Un'altra storia di donna forte che si trova a fronteggiare situazioni “più grandi di lei” e che tuttavia ha una grande fede in Dio e a lui si affida, non rimanendone delusa perché Dio è sempre al fianco di coloro che chiama ad una missione.
L'itinerario vocazionale lungo le Scritture si imbatte in figure di donne forti, coraggiose, che hanno l’ardire di opporsi al potere, normalmente gestito da uomini. E lo fanno in nome di Dio, o di una chiamata che a un certo punto della loro vita si è imposta come appello a seguire una strada inedita e imprevista, difficile e superiore alle loro forze.
Mardocheo: il politico che non si prostra al re
La storia di Ester inizia con l’avvento al potere del re Artaserse e l’ennesima diaspora di Israele. Un tempo dunque di disorientamento per il popolo eletto, la cui fede viene sottoposta a dura prova e in molti casi abbandonata. Ma c’è qualcuno che resta fedele: Mardocheo, che presta servizio proprio alla corte del re e si rifiuta di prostrarsi davanti a lui, come era prescritto. Egli sa cosa rischia, ma antepone la legge di Dio ai rischi personali e a una possibile perdita della sua posizione sociale.
Che bella lezione, e quanto mai attuale, se pensiamo al degrado impressionante della vita sociale e politica di oggi, a chi si svende per fare carriera e si prostra senza dignità dinanzi al potente di turno; a questo indecoroso teatrino di individui senza morale né spina dorsale che mirano solo al tornaconto personale, gente che ruba denaro pubblico e non si sente ladra soprattutto perché riesce a farla franca; a questo sconcertante esercito di portaborse e voltagabbana, faccendieri e lecchini, con contorno di nani e ballerine, escort e veline… Mai come oggi abbiamo sentito e sentiamo il bisogno di riscoprire la vocazione all’impegno politico, di credenti che scelgano di lavorare nella politica in quanto credenti, come missione vera e propria, come forma di nuova evangelizzazione! Come il “politico” Mardocheo.
Il coraggio di pro-vocare
Proprio perché Mardocheo è così retto sente di poter chiedere la stessa rettitudine ad altri, a sua nipote Ester, in particolare, perché abbia il coraggio di intervenire presso il re per salvare il suo popolo minacciato dal nemico Aman. Per questo Mardocheo ricorda a Ester la sua storia passata, di quando era povera e bisognosa, e il suo presente di regina, e le insinua un dubbio che è pure una pro-vocazione: “Chi sa che tu non sia diventata regina proprio per questa circostanza?”
Mardocheo mi sembra qui agire come un vero e proprio animatore vocazionale. Da un lato ricorda a Ester quanto ha ricevuto lungo una vita che l’ha portata dalla miseria al gradino più elevato per una donna; dall’altro le rammenta la grammatica esistenziale: quanto uno riceve lo deve saper donare, poiché questo è il senso della vita, bene ricevuto che tende per natura a divenire bene donato. E se tanto è il bene ricevuto, come nel caso di Ester, divenuta addirittura regina, tanta sarà la responsabilità nei confronti degli altri, della sua gente che ora rischia di essere cancellata. Non potrebbe esserci qui – suggerisce Mardocheo – un piano di Dio, una sua chiamata? Ma può fare tale pro-vocazione, lo ribadisco, perché prima è stato lui a essere coerente con la sua vocazione. Una bella verifica per ogni animatore vocazionale.
Ester: dalla paura all’invocazione
La regina ha paura, sa che è pericoloso presentarsi al re senza essere stati da lui chiamati, potrebbe rischiare la vita… Ma alla fine accoglie l’intervento dello zio, in qualche modo imitandolo nel coraggio di trasgredire una legge e di rischiare la vita per un bene superiore: “…contravvenendo alla legge, entrerò dal re, anche se dovessi morire” (4,16).
Qui troviamo una delle differenze tra la scelta solo umana e la scelta cristiana: mentre la prima calcola tutte le eventualità alle quali va incontro una possibile decisione per eliminare il più possibile eventuali rischi, la scelta cristiana non si lascia intimorire o frenare dai rischi, anzi, li mette in conto. E lo può fare perché non calcola, ma si fida (di Dio) e si affida (alla sua provvidenza).
Dalla fiducia all'affidamento
Ma se la scelta di abbandonarsi a Dio, com’è qui espressa dalla supplica di Ester, rientra spontaneamente nella nostra logica di credenti, facciamo un po’ più fatica a cogliere l’altro aspetto della fede, l’altro suo versante, quello più umano, e che pure è la prova della fede in Dio. Ester, infatti, mostra in questa occasione la verità della sua fede, poiché ella si fida non solo di Dio, ma anche dell’uomo, di Mardocheo che le chiede questo gesto coraggioso e rischioso. Potremmo dire che ella si fida così tanto del Signore che si fida anche dell’uomo. Non sarebbe credibile il suo affidarsi a Dio se non provocasse un corrispondente affidamento nelle mani dell’uomo che in quel momento è per lei mediazione del piano di Dio sul suo popolo e su lei stessa.
Così nasce una vocazione. La quale è sempre una scommessa, un atto di fiducia, ma–attenzione–non solo in Dio, cosa relativamente facile, ma anche nell’uomo, come conseguenza e prova, al tempo stesso, della consegna della propria vita a Dio. C’è sempre, infatti, una mediazione umana della volontà divina; sarebbe pericoloso pretendere di farne a meno, non porterebbe da nessuna parte. Tanto meno alla scoperta della propria chiamata.
Infatti a questo punto il libro di Ester ci propone due struggenti preghiere: Mardocheo ed Ester affidano la loro causa e le sorti del popolo a Dio, e lo fanno con suppliche che sono espressione di un cuore che è nella prova e nella pena, ma sa di poter contare sulla protezione dell’Eterno. “Sono sola e non ho altri che te, Signore!” (4,16). Eppure proprio questa esperienza di solitudine è garanzia della presenza di Dio, la solitudine dell’uomo attrae irresistibilmente Dio, ci raccontano sovente le Scritture, e spinge Dio a intervenire nella vita di chi ha solo lui e a lui si affida. Come di fatto avverrà, poi, e sarà la salvezza d’Israele in questa terribile vicenda.
Amedeo Cencini
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