La possibilità di procreare un bambino con vie diverse dal classico rapporto coniugale, e cioè con l'ausilio della medicina e delle biotecnologie, è una realtà da almeno 50 anni. La svolta vera e propria avviene nel 1978, quando nasce la prima bambina concepita in vitro: l'ovulo della madre e lo spermatozoo del padre si sono incontrati in provetta.
Uno sguardo positivo
La famiglia e la coppia oggi sono inserite in un contesto scientifico e tecnologico che per molti aspetti si manifesta per la sua positività e bellezza, con interventi che migliorano la qualità della vita, sostengono la salute umana e arricchiscono di nuove dimensioni la persona. Non mancano però le “ombre”, perché non tutto è lineare nella scienza e perché non sempre è libera da interessi di tipo economico, commerciale o politico.
Nello spirito etico di Don Bosco e della famiglia salesiana, il confronto dialogico tra le diverse posizioni deve essere sempre privilegiato, soprattutto quando fondato su ragioni robuste, ma non si può abdicare alla propria coscienza e ai valori (anche quelli della fede) costruiti con sacrificio nell’arco della nostra vita.
Le inseminazioni artificiali classiche
La possibilità di procreare un bambino con vie diverse dal classico rapporto coniugale, e cioè con l’ausilio della medicina e delle biotecnologie, è una realtà da almeno 50 anni. L’uso di queste tecnologie ha avuto origine ovviamente con le prime applicazioni con animali, al fine di “produrli” a scopo commerciale e di mercato. Successivamente queste metodiche sono state applicate all’uomo, in particolare alle coppie sterili. Si trattava di inseminazioni artificiali, cioè fare in modo che un rapporto sessuale di coppia, con l’aiuto della tecnica, potesse essere fertile e quindi portare alla nascita del figlio desiderato. In questi primi tentativi, ancor oggi molto utilizzati, la medicina aveva semplicemente il compito di “aiutare” un atto fisico sessuale posto dalla coppia ad essere fecondo. Perciò solo questo tipo di procreazione si potrebbe chiamare propriamente “procreazione assistita”, perché il ruolo dell’equipe medica consiste soltanto nell’“assistenza” di un atto coniugale posto precedentemente dalla coppia.
La procreazione in vitro
La svolta vera e propria avviene nel 1978, quando nasce la prima bambina concepita in vitro (Louise Brown). Ovviamente, la nascita di questa bambina è avvenuta senza alcun rapporto sessuale da parte dei genitori: l’ovulo della madre e lo spermatozoo del padre si sono incontrati in provetta.
La possibilità di mettere insieme in provetta ovulo e spermatozoo di persone che non sono marito e moglie, ha portato non solo alla scissione dell’atto sessuale dalla procreazione, ma soprattutto alla presenza di “terze persone” nella procreazione: chi dona il seme, chi dona l’ovulo, chi presta-affitta il suo utero, ecc.
Questo tipo di procreazione, come si vede, ha cambiato (sconvolto?) la necessità di due soli genitori nella procreazione di un figlio, al punto che qualcuno ha parlato della possibilità di una “cooperativa di genitori”.
La posizione della Chiesa
Il Magistero ufficiale della Chiesa si è occupato di procreazione assistita da diversi decenni (Pio XII). Non sono quindi attendibili le posizioni – anche in seno al cattolicesimo – che la Chiesa è contraria a ogni intervento “artificiale” in materia di procreazione. Ciò è verificabile nei documenti ufficiali della Chiesa, a partire dagli interventi ai medici di Pio XII e soprattutto nei recenti documenti Donum vitae ed Evangelium vitae.
La Chiesa accetta la procreazione assistita a tre condizioni:
a) deve svolgersi all’interno di una coppia legata da un vincolo stabile, che generalmente è quello matrimoniale; b) deve essere effettuata con un comune rapporto sessuale, e non evitando il rapporto coniugale; c) non deve comportare interventi invasivi o rischi rilevanti a danno dell’embrione o del feto (questi tre criteri sono proposti nel documento Donum vitae).
Attualmente queste tre condizioni si verificano solo nella inseminazione artificiale tra marito e moglie, conseguente a un rapporto sessuale. Ogni altro intervento che prevede una terza persona, o un danno all’embrione o al feto o che non preveda l’atto sessuale è per la Chiesa inaccettabile.
Le ragioni del no alla procreazione in vitro
Negativo è il giudizio sulla procreazione in vitro, non nel suo essere “artificiale”, ma in tutta una serie di problemi – almeno sette – che sorgono in seguito al tentativo di realizzazione di questa tecnologia:
1) l’insuccesso di questa metodica;
2) l’enorme spreco di embrioni;
3) l’alta abortività, dal momento che il successo è solo del 15-20%;
4) la frantumazione antropologica e affettiva del legame sessualità-procreazione;
5) la presenza di terze persone, nel caso di donatore di ovuli o di spermatozoi;
6) una più grande proporzione di malformazioni o di malattie congenite;
7) gli effetti economici degradanti, che non sono indifferenti.
Si pensi alla compravendita di ovuli, di spermatozoi, di affitti di utero, dei costi strumentali delle strutture biomediche deputate alla realizzazione della fecondazione in vitro.
Valori in questione
L’artificiale nella procreazione è chiamato a rispettare l’unità della coppia e la difesa del nascituro. La non scissione tra atto unitivo e procreativo. La vita è un valore intangibile e indisponibile, soprattutto quando fragile e indifesa (embrionale). La presenza di una significativa quantità di malformazioni o malattie congenite. L’abortività alta: il successo è pari al 15-20%, quindi tutti gli altri embrioni o feti si perdono.
Confrontiamoci in Gruppo e in Famiglia
I valori morali della famiglia appartengono solo alla coppia o anche al nascituro? È corretto “disporre” del futuro della vita del nascituro? Possiamo parlare di un figlio “ad ogni costo”? Il notevole “spreco di embrioni” nella procreazione in vitro è già un fatto morale. Perché non è accettabile il coinvolgimento di una terza persona (donatore di seme, ovuli, prestito di utero...)?
Giovanni Russo
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