La Sfida EducativaSintesi di alcuni dati empirici 6

Per comprendere le trasformazioni delle dinamiche educative nella società italiana ha una particolare importanza l'analisi di come i ragazzi gestiscono il tempo libero che hanno a disposizione durante i giorni feriali che in media è di circa 3 ore...

La Sfida EducativaSintesi di alcuni dati empirici 6

da Quaderni Cannibali

del 03 novembre 2009

 

Tempo libero, mass media e sport

 

Per comprendere le trasformazioni delle dinamiche educative nella società italiana ha una particolare importanza l’analisi di come i ragazzi gestiscono il tempo libero che hanno a disposizione durante i giorni feriali che in media è di circa 3 ore (cfr. Buzzi, Cavalli, de Lillo 2007).

 

 

Per i ragazzi tra i 15 e i 24 anni, le attività praticate almeno una volta nei tre mesi precedenti l’intervista sono le seguenti: andare al cinema (79,7%), andare in discoteca (76%), praticare uno sport (56,8%), assistere a una manifestazione sportiva (47,3%), andare in biblioteca (38,6%), andare a teatro (19,6%). Per quanto riguarda i consumi mediali, la televisione ha sempre un ruolo guida: il 40,6% degli intervistati la guarda dalle 2 alle 4 ore al giorno, il 9,1% degli intervistati la guarda più di 4 ore al giorno. Il numero di spot pubblicitari che mediamente un bambino guarda in un anno attraverso la televisione è 31.500, la media è di 90 al giorno.

 

Dalla ricerca Bambini multimediali (D’Amato 2006) emergere che guardare la TV è l’attività prevalente (31%) per la fascia di età 5-13 anni, lo studio si attesta come seconda attività al 20%, vengono poi «uscire» (16%), «giocare in casa» (12%), «giocare fuori casa» (7%), «fare sport» (6%), «videogame» (4%), «computer» (2%), «leggere giornalini» (1%) e «leggere libri» (1%). Le trasmissioni per ragazzi diffuse dai canali generalisti in Italia non occupano uno spazio privilegiato, nonostante i dati continuino ad affermare che la più grande costanza di ascolti televisivi è quella dei bambini e dei ragazzi che guardano la TV più di tutti e per più tempo di tutti.

 

Eppure le ore dedicate espressamente a loro nell’ambito dei palinsesti sono relativamente poche, uno sguardo ai palinsesti è sufficiente a mostrare la sovrapposizione oraria dei programmi per bambini nelle prime ore del mattino (RAI Due e Italia 1 dalle 7 alle 9) e l’analoga situazione pomeridiana (RAI Tre e Italia 1). È anche per questo che si assiste sempre più frequentemente all’uso indiscriminato di TV per adulti fruito anche dai bambini nelle ore pomeridiane e soprattutto in quelle della prima serata.

 

I ragazzi si accostano alla Tv, e più in generale alle nuove tecnologie, in grande autonomia che in molti casi diventa vera e propria solitudine, come emerge dal Settimo rapporto nazionale sulla condizione della infanzia e dell’adolescenza. Più della metà dei ragazzi (54%) dichiara di avere il computer nella propria stanza e di navigare da soli (75%), prevalentemente il pomeriggio (63%) e la sera (29%). Lo stesso vale per la televisione: dove il 16% dei bambini tra i 7 e gli 11 anni guarda da solo programmi con il bollino rosso. La rete è anche un luogo rischioso: il 17% dei ragazzi e il 20% dei bambini dichiarano di essere stati infastiditi da un adulto in chat, il 22% degli adolescenti dichiara di aver incontrato dal vivo e da solo una persona conosciuta tramite Internet, definendo l’incontro pericoloso nel 5% dei casi.

 

I ragazzi, però, raramente si confidano su questi aspetti: circa il 30% del campione non ha mai parlato con nessuno di queste esperienze negative vissute in Rete; anche quando lo fa, raramente si rivolge ad un genitore (13%). Nella ricerca Bambini connessi, condotta nel 2008 da Save the Children, emerge che il 52% degli intervistati (età compresa tra 11 e 14 anni), ritiene che in rete i coetanei fingano di essere qualcun altro, il 46,7% ritiene che pubblichino foto senza averne avuto l’autorizzazione dagli interessati, il 51% che raccontino cose non vere, il 41,8% che siano in chat con persone adulte senza esserne consapevoli, il 34,7% che cerchino materiali pornografici e il 41,3% che ricevano inviti da parte di sconosciuti.

 

Come si è visto praticare sport è una delle attività principali nel tempo libero dei ragazzi. Ma che valenza culturale ed educativa ha questa attività nella vita dei ragazzi? L’indagine Istat (2005) Lo sport che cambia. I comportamenti emergenti e le nuove tendenze della pratica sportiva in Italia, offre interessanti spunti di riflessione. Perché si pratica una attività sportiva? Gli uomini rispondono per passione/piacere (70,1%), per svago (51,8%), per mantenersi in forma (44,8%), per scaricare lo stress (24,8%) e per frequentare altre persone (20,8%), per stare in mezzo alla natura (12,2%), per i valori che lo sport trasmette (9,3%).

 

Ai primi posti nella graduatoria delle motivazioni indicate dalle donne troviamo invece il tenersi in forma (56,3%), seguito dalla passione/piacere (51,6%) e dallo svago (46,8%). Le donne, inoltre, attribuiscono maggior valore alle potenzialità terapeutiche dello sport: il 16,6 per cento di esse, infatti, dichiara di praticare sport a scopo terapeutico contro, appena, il 5,9 per cento degli uomini. Riferendosi ai ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 17 anni, la ricerca individua quattro tipologie: gli sportivi onnivori, gli sportivi tecnologici, i sedentari culturalmente attivi, gli inattivi. Il primo gruppo (il 25,7% della popolazione di età compresa tra gli 11 e i 17 anni) si caratterizza per altissimi livelli di pratica sportiva e per una diffusa partecipazione alle attività culturali. La cultura dello sport si coniuga dunque con una disponibilità alla sperimentazione e alla polisportività (in media ogni individuo dichiara 1,5 attività sportive praticate).

 

Per quanto riguarda i motivi che spingono alla pratica, gli sportivi di questo gruppo forniscono in media un numero maggiore di motivazioni, dovuta al fatto che lo sport è vissuto come una autentica esperienza formativa. Gli sportivi tecnologici (il 28,8% del campione), associano la pratica sportiva ad un uso assiduo delle nuove tecnologie, per loro lo sport (in particolare il calcio) è anche o soprattutto spettacolo, visto e giocato. La passione e il piacere di fare sport sono le motivazioni prevalenti. I sedentari culturalmente attivi (20,8%), soprattutto ragazze, non praticano sport (nel 70,3% dei casi) per mancanza di tempo. Gli inattivi, il 24,8% del campione, non pratica sport per problemi strutturali economici o logistici e non sa dire con certezza quante ore al giorno guarda la televisione, segno di un uso frammentato della tv durante l’intera giornata. Un dato preoccupante connesso alla pratica sportiva è la diffusione del doping un fenomeno che, per tanti motivi, non è facile indagare.

 

Alla luce degli studi (peraltro non numerosi) finora condotti (cfr. Ias 2004), si può affermare che circa il 5% dei bambini e degli adolescenti praticanti attività sportiva agonistica fa uso di sostanze dopanti (il dato è più alto in alcuni sport individuali, come il ciclismo e nella fascia di età compresa tra i 16 e i 17 anni). Altri dati preoccupanti riguardano le percentuali di uso proiettato che sono molto più alte (e raggiungono valori fino al 15-20%), la scarsa conoscenza delle sostanze dopanti e dei loro possibili effetti per la salute, l’elevata percentuale (poco meno del 40%) di maschi che praticando uno sport hanno verso il doping un atteggiamento non contrario (cfr. Sanguanini, Fumagalli, Filippi 2004).

 

La valenza educativa dello sport praticato negli oratori, un elemento portante dell’educazione italiana del secondo dopoguerra sembra, almeno in parte, tenere. Una recente indagine conoscitiva sulla funzione dello sport negli oratori della Lombardia, realizzata dall’Università Cattolica, mostra che lo sporto è accolto negli oratori nel 27% dei casi come momento di aggregazione, nel 20% dei casi come momento di educazione, nel 15% dei casi come fatica, nel 10% dei casi come occasione di agonismo e nel 28% dei casi come divertimento.

 

 

AA.VV.

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