La Dottrina Sociale della Chiesa è il miglior antidoto alle derive relativistiche...
La Chiesa va sostenuta nella sua missione quotidiana, partendo da un concetto base: ogni credente è Chiesa viva e parte attiva responsabile in relazione al proprio ruolo, alla propria sensibilità, alla propria cultura. Questo mondo va salvato, prima che sia troppo tardi. Va risanato dalla sua corsa verso un pericoloso qualunquismo religioso, da non confondere con la diversità tra le grandi confessioni che, sempre di più, tendono al dialogo. Un confronto non passivo, né tantomeno prevaricatore dell’uno sull’altro ma terreno fertile su cui il soffio dello Spirito Santo, quando sarà il momento, indicherà la strada maestra per giungere tutti a assieme a Cristo Gesù.
Il mistero di Dio è imperscrutabile ma visibile, passo dopo passo, nella realtà sociale e in quella individuale, quando l’uomo riesce a testimoniare la sua Parola. Chi ha fede, laico o presbitero che sia, deve attualizzare ogni giorno l’insegnamento evangelico, anche attraverso il mondo dei social. Le stesse parrocchie sarebbe bene che “prendessero il largo in rete”, per una condivisione e connessione, in tempo reale, di un comune impegno di evangelizzazione. È un obbligo morale che non permette di sfuggire alle tematiche più insidiose o dalle problematiche che, ogni giorno, deturpano la serenità umana, spesso in campo per controllare e teleguidare i popoli del pianeta.
L’uomo da sempre ha tentato, con la complicità di certe élite, di neutralizzare la libertà di pensiero e di azione dei singoli, per convogliarla nei luoghi truccati della tortura e della morte di un passato recente disumano; ma anche, come avviene oggi, nelle isole di un benessere e di una felicità che prima o poi, finito l’effetto speciale, portano dritto alla sconfitta. Una montatura gigantesca, che mostra le prime crepe, ma che comunque viene alimentata con la strategia del pensiero unico e di un diritto che giustifica qualsiasi nuova tendenza sociale, in più occasioni costruita a tavolino.
Inclinazioni che, in nome di un’emancipazione alquanto discutibile, spingono a privare la collettività di tutte quelle verità, oggettive o di natura, che hanno consentito al mondo di raggiungere traguardi eccezionali. Serve una azione spirituale riformatrice imponente e la Dottrina Sociale della Chiesa può dare a largo raggio quelle indicazioni di luce, in grado di schiudere a cascata le energie migliori che ci sono ovunque. Vere potenzialità inespresse che oggi si presentano addormentate, imbrigliate o appese ad una promessa di stabilità economica e sociale che, se o quando arriverà, di sicuro avrà provocato danni perfino irreparabili.
Bisogna, senza troppo indugiare, mettere mano sul territorio a diversi livelli ad una formazione permanente, che superi l’idea del corso stagionale fine a se stesso e che rientri in una prassi di maturazione stabile, a cui chi abbia un ruolo laico o religioso non possa mai venir meno. Formarsi, istruirsi non per sé, ma per la gloria del Signore. Può sembrare retorica, magari anche raffinata, ma è invece l’unica strada percorribile se si vuole incidere nel tempo, per riabilitare una situazione di vita reale, ormai fuori controllo da ogni punto di vista.
Il compendio della Dottrina Sociale della Chiesa ci mette a disposizione le coordinate per avviare con serietà una stagione di risveglio formativo, capace di scaldare i cuori e dare linfa vitale ad una stagione di ripresa generale. Al punto 528 si legge: “La dottrina sociale è un punto di riferimento indispensabile per una formazione cristiana completa”. Al centro di una formazione di qualità si colloca la Catechesi che mira alla preparazione di uomini rispettosi dell’ordine morale e amanti della libertà non artefatta.
Persone che guardino le cose alla luce della verità del vangelo e sappiano essere responsabili, prodigandosi nel perseguire la giustizia, senza cadere negli individualismi esasperati, oggi tanto di moda. È una strada lunga che passa dal grande lavoro che fino ad oggi è stato fatto, ma che necessita di una “campagna d’azione formativa permanente”, in grado di contenere il declino in atto e rilanciare la giusta dimensione del sapere, alla luce del messaggio evangelico. Lo esige una società in affanno per l’irrompere incontrollato di un orientamento, secondo il quale non esistono valori e verità assoluti.
Al punto 531 della DSC il messaggio è forte e privo di falsa retorica: “La dottrina sociale deve essere posta alla base di un’intensa e costante opera di formazione, soprattutto di quella rivolta ai cristiani laici. Tale formazione deve tener conto del loro impegno nella vita civile”. Il Compendio chiarisce che spetta a loro di penetrare di spirito cristiano la mentalità e i costumi, le leggi e le strutture delle loro comunità di vita. Il tutto passando dalla loro libera iniziativa e senza attendere passivamente consegne o direttive. La cosa vale anche per il mondo della politica dove sempre di più viene affossato questo livello di formazione.
Il nostro Paese, cattolico e osservante delle leggi di Dio, nella realtà parlamentare ha dimostrato di essere privo di politici dalla coscienza ben formata, richiamata dal Santo Padre in occasione del dibattito sulle unioni civili. La realpolitik ha trionfato sulla verità di natura. Una disfatta per l’uomo svenduto ad un relativismo che ogni cosa giustifica e redime, riducendo le responsabilità soggettive e costruendo una società senza alcuna “obbedienza”, priva di valori incondizionati. La formazione auspicata non deve riguardare solo i laici, ma vale allo stesso modo per i presbiteri e gli allievi dei seminari.
Molto eloquente in proposito il punto 533 del Compendio: “Non meno rilevante deve essere l’impegno ad utilizzare la dottrina sociale nella formazione dei presbiteri e dei candidati al sacerdozio i quali, nell’orizzonte della preparazione ministeriale, devono maturare una qualificata conoscenza dell’insegnamento e dell’azione pastorale della Chiesa in ambito sociale e un vivo interesse nei confronti delle questioni sociali del proprio tempo”.Di seguito si sottolinea l’importanza del documento della Congregazione per l’Educazione Cattolica, “Orientamenti per lo studio e l’insegnamento della dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale”, in cui trovare puntuali indicazioni e disposizioni per una corretta e adeguata impostazione degli studi.
Molti sacerdoti infatti, al pari di tanti laici, soprattutto se privi di una catechesi sociale permanente, che passa per lo più dai carismi di gruppi e movimenti ben organizzati nell’alveo della Chiesa Cattolica, avvertono il distacco dal territorio dove operano. Non si scopre nulla di nuovo se si afferma che diverse sono le questioni sociali che necessitano, nel quotidiano, del discernimento del parroco locale per incanalarsi nella giusta direzione.
Il nostro vuole essere un appello a chi di dovere, perché si aprano sempre di più le porte dei luoghi di culto, dei seminari e dei centri di formazione cattolica, affinché la Dottrina Sociale della Chiesa entri costantemente con il suo faro luminoso. Una luce sempre accesa, capace in ogni ambito di favorire l’incontro fecondo tra il vangelo, i nuovi saperi e i nuovi orientamenti sociali, culturali, spirituali, spesso devastati da una filosofia di vita lontana mille miglia dal pensiero cristiano.
Egidio Chiarella
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