Le fini non finiscono mai, come il tramonto dell'Occidente; perciò la fine della tv generalista è di là da venire. Ogni anno un piccolo manipolo di fedeli abbandona la chiesa dell'Audience ma ogni anno la tv generalista richiama il suo popolo alla liturgia dell'abitudine...
del 08 ottobre 2007
Le fini non finiscono mai, come il tramonto dell'Occidente; perciò la fine della tv generalista è di là da venire. Ogni anno un piccolo manipolo di fedeli abbandona la chiesa dell'Audience ma ogni anno la tv generalista richiama il suo popolo alla liturgia dell'abitudine. Sempre gli stessi personaggi, gli stessi programmi, le stesse dispute guidate dall'idea, rassicurante e vincente, che anche le consuetudini rechino un significato nuovo. Invece di riflettere il mondo, la tv ha preso a riflettere i suoi spettatori, sempre più vecchierelli e acciaccati. Giusto una settimana fa, su un importante quotidiano, è uscita una notizia sconvolgente. All'appuntamento televisivo di settembre, cioè alla ripresa della stagione, mancherebbero 4-5 milioni di telespettatori. Il crollo totale. Panico alla Wall Street dell'audience e panico soprattutto nelle redazioni spettacolo: come si fa a bucare una notizia simile? Semplice: la notizie non è vera, forse qualcuno ha fatto confusione con gli zeri.
 
All'appello mancano circa 350.000 spettatori, presumibilmente deceduti o passati al satellite. Per forza, tutto è come lo scorso anno, i palinsesti sono stati fotocopiati tali e quali. Per dire: l'unica idea nuova è stata quella delle identità nascoste dei «Soliti ignoti», un gioco per la fascia di access prime time tratto da un format americano e condotto da Fabrizio Frizzi. Il successo del quiz ha fatto gridare al miracolo, si è parlato di rinascita di Frizzi, persino Umberto Eco ha confessato di essere uno spettatore fedele. Il fatto è che non si inventa più niente, al massimo si adatta un format già sperimentato. Come funziona la tv generalista? Perché non finisce mai? Perché Fabio Fazio sostiene che anche il satellite «sta finendo per fare una copia della tv generalista»? Paradossalmente, la tv generalista resiste perché non cambia mai, perché il suo credo è la scarsa innovazione. Paolo Bonolis era stato pagato a peso d'oro per innovare le trasmissioni di Mediaset e ora lo hanno costretto a rifare per l'ennesima volta «Ciao Darwin», un programma che è composto dal rifacimento di altri programmi.
 
Basta confrontare tra di loro i palinsesti del duopolio per accorgersi che programmi e conduttori sono speculari tra di loro con il compito precipuo di spartirsi l'audience: Antonella Clerici contro Maria De Filippi, «Domenica in» contro «Buona domenica», Simona Ventura contro Paola Perego, «La domenica sportiva» contro «Controcampo», Bruno Vespa contro Enrico Mentana, i telefilm contro i telefilm, Milly Carlucci contro Claudio Bisio, «Striscia la notizia» contro «Affari tuoi», Carlo Conti contro Gerry Scotti e così via, all'infinito. Su questo tappeto di stabilità, ogni anno succedono alcune cose, irrompe la realtà. O nella forma dell'Intramontabile o in quella dell'Inatteso. Appartengono, ad esempio, all'evergreen le partite di calcio (Nazionale o Champions League) che registrano sempre ascolti stellari o Miss Italia, con tutto il contorno di altre trasmissioni vampiresche che si occupano della fiera, o il classico delitto dell'estate.
 
Mette i brividi scriverlo ma il lievito di molte trasmissioni è stata la tragica saga di Garlasco, trasformata subito in show, esattamente com'era successo con Cogne, con Erba, con Novi Ligure. Anche questo è ormai un format sperimentato, tanto che si parla di «garlascheide», «cogneide»... Appartengono invece all'inatteso (e qui la tv generalista funziona come ai primordi, cioè come finestra aperta sul mondo) le grandi disgrazie, le morti celebri tipo Pavarotti, i temi di stagione, l'imprevisto, insomma il bello o il brutto della diretta. Quest'anno la tv generalista deve benedire due fenomeni, tra di loro strettamente legati, come il grillismo e l'antipolitica: pane quotidiano per i talk, esca meravigliosa per le telerisse, a rischio di pornografia politica. Persino uno dall'aria di bravo ragazzo come Giovanni Florismette alla gogna in prima serata ilministro Mastella e realizza il suo personale boom d'ascolti.
 
Con Beppe Grillo o Luigi de Magistris o Clementina Forleo, Michele Santoro è imbattibile (cioè fa ascolto) nel cavalcare gli umori forcaioli che la «società civile» secreta quando si ribella all' Istituzione (sembrava bollito, Santoro, ma eccolo pronto a guidare la Tangentopoli del Sud). Per la sopravvivenza, si fa questo ed altro. A tutela della propria audience, «Striscia» festeggia i suoi primi vent'anni di velinismo e intanto attacca a muso duro Italia 1, irride il suo direttore nell'assordante silenzio dei vertici Mediaset, tanto il concetto di concorrenza ci è del tutto estraneo. La tv generalista è il trionfo della minestra riscaldata, dell'immobilismo, e pur di non cambiare consuetudini il suo affezionato pubblico accetta il menù, come se un arresto di curiosità venisse spacciato per fedeltà, peggio per coerenza (esiste uno specchio più veritiero dell'Italia?).
 
Quanto all'affermazione che il satellite sta copiando la tv generalista bisogna fare alcune precisazioni. Certo, se uno vede le repliche di RaiSat, persino quelle di Bruno Vespa, avverte il trionfo del gentesco. Se uno segue Sky Vivo o, in parte, Fox Life si convince che traghettare il pubblico dall'analogico al digitale sia ancora compito di Maurizio Costanzo.Mai risultati parlano chiaro: il modello generalista sul satellite non funziona o funziona molto male. Giustamente Sky Vivo è stato ribattezzato Sky Morto e Fox Crime, perfetto esempio di canale di genere, Fox Prime. È vero invece il contrario: dopo anni, Italia 1 si è decisa a programmare con qualche criterio i telefilm americani e i risultati si vedono. Insomma, con la «nuova» stagione l'abitudine riprende il suo ritmo blando e rassicurante: il tran tran ci vela il bello, quindi l'ansia del nuovo. Non a caso il motto della tv generalista è «consuescant in pace», riposino nell'abitudine e nella pace (quasi) eterna.
 
Aldo Grasso
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