La sofferenza piu' diffusa: crisi della famiglia

ho come l'impressione che si tenda ad assolutizzare questo sentimento (l'amore), perdendo di vista la realtà...ci troviamo in un' epoca dove i veri valori, i veri sentimenti e la verità si trovano soppressi dal nostro egoismo...

La sofferenza piu’ diffusa: crisi della famiglia

da Quaderni Cannibali

del 10 novembre 2009 La sofferenza piu’ diffusa: crisi della famiglia

 

Noi non li conosciamo bene i ragazzi di oggi: altrimenti non ne parleremmo spesso con tanta superficialità.

 

 

La realtà è che moltissimi tra loro hanno già attraversato - magari fin da bambini - sofferenze molto grandi e le hanno affrontate con grande maturità, con una capacità di sopportazione, con una volontà di bene, con una pazienza che hanno dell’eroismo.

Ci sono lacrime che dal cuore non arrivano agli occhi: così dice una ragazza, parlando di come si sente di fronte all’estraneità ormai normale tra i suoi genitori, ci sono prove nella vita che “ti distruggono dentro”. La miseria, la povertà, i lutti, la guerra - prove che hanno segnato tante persone delle generazioni precedenti - possono anche non essere state così devastanti, così generative di un senso di impotenza e di sfiducia nella possibilità di un riscatto.

 

La ragione più frequente delle loro sofferenze sono i “casini” dei genitori, la crisi della vita famigliare: le parole grosse, i litigi, i tradimenti, fino alla disperazione di vedere lentamente la propria famiglia disfarsi, con l’inevitabile trafila giudiziaria, le separazioni, i doveri conseguenti (trascorrere il week-end con il genitore con cui non si vive più, ecc..).

Il ragazzo che percepisce di non poter fare più nulla per contribuire a ricomporre una situazione critica, che magari si trascina già da tempo, l’accetta ma questa prova lo getta in uno stato di apatia, se non in un vero e proprio incubo che segna irreversibilmente la sua personalità e la sua anima.

 

Parliamo spesso di famiglia: per molti ragazzi essa è l’ideale da riconquistare nel corso della propria vita, il rifarsi una propria famiglia dopo l’esperienza del fallimento di quella originale.

 

Quanto dolore, quanta delusione, quanto sconforto c’è nel vedere esaurirsi l’amore tra i propri genitori: al ragazzo crolla la terra sotto i piedi, prova il senso dell’abbandono e un grande disorientamento, vede incrinarsi la fiducia negli adulti, che in qualche modo - pur senza volerlo - gli stanno facendo del male.

 

Eppure tanti tra loro hanno vissuto questi passaggi con grande intelligenza: hanno conosciuto la complessità del mondo moderno fin da piccoli e hanno sviluppato forti meccanismi di difesa, amano i loro genitori, comprendendone le difficoltà e non giudicandoli, collaborano per quanto possibile con essi per evitare di peggiorare le problematiche, sanno sacrificare la propria istintività nell’accettazione, per esempio, di familiari acquisiti dalle nuove convivenze dei coniugi separati…

 

Sono cresciuti in fretta, hanno imparato in fretta a cavarsela anche nelle faccende pratiche di tutti i giorni, hanno dovuto in fretta rinunciare alla spensieratezza della loro età, hanno affrontato problemi più grandi di loro, magari tenendo sotto controllo anche la situazione scolastica…..Come non stimarli? Come non accorgersi e riconoscere quanta serietà,  quanta sapienza abbiano sostenuto tutto questo?

 

Ma la rabbia e la delusione, la ferita del sogno infranto rimangono dentro.

Con grande stupore ho letto questo giudizio di una ragazza di sedici anni, che dice a proposito delle incomprensioni dei suoi genitori:

 

“ho come l’impressione che si tenda ad assolutizzare questo sentimento (l’amore), perdendo di vista la realtà”

 

”ci troviamo in un’ epoca dove i veri valori, i veri sentimenti e la verità si trovano soppressi dal nostro egoismo”.

 

Non sarebbe il caso di darle retta?

 

TESTO

 

La famiglia nella nostra società conosce profondi processi di trasformazione (aumento delle separazioni, innalzamento dell’età di formazione, unioni di fatto, PACS, unioni omosessuali…), spesso al centro del dibattito politico e culturale. Rifletti sul valore della comunità famigliare ed esprimi i tuoi giudizi nel merito.

 

La famiglia nella nostra società è sempre stata considerata come un nucleo importante e, secondo l’articolo 29 della Costituzione italiana, è fondata sul matrimonio.

Ai giorni nostri però la famiglia non si basa più solo sul matrimonio. Infatti è considerata per me famiglia anche l’unione di due persone senza il matrimonio e con figli ovvero le persone che convivono.

 

Secondo il mio punto di vista, questo fatto può avere sia aspetti negativi che aspetti positivi.

 

Uno degli aspetti positivi è sicuramente il fatto che al giorno d’oggi, per chi anche si sposa in Chiesa, piuttosto che giurare e promettere davanti a Dio che si passerà il resto della propria vita con la persona che in quel momento si è convinti di amare, per poi invece separarsi e divorziare, allora è meglio non promettere niente a nessuno ed andare semplicemente ad abitare insieme senza alcun tipo di legame.

 

Al giorno d’oggi divorziare è diventato quasi un hobby, una moda, insomma è all’ordine del giorno. Non lo condivido, in particolare per le coppie che hanno figli, perché non si rendono minimamente conto di quanto essi possono soffrire e di quanto possono sentirsi non capiti. Non si rendono conto di quante notti i loro figli piangono e di quanto desiderano potersi svegliare alla mattina e rendersi conto che era stato solo un brutto sogno. E invece l’incubo incomincia proprio quando ci si sveglia e non c’è niente che tu possa fare o dire per cambiare quella brutta, strana e pesante situazione.

 

Comunque, non volendone fare una questione personale, continuo col dire che ci sono anche coppie, però, che al minimo problema, alla prima crisi e davanti a un piccolo ostacolo, chiedono la separazione o divorzio che sia, con la stessa facilità con cui si compra una casa.

 

Sotto questo punto di vista io sono molto tradizionalista e preferisco le famiglie di un tempo ormai troppo lontano dal nostro. Quelle famiglie semplici e tradizionali, pi√π forti, pi√π credenti nel matrimonio e non facili da spezzare.

 

Quelle che ora si definiscono famiglie sono per lo pi√π formate da persone con alle spalle un matrimonio fallito, che si risposano con persone che sono a loro volta nella medesima situazione con figli. Tutto questo senza aver la minima considerazione nei confronti di questi ultimi, senza provare a chiedersi se stanno bene, se sono sereni.

 

In questo periodo uno dei temi al centro del dibattito politico è anche la questione dei gay, che non solo vogliono avere il diritto di sposarsi ma anche quello di poter adottare un bambino.

Cosa ne penso io?

 

Tenterò di esprimere quello che penso al meglio possibile e direi che in generale reputo tutto ciò un grande “schifo”, uno scandalo. Reputo infatti la richiesta di queste persone, quella di poter adottare bambini, un insulto a quelli che sono i valori e le dimensioni dell’educazione di un figlio. Ma come possono anche solo pensare di poter crescere una creatura?

 

Come può un bambino crescere, diventare un uomo con due figure dello stesso sesso o addirittura con persone travestite? Un bambino che per di più potrebbe aver perso i genitori o peggio ancora essere stato abbandonato, ha bisogno di una famiglia in cui si distinguono bene i ruoli, in cui ci sia una figura femminile e una maschile, in cui il piccolo possa identificarsi.

 

Secondo me queste persone non pensano e non si rendono conto, oppure ne sono consapevoli, ma sono troppo egoisti, che una volta grande il bambino si prenderà tutte le umiliazioni e che la situazione si riverserà su loro facendoli soffrire?

 

Non discrimino gli omosessuali e per quel che mi riguarda possono benissimo stare insieme e avere il diritto di sposarsi, ma non possono pretendere anche di avere figli e di condurre la stessa vita che conducono gli “etero”.

Senza considerare il fatto che una volta adulti c’è la grande possibilità o probabilità, dipende da come la si vede, che questi diventino a loro volta gay.

 

Spero davvero che questa legge non venga mai approvata, la società sotto questo punto di vista sta nettamente peggiorando, sta perdendo via via i semplici e veri valori e si sta allontanando sempre di più da quello che secondo me è il concetto di “normalità”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il volume, QUELLO CHE AI GENITORI NON DICIAMO, viaggio nel mondo dei ragazzi attraverso la lettura dei loro componimenti, è composto da una parte introduttiva dell’autore, di lettura complessiva dei testi, e di una seconda parte dove sono raccolti 60 componimenti su tematiche fondamentali della condizione giovanile ma non solo.

 

Estrapoliamo dalla parte introduttiva dell’autore alcune riflessioni d’insieme su come  è stato trattato il tema della famiglia nei componimenti, seguita dall’antologizzazione di un testo svolto su tale argomento.

 

Matteo Lusso

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