In Italia è in atto una profonda trasformazione del sistema educativo d'istruzione e formazione, che comprende tutti i percorsi di studio.Come MGS siamo chiamati a conoscere per interpretare, guardando al nostro carisma salesiano, quanto sta avvenendo per dare una risposta innovativa e così continuare la nostra missione anche nell'ambiente scuola. Vogliamo allora approfondire, attraverso alcuni contributi, cosa si intende per formazione ed educazione nell'ambiente scuola secondo la tradizione salesiana.
del 01 gennaio 2002
“Se i tuoi progetti mirano ad un anno…. Semina il grano;
Se i tuoi progetti mirano a dieci anni…. Pianta un albero;
Se i tuoi progetti mirano a cent’anni…. Educa il popolo.
Seminando il grano… raccoglierai una volta;
Piantando un albero… raccoglierai dieci volte
Educando la gente… raccoglierai cento volte”.
(Lao – Tze, VI secolo AC)
“Le idee di don Bosco sull’educazione e sull’insegnamento e la missione attuale della scuola”
Il titolo è quello di un preziosissimo opuscolo di don Francesco Cerruti, scritto nel 1886, due anni prima della morte di don Bosco. La cosa migliore è quella di riportare un lungo passo in cui, con accenti accorati, don Bosco parla della sua concezione della scuola e del fatto che purtroppo non è riuscito a farsi capire neanche al termine della sua vita.
Afferma don Bosco: “Questa educazione, formata tutta su classici pagani, imbevuta di massime e sentenze esclusivamente pagane, impartita con metodo pagano, non formerà mai e poi mai, ai giorni nostri segnatamente in cui la scuola è tutto, dei veri cristiani. Ho combattuto tutta la mia vita -seguitò don Bosco con accento di energia e di dolore- contro questa perversa educazione, che guasta la mente ed il cuore della gioventù ne’ suoi più begli anni: fu sempre il mio ideale riformarla su basi sinceramente cristiane. A questo fine ho intrapreso la stampa riveduta e corretta dei classici latini profani che più corrono per le scuole; a questo fine incominciai la pubblicazione dei classici latini cristiani, che dovessero con la santità delle loro dottrine e dei loro esempi, resa più vaga da una forma elegante e robusta ad un tempo, completare quel che manca nei primi, che sono il prodotto della sola ragione, render vani possibilmente gli effetti distruttori del naturalismo pagano e riporre nell’antico dovuto onore quanto anche nelle lettere produsse di grande il Cristianesimo. […] Ed ora vecchio e cadente me ne muoio col dolore, rassegnato sì, ma pur sempre dolore, di non essere stato abbastanza compreso, di non aver pienamente avviata quell’opera di riforma nell’educazione e nell’insegnamento, a cui ho consacrato tutte le mie forze e senza cui non potremo giammai, lo ripeto, aver una gioventù studiosa schiettamente ed interamente cattolica”.
L’autore, Francesco Cerruti, a proposito dell’aspetto formativo della scuola, precisa anche: “Sarebbe ben ingenuo chi credesse bastare a tal effetto quell’una o due ore settimanali di catechismo; questo non equivarrebbe ad altro che ad un bicchier di vin buono in una botte d’aceto”.
Dalle affermazioni di don Bosco e dalle riflessioni di don Cerruti è facilmente arguibile che essi intendevano la funzione della scuola e dell’insegnamento come finalizzati alla formazione di una mentalità fondamentalmente indirizzata verso principi che si rifanno ai dettami evangelici, criticamente aperta e capace di giudizi.
Don Juan Vecchi: l’evangelizzazione è la ragione ultima della scuola cattolica
Don Juan Vecchi (VIII successore di Don Bosco) risponde ad una domanda: la scuola cattolica è portatrice di formazione e di evangelizzazione di per se stessa o per far ciò deve diventare pretesto per altri interventi di natura religiosa, quali la proposizione dottrinale, la preghiera in comune, le celebrazioni liturgiche, gli esercizi spirituali, l’associazionismo? In altre parole: la scuola serve solo a raccogliere utenza per poter poi essere evangelizzata con altri strumenti, esterni al momento didattico proprio delle discipline?
Scrive don Juan Vecchi : «In primo luogo risulta chiaro che l’evangelizzazione è la ragione ultima della scuola cattolica in quanto tale. Evangelizzare attraverso la scuola significa infatti illuminare con la luce del Vangelo l’educazione, i processi di crescita e l’esperienza scolastica del giovane e dell’adulto. L’identità culturale e pedagogica della scuola cattolica dunque non si esaurisce in qualche elemento particolare istituzionalmente assicurato, come l’insegnamento religioso, le celebrazioni e la presenza di gruppi interessati alla catechesi. È l’esperienza educativa nella sua globalità che va “evangelizzata”. Ciò postula una propria vita di evangelizzazione diversa da quella delle parrocchie, dei movimenti ecclesiali o degli stessi oratori.
Del momento didattico vanno scoperte e attivate tutte le possibilità educative: l’informazione scientifica settoriale, lo sviluppo delle capacità intellettive, il coinvolgimento totale della persona nel contatto con la realtà, la formazione progressiva di una visione del mondo, i valori connessi a ciascuna area della conoscenza, gli interrogativi che provoca il rapporto personale che si stabilisce con coloro assieme ai quali si lavora nella ricerca”.
Cioè, a parere di don Vecchi, la scuola forma ed evangelizza secondo le modalità del momento didattico, perché informa, sviluppa, coinvolge, forma ad una visione della realtà, prospetta valori, provoca interrogativi, stabilisce rapporti.
In ultima analisi la funzione della scuola è quella di sviluppare il senso critico, creare mentalità, formare orientamenti, indurre valori. Non è possibile né efficace proporre momenti specifici religiosi, sicuramente necessari, se il terreno non è adatto ad accettarli: di qui la necessità di un lavoro globale, paziente, continuato. La scuola “necessariamente” orienta e crea mentalità, proprio perché l’ambiente, in cui si è inseriti, e gli insegnanti non possono fare a meno di esprimere se stessi come sono e come pensano.
Don Pascual Chavéz: La scuola continua ad essere una piattaforma privilegiata di educazione
È estremamente utile riportare il suo pensiero.
“Sin dall’inizio la Famiglia Salesiana si presentò come un’istituzione educativa, saldamente radicata alla scuola. Così don Bosco che, fin dai primi anni della sua attività a Valdocco, introdusse con creatività il settore scuola al centro del suo apostolato giovanile, conservando in esso la finalità, il clima e i criteri oratoriani, e cercando di fare di ognuna delle due opere ‘una casa che accoglie, una parrocchia che evangelizza, una scuola che avvia alla vita, un cortile per incontrarsi’. Di pari passo alla sua espansione mondiale, la congregazione si è convertita in un grande movimento di diffusione della scuola popolare e cattolica in un duplice flusso: di adeguamento alla realtà propria di ogni paese e di trasformazione attraverso il contributo del carisma salesiano e della originalità del suo metodo educativo. In questo processo i Salesiani sempre si sono lasciati guidare dalla convinzione, convalidata dall’esperienza, che la scuola sia un ambiente privilegiato per l’educazione, un elemento valido per la promozione umana, una piattaforma di evangelizzazione straordinariamente efficace.
Dall’analisi delle statistiche emerge con chiarezza l’importanza che la Famiglia Salesiana ha sempre dato alle istituzioni di educazione formale: scuole elementari, medie e superiori, istituti tecnici, scuole agricole, centri di formazione professionale, politecnici, università, istituti di magistero, centri di alfabetizzazione, scuole missionarie, parrocchiali, serali, festive. Ma non si tratta soltanto di quantità. Si è cercato sempre di garantire la qualità dell’educazione.
Certo, non sono mancati momenti di contestazione e di crisi, nei quali la validità educativa e pastorale dell’istituzione ‘scuola’ è stata messa in dubbio. Ma, pur senza ignorare limiti e deficienze, si è puntato a rinnovarne il modello, cercando risposte sempre più coerenti e contestualizzate alle nuove sfide pedagogiche e pastorali. Non c’è dubbio che fra la scuola d’oggi e quelle di trent’anni fa – per non dire di cento anni fa – esiste un’abissale differenza, persino a livello architettonico e di impiantistica. Oggi è pacifico per noi parlare di comunità educativo pastorale, di progetto, di nucleo animatore, di dimensione culturale della scuola, della sua finalità evangelizzatrice, di animazione pastorale, di protagonismo giovanile, di educazione integrale, di rapporto e influsso nel territorio…
Il fatto che la missione salesiana si centri sull’educazione non vuol dire che questa si circoscriva al mondo della scuola. I campi dell’educazione e della cultura sono ben più ampi, e presentano aspetti e sfumature che superano le potenzialità della scuola, per la presenza di numerose altre agenzie educative. È evidente, tuttavia, che essa continua ad essere una piattaforma privilegiata di educazione, dialogo e confronto culturale, e perciò di trasformazione della società. Questa preminenza della scuola sul resto si spiega con la coincidenza e durata dei processi educativi iniziali, con i ritmi e le procedure accademiche, con la molteplicità, diversità e complementarietà degli interventi educativi che di realizzano lungo l’anno scolastico; con la quantità di persone coinvolte; con la ricchezza e qualità di rapporti interpersonali tra allievi e maestri, studenti e professori, educatori ed educandi, perché l’educazione è una questione di trasmissione non solo di nozioni, idee, saperi, ma ancor più di valori, esperienze, visioni della vita; infine, con l’accompagnamento personale che si può offrire ai giovani nella ricerca del senso della vita e nella scoperta della propria vocazione”.
Più fortunati noi che don Bosco
Una domanda si impone se consideriamo il contesto e la normativa inerente alla riforma scolastica: quale opportunità viene offerta oggi per l’inculturazione del carisma salesiano? La risposta è la convinzione che ci si apra un cammino complicato, ma favorevole, se ci immettiamo con intelligenza su questa strada.
Prendiamo come esempio un documento (Profilo educativo, culturale e professionale dello studente alla fine del secondo ciclo di istruzione) che riteniamo di primaria importanza perché indica, e in qualche modo impone, quale deve essere il profilo educativo, culturale e professionale dello studente alla fine del secondo ciclo di istruzione per gli istituti dell’istruzione e della formazione professionale. La lettura di tale documento lascia stupefatti e perplessi perché il profilo che dovrebbe avere il giovane non è solo alto, ma altissimo. Vengono recepite istanze educative che possiamo “informare” con il bagaglio della tradizione salesiana e sono anche abbastanza vicine alla nostra idealità.
Secondo il documento, il secondo ciclo è finalizzato alla crescita educativa, culturale e professionale dei giovani; allo sviluppo dell’autonoma capacità di giudizio; all’esercizio della responsabilità personale e sociale. Il giovane innanzitutto deve prendere coscienza della propria identità, attraverso la conoscenza di sé, la relazione con gli altri, l’orientamento. Sono nominati una lunga lista di strumenti culturali: deve, per esempio, riconoscere l’identità spirituale e materiale dell’Italia e dell’Europa; deve collocare la riflessione sulla dimensione religiosa e l’insegnamento della religione cattolica impartito secondo gli accordi con lo Stato; deve possedere un sistema di valori, coerenti con i principi e le regole della convivenza civile, in base ai quali valutare i fatti ed ispirare comportamenti individuali e sociali. Tra le cose positive che la riforma sottolinea vi è la centralità della persona e la priorità dell’apprendimento dell’allievo rispetto alla disciplina insegnata.
Come si può notare, da questo punto di vista, siamo più fortunati noi che don Bosco ai suoi tempi: dietro queste indicazioni non è difficile fare un discorso nel quale inserire il nostro carisma.
La Redazione GxG
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