Il coraggio di ricominciare ...in Africa. In quei giorni di sosta ad Asmara, Luca è stato accompagnato in diverse realtà e ha potuto conoscere la situazione di povertà e di miseria di quel popolo. Ha capito le ragioni della fuga ma si è convinto anche della necessità di poter portare un aiuto direttamente sul luogo, cercando di utilizzare specialmente i giovani.
del 22 giugno 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
          Per Luca, un giovane della provincia di Carrara, il lavoro non andava che di male in peggio fino a quando alla fine del mese il proprietario della piccola azienda ha chiesto ai propri dipendenti di avere un po’ di pazienza per lo stipendio maturato. Le difficoltà economiche avevano messo in crisi l’attività e diventava difficile far fronte a diversi impegni. Luca iniziava un momento difficile. A casa i genitori borbottavano, chiedendogli maggiore grinta nel reclamare i suoi diritti o cercare un nuovo lavoro. Ma in giro c’era solo penuria.
          “Una situazione in cui non riuscivo a trovare il bandolo della matassa – ci racconta Luca –. Certo mi sarebbe piaciuto cambiare tante cose ma mi sentivo impotente. E allora sei costretto ad arrenderti, a mettere da parte i sogni, se ne hai. Ma io non ho voluto cedere. E ad aiutarmi è stato un collega di lavoro, eritreo, venuto in Italia attraverso un viaggio avventuroso e pericoloso nel deserto e poi su un barcone abbandonato alle onde del mare in cerca di un approdo verso una nuova vita. Mi ha raccontato le sue difficoltà e la voglia di riprendersi ogni volta. E mentre finalmente aveva trovato un porto sicuro a Carrara, ecco di nuovo il pericolo di perdere il lavoro. Mi ha invitato a conoscere la sua comunità etnica presente nella nostra provincia e ho incontrato delle persone provate dalla situazione di disagio ma anche decise nel desiderio di dare una certa stabilità alla loro condizione”.
          Luca ha ascoltato tante storie belle e tragiche nello stesso tempo. Di famiglie ricongiunte anche se clandestinamente e di altre purtroppo disperse in mare o uccise dal deserto. Il suo collega eritreo lo ha anche invitato a partecipare ad un viaggio sulla rotta di coloro che vengono in Italia. Questo viaggio viene compiuto periodicamente per incontrare i profughi arrivati e bisognosi di essere informati su tutto ciò che potrebbero incontrare. Lampedusa è stata la destinazione primaria dopo essere passati da alcuni paesi del basso Tirreno e della costa tirrenica della Calabria. In tutte queste realtà Luca, col suo amico eritreo, ha incontrato le diverse comunità più o meno insediate o pronte a un nuovo trasferimento per lidi più sicuri.
          “A Lampedusa, in quel periodo, abbiamo trovato l’inferno – continua a raccontare Luca – si poteva fare ben poco se non avvicinare i profughi per assicurarli e dar loro la forza di resistere e sperare in un immediato trasferimento in un’altra sede. Sono stati giorni intensi, carichi di emozioni, alle prese con una situazione che il buon senso avrebbe consigliato di affrontare in maniera diversa da come la legge obbligava. Dopo una settimana siamo partiti imbarcandoci su un peschereccio alla volta delle coste libiche. Siamo riusciti a sbarcare attraverso diverse traversie e dal giorno dopo ci siamo messi in marcia verso il deserto, dopo aver affittato una jeep sulla rotta dei profughi. Abbiamo incontrato diversi camion, autobus sgangherati colmi fino all’inverosimile di persone. In un’oasi abbiamo incontrato circa cinquecento persone, sudanesi ed eritrei. Con loro abbiamo cercato di dialogare per quanto era consentito farlo a causa della presenza dei mediatori, coloro che li avevano presi in carico, dopo il pagamento in contanti e anticipato del viaggio. Il mio amico eritreo sapeva districarsi molto bene dentro queste difficoltà e riusciva a parlare con la gente del suo popolo. Il viaggio si è concluso ad Asmara, da dove abbiamo poi fatto ritorno dopo un breve soggiorno”.
          In quei giorni di sosta ad Asmara, Luca è stato accompagnato in diverse realtà e ha potuto conoscere la situazione di povertà e di miseria di quel popolo. Ha capito le ragioni della fuga ma si è convinto anche della necessità di poter portare un aiuto direttamente sul luogo, cercando di utilizzare specialmente i giovani. Al ritorno a Carrara, l’azienda era ancora chiusa e le prospettive di riaprire erano quasi zero. Sono passati alcuni mesi e Luca non ha mai cessato di frequentare la piccola comunità eritrea, portando il suo aiuto e condividendo con loro ogni cosa.
          Una sera mentre era in casa di Amin, il suo collega di lavoro, apprende da quest’ultimo il desiderio di voler ritornare nel suo paese, visto la perdurante assenza di lavoro. Luca tenta di confortarlo e di convincerlo a rimanere in Italia, ma non ci riesce. Anzi si lascia convincere a fare anche lui questa scelta, ma per fare cosa?
          “Sono partito senza un minimo di consapevolezza ma con il desiderio nel cuore di realizzare qualcosa di utile per quella gente. Una volta arrivato mi sono guardato intorno e secondo quello che sapevo fare ho cominciato ad organizzare la gente impegnata nella pastorizia, avviando un processo di conoscenza fra di loro e pensando di creare una forma cooperativa che potesse dar vita a micro realtà, capaci di lavorare la lana, i prodotti caseari e la macellazione. Dopo un periodo di studio e di scetticismo da parte dei locali e attraverso la mediazione di Amin, sono riuscito a convincerli ad iniziare questa esperienza. Oggi sono presenti piccole realtà cooperative molto vive che hanno permesso di dare una nuova vita a dei villaggi prima abbandonati a se stessi. Di tutto questo devo essere grato ad Amin ma soprattutto alla fede che mi accompagnato per tutto il tempo, aiutandomi a vincere i momenti difficili passati prima di vedere realizzati i progetti pensati. Ormai sono due anni e mezzo che sono in Eritrea e il futuro è tra questa gente. Come? Mi affido totalmente a Colui che mi ha condotto fin qui”.
Michele Pignatale
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