“La vita è un dono” lo canta pure Arisa

Antonio, Rosalba, Isabella, Sabrina, Assunta sono una famiglia come tante di quella Basilicata, silenziosa regione italiana, dimenticata dai concorrenti dei reality che a volte ne ignorano anche l'esistenza. Come in un giochino della settimana enigmistica, però, ricongiungendo le iniziali dei componenti di questa famiglia “normale”, quello che viene fuori è il nome dell'ultima pop star, dal fascino surreale, che ha conquistato il Belpaese: Arisa.

“La vita è un dono” lo canta pure Arisa

da Quaderni Cannibali

del 30 marzo 2009

In tanti hanno puntato i riflettori sul suo goffo portamento nello scendere la scalinata sanremese, su quell’aria di chi non capisce bene il motivo per cui le luci della ribalta siano puntate proprio su di lei. Lei che si nasconde dietro le lenti di quegli occhialoni che l’hanno portata a farsi ribattezzare come la “chicken little italiana”.

Ad occhio e soprattutto ad orecchio più attento non sfugge, invece, che tutta quella osannata stranezza non è la rivelazione di un “alieno” catapultato in un mondo dello spettacolo pieno di artisti pari a macchine umane costruite con la presunzione di vendersi come persone “normali”, anzi, è l’esatto contrario.

L’album Sincerità, opera prima di Arisa rivela, infatti, tutto l’opposto di ciò che ha innescato il ciclone festivaliero. La normalità sconcertante che sgorga dalle sue belle “canzonette” non è altro che il ritratto di una giovane Italia di cui non ci si era accorti o di cui ci si era totalmente dimenticati di parlare, forse perché non conveniva farlo.

Una generazione che a detta di Arisa “aspetta la pensione può darsi non arrivi mai, col mutuo resti sotto, allora c'è l'affitto per una vita pagherai”.

Per tutti quelli che ancora si stessero chiedendo se la nuova promessa della musica italiana ci faccia o ci sia, nel testo della canzone “Io Sono” la stessa Rosalba si svela e spiega esattamente che tipo di donna è: “Io sono una donna che crede all'amore che vuole il suo uomo soltanto per sé. Voglio essere mamma perché la mia mamma è la cosa più bella che c'è. Mi piace il Natale, domenica al mare, poi alzarsi da tavola verso le tre. Perché la famiglia a me mi meraviglia, mi piglia, vorrei farne una da me”. Coraggioso ritratto di un genere antropologico di donna che si pensava non esistesse più. E invece proprio negli angoli meno noti del Paese e tra le maglie di una generazione che studiosi e opinionisti cercano di incasellare in canoni socio-televisivi ben poco reali, si nascondono giovani italiani che non disdegnano la semplicità di una vita fatta di famiglia e digestione lenta.

Arisa, classe 1982, cresciuta probabilmente come tutti i suoi coetanei sulle note di Cristina D’Avena (la cui sigla tv “Arriva Cristina” ricorda in qualche modo la traccia sopra citata) parla col cuore in mano a chi condivide con lei lo sfortunato tempismo di affacciarsi sul mondo, con i sogni e le aspettative della sua età, proprio quando la realtà sembra aver poco da offrire. Il suo, però, è un inno alla resistenza davanti alle difficoltà, perché “la vita è un dono” come lei stessa sottolinea prima di esortare i suoi “amici” a non arrendersi: “E quindi amici non si può mollare, io continuerò a sognare una casa che… che abbia un balconcino con le piante e un angolo cottura bello grande”.

Ritratto di un “Italian dream” col retrogusto di quella cultura pop vintage dello “scavolinismo” e degli scenari da “mulino bianco”.

Ma ora che è lei la più amata dagli italiani, le sue parole non saranno cantate al vento, ma saranno prese al volo da quella fascia di “adulti da poco” che ha trovato qualcuno in grado di raccontarli. E il successo di Arisa non è la dimostrazione di quanto sia forse meglio che si lasci a loro stessi il compito di capirsi, raccontarsi, definirsi?

“Pensa così” dice Arisa nella proto-favola di Esopo al centro della canzone che porta quell’imperativo come titolo, solo che a lei non sfugge il buon senso di non prendersi troppo sul serio, soprattutto quando dà un semplice consiglio a chi non è nulla di diverso da lei stessa: “Ognuno ha qualcosa dentro di sé e basta cercarla, vedere di trovarla, capire dov'è. Ognuno ha un talento e ce l'hai anche tu, anche se per ora le tue insicurezze sfamano e accrescono le tristezze di questa vita, che non ti vuole tanto domani c'è sempre il sole, pensa così. Fai solamente quello che credi non ascoltare se non ti fidi, nemmeno a me, che non sono certo niente di diverso rispetto anche a te”.

Nella canzone “Piccola Rosa”, inno all’amore e alla vita, la giovane cantante intona una poesia al femminile in musica: “Piccola rosa diverrai sposa e quando il tempo lo vorrà, dalla mia rosa dolce e odorosa un altro fiore nascerà”.

In conclusione quello che Arisa racconta nel suo album non è altro che la sua “strana verità”, che tanto strana non è, perché quello che diverso appare in un mondo noiosamente omologato non è strano, è semplicemente vero, come la sensibilità di chi concepisce “la felicità solo come eternità”.

E quando sul palco, persino di Sanremo, fa il suo ingresso incerto una verità, seppure strana, finisce per conquistare tutti.

 

Daniela Delle Foglie

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