C'è in giro, tra gli addetti ai lavori, una 'equazione teologica' interessante. Chiesa no - Cristo sì; Cristo no ‚Äì Dio sì; Dio no - religione sì. L'equazione riflette abbastanza esattamente l'evolversi della situazione religiosa nel mondo occidentale. Due parole di commento chiarificatore.
del 01 gennaio 2002
Chiesa no, Cristo sì
È la battuta più comune e diffusa. La Chiesa è rifiutata per centomila motivi. È rigida, va contro la modernità, è una organizzazione antide-mocratica e di potere, viola sistematicamente la laicità dello Stato con i suoi interventi, condiziona con i suoi veti la libera legislazione dei governi, ficca troppo il naso nei problemi del sesso, e quant'altro.
Quindi no alla Chiesa.
Ma Cristo sì, Cristo è un altro discorso. Una figura che emana forza e dolcezza, comprensione e perdono, che ha pagato con la vita le sue lotte contro ogni forma di potere in una sfida estrema. E 'l'uomo che pone l'amore al vertice di tutto e che ci parla di un Dio non fuciliere ma Padre colmo di amore per l'uomo, sua creatura. Quindi sì a Cristo.
Cristo no, Dio sì
Cristo è bene accetto, trova porte aperte dappertutto: è un 'grande', merita un posto nella storia accanto ad altri 'grandi', Platone, Buddha, Confucio, Gandhi.., Ma lasciamo perdere la questione della sua divinità.
È un mito alimentato dalle prime generazioni cristiane, dalla fantasia surriscaldata dei suoi discepoli, dagli entusiasmi eccessivi dei suoi fans di ieri e di oggi. Figlio dell'uomo? D'accordo. Figlio di Dio? No, non possiamo accettare questa esaltazione che oggi non ha più senso, anzi rende Cristo scostante, lontano da noi, confinato nel suo cielo.
Però Dio sì. Il Divino ha tutte le carte in regola per farsi accettare. Dio sì, ma quale Dio? Il problema è appunto questo. Il vecchio Dio cri-stiano deve essere messo al passo con i tempi. Si parla di “deismo”, sorto in Gran Bretagna nel Seicento e poi disceso in Francia nel Settecento.
È un Dio cui è negata ogni trascendenza, una religione senza dogmi, senza misteri, senza culto.
Dio è la Razionalità dell’universo, l’Essere Supremo, l’Eterno Geometra, il Demiurgo del mondo, l’Ordinatore del cosmo, il Grande Orologiaio, il Celibatario dei Cieli. Siamo alle soglie dell’Illuminismo.
Dio no, religione sì
Ma il deismo ha il fiato corto. Pascal, uomo del Seicento, lo riteneva l’anticamera dell’ateismo. E con ragione. Non a caso nel cartiglio che portava cucito nel mantello, invocava “non il Dio dei filosofi, ma il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe”. Non il Dio tradito del deismo. Ed è proprio in nome della Ragione, la nuova dea che avanza, che il Dio di Gesù Cristo, viene rifiutato.
Sì invece alla religione. Ma una religione senza trascendenze ingombranti, senza Dio, senza dogmi, senza gerarchie. Religione oggi, per l’uomo moderno, disincantato e secolarizzato, è riflettere su se stessi, valutare la propria vita, recuperare la pace, l’armonia e l’amore con tutti gli esseri, la “fusionalità” con il Divino cosmico, promuovere la propria coscienza come ultimo e unico referente delle nostre azioni.
Insomma, una religione dell’uomo, dall’uomo e per l’uomo, fatta e interpretata dall’uomo in un continuo trascendersi senza Trascendenza.
È esattamente la religione della New Age che proclama: “Tu sei Dio. Esplora e valorizza le immense potenzialità che racchiude in te. Non proiettarle fuori di te sugli schermi di un Dio immaginario”.
Filo diretto con Dio?
È precisamente questo il punto di arrivo della cultura contemporanea: l’uomo che, in fondo, si fa dio di se stesso.
Se dal rifiuto della Chiesa arriviamo a queste conclusioni, dobbiamo concludere che la Chiesa è veramente importante per la fede cristiana e non si può liquidarla.
Tolta la Chiesa, tutto il cristianesimo crolla.
C’è chi dice: «Io me la intendo direttamente con Dio. La Chiesa non mi interessa, mi è indigesta». È una prospettiva radicalmente sbagliata.
Nessuno ha il filo diretto con Dio: non ci si salva in diretta solitaria, ma all’interno di un popolo in cammino.
Neppure l’eremita che si è isolato dal mondo, è un solitario. Anzi, più di ogni altro ha la certezza di salvarsi all’interno di un popolo, il popolo di Dio.
Lo testimoniano monaci e monache di stretta clausura, che sembra abbaino tagliato i ponti con la comunità cristiana.
Teresa di Lisieux, solitaria nella clausura del suo Carmelo, si sentiva “il cuore della Chiesa”.
Si parla di crisi della fede,. Chiede Vittorio Messori, il noto giornalista, in una intervista al Cardinal Ratzinger: qual è il punto di rottura, la crepa che allargandosi minaccia la stabilità di tutto l’edificio della fede? Risponde il Cardinale: «L’allarme va focalizzato sulla crisi del concetto di Chiesa. Qui è l’origine di buona parte degli equivoci o dei veri e propri errori che insidiano sia la teologia che l’opinione comune cattolica. Si va perdendo il senso autenticamente cattolico della realtà Chiesa, senza che lo si respinga espressamente».
Romano Guardini, uno dei più grandi teologi cattolici, aveva detto: «Vediamo come la fede del singolo sia legata a quella degli altri, come il suo contenuto provenga serpa dagli altri, e come sia suscitata dal contatto con gli altri la propria tensione vitale. Non già che la fede abbia origine dagli uomini. Dio ne dispone, la opera, ma la opera nella dinamica umana: l’uomo è per l’uomo la via a Dio».
Superando d’un balzo le vecchie concezioni di “società perfetta”, il Concilio ha definito la Chiesa “un mistero”. È la sua vera grandezza.
Mistero perché è incuneata e rapportata vitalmente al mistero trinitario del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
A colloquio con un monaco ortodosso
Non possiamo, parlando della Chiesa oggi, non citare il Concilio Vaticano II con i dinamismi che ha comportato: il dialogo con la modernità, i diritti dell’uomo, l’inviolabilità della coscienza, l’autonomia delle realtà terrestri, la promozione del laicato, la riforma della liturgia, gli appelli all’ecumenismo, la collegialità dei Vescovi, la libertà religiosa, ecc.
Per capirne la portata, mi rifaccio ad una conversazione che ho avuto con un monaco ortodosso.
«A causa delle persecuzioni che si sono abbattute sull’Ortodossia da Lenin fino ai tempi più recenti, - mi dice – la Chiesa ortodossa non ha potuto celebrare un Concilio come il Vaticano II, e per questo è rimasta su posizioni molto arretrate, che bloccano li dialogo ecumenico tra Roma e Mosca. È noto il veto posto dal Patriarca di Mosca alla visita del Papa, anche se Putin era favorevole per i riflessi politici positivi che tale visita avrebbe comportato per il suo governo. Tipica, mi diceva il religioso ortodosso, la durezza delle posizioni contro il preteso proselitismo dei cattolici in Russia. Siamo ancora alle vecchie posizioni cuius regio eius et religio dei tempi di Lutero. Sei russo, dunque sei ortodosso. In tutti i Paesi dell’ex-impero sovietico, dalla Russia alla Romania, l’Ortodossia è intransigente, persino a Cipro e in Grecia.
Per un certo periodo, sul passaporto greco era richiesta la dichiarazione di fede professata: ortodosso, cattolico, musulmano. Disposizione oggi, fortunatamente, revocata.
Sulla strada del dialogo - conclude il mio interlocutore – rimane comunque ben saldo un macigno che preclude ogni dialogo, a parte interessi economici che riguardano la restituzione di beni (monasteri, chiese, edifici…) che appartenevano alle comunità cattoliche e che furono confiscati e passati all’Ortodossia con la rivoluzione comunista che voleva una “Chiesa di Stato”, docile alle direttive del partito.La Chiesa: segno di unità e riconciliazione nel mondo
Per fare un bilancio complessivo della Chiesa alle soglie del terzo millennio, concludiamo con alcune affermazioni fatte dal Sinodo straordinario dei Vescovi tenutosi a Roma nel 1985, a vent’anni dalla chiusura del Concilio Vaticano II. Scegliamo il paragrafo dedicato al “mistero della Chiesa” per la sua centralità e importanza.
«Tutta l’importanza della Chiesa deriva dal suo collegamento con Cristo. Il Concilio ha descritto la Chiesa come popolo di Dio, corpo di Cristo, sposa di Cristo, tempio dello Spirito Santo, famiglia di Dio.
Queste descrizioni si completano a vicenda e devono essere comprese alla luce del mistero di Cristo e della Chiesa in Cristo. Non possiamo sostituire una falsa visione unilaterale della Chiesa come puramente gerarchica, tipica del pre-concilio, con una nuova concezione sociologica, anch’essa unilaterale, una Chiesa democratica.
Gesù Cristo è sempre presente nella sua Chiesa e in essa vive come risorto. Dal collegamento della Chiesa con Cristo si comprende chiaramente l’indole escatologica (tesa verso il Regno futuro ndr) della stessa Chiesa. In questo modo, la Chiesa pellegrinante sulla terra è un popolo messianico che già anticipa in se stesso la nuova creatura.
Tuttavia, rimane una Chiesa santa che ha nel proprio seno i peccatori e che deve essere sempre purificata e tende fra le persecuzioni di questo mondo e le consolazioni di Dio al Regno futuro. In questo senso, sono sempre presenti nella Chiesa il mistero della croce e il mistero della risurrezione.
Come crediamo in un solo Dio, in un unico Mediatore, Gesù Cristo, e in un solo Spirito, così abbiamo un solo Battesimo e una sola Eucaristia, con cui sono edificate l’unità e l’unicità della Chiesa.
Per questo, la Chiesa è segno e strumento di unità e di riconciliazione, di pace fra gli uomini, le nazioni, le classi e i popoli».
Carlo Fiore
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