La risposta alla crisi di fede viene dalla gioia delle GMG, "medicina contro la ...

Benedetto XVI ha “fotografato” l'Europa contemporanea, afflitta da quello che ha definito “il tedio dell'essere cristiani”, e l'ha opposta all'Africa ‚Äì da poco visitata con il viaggio in Benin ‚Äì dove invece si tocca con mano la “gioia dell'essere cristiani”...

La risposta alla crisi di fede viene dalla gioia delle GMG, 'medicina contro la stanchezza del credere'

da Teologo Borèl

del 30 dicembre 2011(function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk'));

“Il nocciolo crisi della Chiesa in Europa è la crisi della fede”. Un antidoto a questa crisi sono le GMG, vera “medicina contro la stanchezza del credere”. È quanto scaturisce dalla lunga riflessione di Benedetto XVI, offerta questa mattina alla Curia Romana nella tradizionale udienza prenatalizia. Il Papa ha ripercorso le tappe salienti dell’anno, concentrandosi in particolare sul tema della rievangelizzazione del Vecchio continente e individuando nelle Giornate mondiali della gioventù “cinque punti” per ringiovanire, ha detto, il “modo di essere cristiani”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

 

La differenza, alla fine dei conti, sta in due lettere, quelle che trasformano la noia in gioia. Benedetto XVI ha “fotografato” l’Europa contemporanea, afflitta da quello che ha definito “il tedio dell’essere cristiani”, e l’ha opposta all’Africa – da poco visitata con il viaggio in Benin – dove invece si tocca con mano la “gioia dell’essere cristiani”:

 

“Da questa gioia nascono anche le energie per servire Cristo nelle situazioni opprimenti di sofferenza umana, per mettersi a sua disposizione, senza ripiegarsi sul proprio benessere. Incontrare questa fede pronta al sacrificio, e proprio in ciò gioiosa, è una grande medicina contro la stanchezza dell’essere cristiani che sperimentiamo in Europa”.

Dunque il Nord ricco è, per le sorti della Chiesa, la parte oggi povera e impoverita rispetto al Sud del mondo. Al punto che il Papa ha creato strutture – come il dicastero per la Nuova evangelizzazione – e indetto periodi speciali, come l’“Anno della fede”, per cercare di invertire la rotta. E se “certamente occorre fare molte cose”, il “fare da solo – ha affermato con realismo – non risolve il problema”:

 

“Il nocciolo della crisi della Chiesa in Europa – come ho detto a Friburgo – è la crisi della fede. Se ad essa non troviamo una risposta, se la fede non riprende vitalità, diventando una profonda convinzione ed una forza reale grazie all’incontro con Gesù Cristo, tutte le altre riforme rimarranno inefficaci”.

“Come annunciare oggi il Vangelo?”. A questa che è la madre di tutte le domande per la Chiesa di oggi e di domani, Benedetto XVI ha offerto una risposta originale, traendola da un’approfondita disamina in cinque punti di ciò che le Gmg hanno portato in dote in questi decenni e da lui definite “una medicina contro la stanchezza del credere”. Punto primo, in esse si vive “una nuova esperienza della cattolicità, dell’universalità della Chiesa”, dove diversità di provenienze e culture si relativizzano nell’incontro con Cristo e nell’identico modo di celebrarlo:

 

“La comune liturgia costituisce una sorta di patria del cuore e ci unisce in una grande famiglia. Il fatto che tutti gli esseri umani sono fratelli e sorelle è qui non soltanto un’idea, ma diventa una reale esperienza comune che crea gioia”.

 

Da questo sentirsi una cosa sola e unita, per Benedetto XVI nasce – punto secondo – un “nuovo modo di vivere l’essere uomini, l’essere cristiani”. E qui, il Papa ha trovato alcune delle parole più incisive quando ha preso a modello quei 20 mila giovani volontari che per settimane o mesi si sono dedicati anima e corpo a organizzare l’ultima Gmg di Madrid:

 

“Questi giovani avevano offerto nella fede un pezzo di vita, non perché questo era stato comandato e non perché con questo ci si guadagna il cielo; neppure perché così si sfugge al pericolo dell’inferno. Non l’avevano fatto perché volevano essere perfetti (...) Questi giovani hanno fatto del bene – anche se quel fare è stato pesante, anche se ha richiesto sacrifici – semplicemente perché fare il bene è bello, esserci per gli altri è bello. Occorre soltanto osare il salto”.

Giovani che, in una parola, “non guardavano indietro, a se stessi”. Viceversa, ha stigmatizzato, specie per le strade del mondo occidentale i cristiani di oggi si comportano un po’ come la biblica moglie di Lot che, che “guardando indietro, divenne una statua di sale”: 

 

“Quante volte la vita dei cristiani è caratterizzata dal fatto che guardano soprattutto a se stessi, fanno il bene, per così dire, per se stessi! E quanto è grande la tentazione per tutti gli uomini di essere preoccupati anzitutto di se stessi, di guardare indietro a se stessi, diventando così interiormente vuoti, ‘statue di sale’!”. 

Al terzo punto, il Pontefice ha posto in risalto l’“adorazione” come elemento spirituale delle GMG, ogni volta teatro di un “intenso silenzio” davanti al Sacramento dell’Ostia, nonostante le folle sterminate o gli avversi elementi atmosferici come accaduto a Madrid. E assieme all’Eucarestia – quarto punto – a spiccare in questi grandi raduni giovanili la presenza del “Sacramento della Penitenza”, vissuto con quella “naturalezza” che altrove spesso manca. Il quinto punto si ricollega a ciò che Benedetto XVI aveva rilevato all’inizio, è cioè che la crisi economico-finanziaria che oggi minaccia l’Europa è anzitutto una “crisi etica”. Crisi che toglie quella “forza motivante” per cui diventa responsabile fare sacrifici, soprattutto pensando ai poveri. A questa crisi risponde il quinto requisito delle Gmg, la gioia, come risposta al “dubbio riguardo a Dio” che tanti nutrono e che inevitabilmente diventa un dubbio sull’uomo:

“Vediamo oggi come questo dubbio si diffonde. Lo vediamo nella mancanza di gioia, nella tristezza interiore che si può leggere su tanti volti umani. Solo la fede mi dà la certezza: è bene che io ci sia. È bene esistere come persona umana, anche in tempi difficili. La fede rende lieti a partire dal di dentro. È questa una delle esperienze meravigliose delle Giornate Mondiali della Gioventù”.

Il Papa – che in precedenza aveva elencato i viaggi internazioni e italiani compiuti nel 2011 – ha poi concluso con un pensiero particolare riguardo al recente incontro interreligioso di Assisi. “Abbiamo potuto incontrarci quel giorno – ha osservato – in un clima di amicizia e di rispetto reciproco, nell’amore per la verità e nella comune responsabilità per la pace”. Possiamo quindi sperare che da questo incontro sia nata una nuova disponibilità a servire la pace, la riconciliazione e la giustizia”.

Alessandro De Carolis

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