Fabrizio Giacomazzi, attore ed educatore, si specializza in Lingua e linguaggi ludico - teatrale presso.... Di Fabrizio Giacomazzi segnaliamo in particolare «Il silenzio nel deserto».
del 21 febbraio 2010
La regia teatrale dello spettacolo della Festa dei Giovani 2010 è a cura di Fabrizio Giacomazzi. Di seguito una suo breve profilo e la presentazione di uno dei suoi ultimi lavori.
 
 
Fabrizio Giacomazzi
 
Attore ed educatore, è nato a La Spezia nel 1959. Dopo l’esperienza di  insegnamento elementare, si specializza in Lingua e linguaggi ludico - teatrale presso l'Istituto per l'Educazione al tempo libero di Brescia in collaborazione con l'A.I.M.C. di Spoleto e in clownerie seguendo diversi laboratori e seminari tra cui quello del  Teatro all'Avogaria (Venezia).e  il Corso per attori del Teatro Stabile del Veneto diretto da Giulio Bosetti. 
Si è dedicato particolarmente al teatro per ragazzi curando parallelamente agli spettacoli, attività didattico-teatrali spesso con valenza sociale. Come attore-regista e autore lavora attulmente con lo Studio Associato Attori che ha fondato assieme ad Andrea Carretti
Tra gli spettacoli più recenti: 'Valigie' (2002); “Carteggio”  (2003) da lui scritti, diretti ed interpretati; e la regia di “Diamoci del noi” (2007)
E’ stato fra i protagonisti de “L'uomo di Arimatea” di M. Bagnara (2003) prod.Teatro Garage che ha debuttato al  Teatro Stabile di Genova.
 
 
Di Fabrizio Giacomazzi segnaliamo in particolare
Il silenzio nel deserto.
 
Il deserto del titolo allude a una frase di Madre Teresa che è una specie di preghiera: “Signore aiuta gli uomini e le donne che vorrebbero pregare, ma  non sanno farlo, ascolta il loro silenzio  e incontrali  lì, nel loro deserto.”
 Poche parole che sintetizzano il suo ruolo spirituale di tramite fra Dio e gli uomini, permeate da una commovente capacità d’ascolto e di accoglienza della Beata che fu vicina ai poveri e agli ammalati ma non solo: per il suo esempio di vita, la sua dolcezza e semplicità è ancora presente nella vita di tutti, ovunque e al di là della fede.
 
Siamo in una stanza d'albergo a Calcutta. Oltre le pareti,  lo spettacolo di una umanità immersa nell’ordinario quanto straordinario quotidiano, un arredo semplice e decoroso in contrasto con una recitazione sofferta desiderosa di riversare sul pubblico i desideri, le domande dei personaggi. Qui alloggiano un giornalista ed un fotografo mandati in occasione del processo di beatificazione di Madre Teresa. La presenza di lei aleggia  sullo sfondo della storia che racconta di due grandi solitudini, solo apparentemente differenti perché vestite con abiti diversi.
Leo e Manuel sono abituati ad una quasi inconsapevole inerzia di vita, chiusi nei loro personali deserti, l’uno mettendo alla sua macchina fotografica - ma ancor di più ai suoi occhi - il filtro dell’ironia e di una forzata superficialità che sola gli permette di sentirsi vivo; l’altro sostenendo una battaglia che è persa in partenza, proprio perché combattuta contro se stesso.
Solo arrendendosi a questo conflitto interiore Manuel riuscirà ad aprire uno spiraglio di quella porta che egli stesso si era chiusa dietro, tanto tempo prima, senza indulgenza e senza amore.
 
Questo è il deserto di cui parla Madre Teresa: l’assenza di Amore, per gli altri e per se stessi.
In ultima analisi è l’Amore il grande protagonista - frainteso, messo in discussione, sminuito, contestato e rifiutato - che si manifesta tramite Agnese, una strana suora, presenza indiscreta  e forse un po’ inquietante che si esprime, anche se non dichiaratamente, con le parole di Teresa. Ed è l’amore che trapela anche dalle parole semplici ma accorate del cameriere indiano che ha visto la propria vita cambiata dall’incontro con la Piccola Madre.
Forse questo deserto non è poi così irrimediabilmente arido se si riesce a trovare in sé la forza di una spinta verso la vita, verso la realizzazione dei nostri desideri attraverso l’amore che si manifesti, alla fine, anche solo con un sorriso.
 
 
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Per info: giacomazzifabrizio@libero.it  
Fabrizio Giacomazzi
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