Arriverà presto il momento in cui alla dogana di un paese straniero alla domanda: “Qualcosa da dichiarare?” dovremmo rispondere: “Sono maschio!”. Eh sì, perché ormai nulla è più certo nemmeno il nostro aspetto fisico che sino a ieri era rivelatore anche del nostro sesso. In Australia sul passaporto per i transessuali è possibile segnare un'altenativa a "M" o "F". Con conseguenze a tratti grottesche.
del 30 settembre 2011
 
          Arriverà presto il momento in cui alla dogana di un paese straniero alla domanda: “Qualcosa da dichiarare?” dovremmo rispondere: “Sono maschio!”. Eh sì, perché ormai nulla è più certo nemmeno il nostro aspetto fisico che sino a ieri era rivelatore anche del nostro sesso. Infatti, e ormai da tempo, c’è chi viaggia per il mondo e nel frattempo intraprende ben altri viaggi che lo condurranno a “cambiar sesso” (le virgolette sono d’obbligo dato che i geni che determinano il nostro sesso almeno per il momento non si cambiano).           Allora può nascere il seguente problema: Marco, che già si sente Anna anche se non ha ancora affrontato l’operazione, percepisce come una discriminazione che sui suoi documenti ci sia scritto ancora “maschio” e non “femmina”. Oltre a ciò fa osservare la senatrice laburista Louise Pratt, il cui compagno è un transessuale nato femmina (lo sappiamo: c’è da perdersi…), esiste il rischio che una giunonica ma apparente donna con decolté e gonna a fiori presenti all’ufficiale della dogana un passaporto in cui compare come “maschio”, ma le fattezze sono di altro tipo. E magari la foto era di qualche anno fa in cui il transessuale andava ancora fiero della sua folta barba e dei suoi neri mustacchi. Insomma una fisiognomica ambigua può creare un certo imbarazzo e talvolta, racconta la cronaca, l’imbarazzo si è mutato in un fermo di polizia, tanto per dare il tempo alle forze dell’ordine di apprezzare e condividere le scelte di genere del futuro trans.          La questione per il suo indiscusso peso antropologico è stata vagliata dal governo australiano il quale ha escogitato una trovata degna del miglior Kafka: sul passaporto della persona in attesa dell’operazione accanto ai simboli “M” e “F” si potrà apporre una bella “X”. Ovviamente solo dopo aver presentato certificato medico attestante la futura operazione. Avvenuta l’operazione, Mr. X potrà optare a suo piacere per le altre due rimanenti lettere dell’alfabeto.          Qualche considerazione. In primis non vorremmo essere nei panni di quel transessuale in fieri che si troverà ad esempio in qualche aeroporto dell’Arabia Saudita o dell’Iran. Non solo perché crediamo che certi panni stiano bene solo alle fanciulle naturalmente pettorute, ma perché presentarsi come membro del gentil sesso pur non facendone parte è operazione a dir poco ardimentosa in alcune parti del mondo, soprattutto di area islamica, nelle quali non si riesce sempre a spiegarsi con agio su tali questioni che appaiono per lo più indigeste alla sensibilità musulmana. I transessuali avranno pure il loro orientamento sessuale, ma lasciamo che anche gli islamici abbiano i loro orientamenti culturali.          In secondo luogo la vicenda dei trans-frontalieri, che girano per il mondo con tanto di timbro X attestante la loro sessualità ad interim, è assai significativa della strategia del mondo gay. La faccenda è sottile. Qui non si vogliono indicare sui documenti identificativi le proprie preferenze sessuali: etero, omo-gay, omo-lesbo, bisex. Questa è una meta che sicuramente ingolosisce la galassia dei diversamente etero, ma che non appare realisticamente raggiungibile nell’immediato. Nel caso di specie - se vogliamo - la posta è ben maggiore, perché in ballo non c’è il gusto sessuale, il “mi piace la donna o l’uomo”, ma l’identità, il “chi sono io”. Come in grammatica greca c’è il genere maschile, femminile e quello neutro, così anche per la sessualità ci deve essere una condizione di neutralità (che tra l’altro profuma intensamente di politicamente corretta perché super partes). Da una parte quindi quella X indica la volontà di creare un nuovo sesso che in realtà non c’è, perché appunto né maschio né femmina. E’ la perfetta declinazione sessuale della rivoluzione comunista che vuole abbattere ogni differenza specifica. In questo senso è la situazione di vita eccellente che dovrebbe essere preferita alle altre perché sublimazione dei vincoli materiali-biologici, superamento dello status quo e quindi espressione della massima libertà. Pienamente realizzato e felice perché sono nessuno, sono indistinto, e quindi aperto a qualsiasi possibilità futura.          Dall’altro quella X fotografa esattamente la psicologia del transessuale che di suo è appunto in transito da un luogo A ad un luogo B. L’aspirante trans che, non ancora operato, è in viaggio verso B, non vive più la condizione di maschio ma non è ancora femmina ed è quindi per paradosso più trans degli altri suoi “colleghi” già approdati al cambiamento.          In terzo luogo è curioso, ma se vogliamo anche corretto, che si sia scelta la lettera X, la quale in matematica indica l’incognita, un fattore che ha una sua identità e che allo stato attuale però non conosciamo. Ma se nella scienze matematiche il valore è già dato, sebbene non ancora scoperto, nelle scienze alchemiche che interessano il cambiamento di sesso, il simbolo che si cela dietro alla X è già deciso dal transessuale. Insomma una gestibilità della propria e cosiddetta “identità di genere” che pare un’applicazione da iphone, un’”app-trans” .          Ma la X rimanda anche ai cromosomi, che guarda caso sono XX nella donna e XY nell’uomo, le lettere fondamentali del nostro essere persona, cifre biologiche immutabili nonostante tutte le operazioni chirurgiche e tutte le terapie ormonali del mondo. Allora la scelta della lettera X compiuta dal Dipartimento degli Esteri australiano forse inconsapevolmente vuole minare sostituendola la grammatica genetica che forma il racconto di tutta la nostra esistenza. Come Voltaire incoraggiò a bruciare tutte le leggi finora esistenti per farne delle nuove, così questa X artificiale dovrebbe spazzar via quelle X e Y vergate nelle nostre carni da madre natura come leggi perenni.          Tale tesi è comprovata dal fatto che questa vicenda inverosimile ha già avuto un seguito inquietante. Sempre il Dipartimento degli Esteri fa sapere che in alcune nazioni il passaporto è documento identificativo secondario. Più spesso fa fede il certificato di nascita. Si suggerisce quindi di importare anche per questo documento l’espediente disneyano della X. Le comunità transgender e intersex esultano. Allora viene da domandarsi: ma c’è qualcuno che nasce con già la volontà di cambiare sesso? E’ innata la condizione di non essere né maschio né femmina? Ma se è solo l’adulto che decide di cambiar sesso, come si fa a retrodatare alla nascita questa stessa decisione? Siamo in piena retroattività sessuale.           E dunque in conclusione il trinomio “M-F-X” diventa l’innovativa schedina della sessualità non più declinata secondo la biologia, ma secondo l’ideologia. E dato che il “pensiero gaio” brilla nel partorire sempre nuovi neologismi, per non sentirci discriminati anche noi ne vogliamo coniare uno di zecca: la biodeologia. Il tentativo studiato a tavolino di sovvertire le regole di natura al fine di creare l’uomo nuovo, tanto nuovo da non avere identità alcuna, ricondotto ad una chimerica condizione di neutralità e quindi plasmabile come si vuole. Come il fango da cui Dio trasse il maschio, materia inerte che poteva diventare un qualsiasi oggetto o rimanere fango. Idea questa però per niente nuova come insegna il Faust di Goethe.
Tommaso Scandroglio
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