, a “tempo perso”. In realtà, sono state queste le prove di tanti credenti e persino di molti grandi santi. Bisogna solo avere fede: l’unica cosa che possiamo veramente dare a Dio è la prova della nostra fedeltà. Con la perseveranza salveremo la preghiera e soprattutto la nostra vita.
Non dobbiamo avere paura delle prove e delle difficoltà nella preghiera: Dio è fedele e non ci porrà mai davanti a una prova senza darci la via d’uscita; non ci esporrà mai a una tentazione senza darci la forza per sopportarla e vincerla. Lasciamoci amare da Dio: come una goccia d’acqua che evapora sotto i raggi del sole, sale in alto e ritorna alla terra come pioggia feconda o rugiada consolatrice, così lasciamo che tutto il nostro essere sia lavorato da Dio, plasmato dall’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, assorbito in loro e restituito alla storia come dono fecondo.
Lasciamo che la preghiera faccia crescere in noi la libertà da ogni paura, il coraggio e l’audacia dell’amore, la fedeltà alle persone che Dio ci ha affidato e alle situazioni in cui ci ha posto, senza cercare evasioni o consolazioni a buon mercato. Impariamo, pregando, a vivere la pazienza di attendere i tempi di Dio, che non sono i nostri tempi, e a seguire le vie di Dio, che spesso non sono le nostre vie.
 
La preghiera sorgente d’amore
Un dono particolare che viene dalla fedeltà alla preghiera è l’amore agli altri e il senso della Chiesa: più si prega, più si prova misericordia per tutti; più vorremo aiutare chi soffre, più avremo fame e sete di giustizia, specie per i più poveri e deboli. Pregando, sentiremo come è bello essere nella barca di Pietro, docili alla guida dei pastori della Chiesa, solidali con tutti, sostenuti dalla preghiera comune, pronti a servire gli altri con gratuità, senza nulla chiedere in cambio.
Pregando, sentiremo crescere la passione per l’unità della Chiesa e di tutta la famiglia umana. La preghiera è la scuola dell’amore, perché è in essa che possiamo riconoscerci infinitamente amati e nascere sempre di nuovo alla generosità che prende l’iniziativa del perdono e del dono senza calcolo, al di là di ogni misura di stanchezza.
Pregando, s’impara a pregare e si gustano i frutti dello Spirito, che fanno vera e bella la vita. Pregando, si diventa amore, e la vita acquista il senso e la bellezza per cui è stata voluta da Dio. Pregando, si avverte sempre più l’urgenza di portare il Vangelo a tutti, sino agli estremi confini della terra. Pregando, si scoprono i doni infiniti dell’Amato e si impara sempre più a rendere grazie a lui in ogni cosa. Pregando, si vive. Pregando, si ama. Pregando, si loda.
E la lode è la gioia e la pace più grande del nostro cuore inquieto, nel tempo e per l’eternità.
 
Conferenza Episcopale Italiana
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