La voce libera della Chiesa

Per ogni Paese Beda Romano sceglie di approfondire il tema in cui esso si è dimostrato più avanzato ai suoi occhi: i trapianti di organi in Spagna, i Pacs per le convivenze omosessuali in Francia, l'inseminazione artificiale in Danimarca, la clonazione nel Regno Unito, l'eutanasia in Svizzera. E l'Italia non trova posto in nessuna classifica di “buoni”, di “moderni”, di “scientifici”.

La voce libera della Chiesa

da Quaderni Cannibali

del 25 gennaio 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 

 

          Il tema è scontato — la Chiesa che invade gli spazi di libertà pubblici — e scontato è anche il punto di vista del pamphlet di Sergio Romano e Beda Romano La Chiesa contro. Sarebbe stato più corretto, quindi, intitolarlo Contro la Chiesa. Essendo un pamphlet, il libro presenta le caratteristiche del genere: superficialità delle fonti (sia storiche sia bioetiche) e imprecisione delle notizie, come nel caso di quelle relative al Comitato nazionale di bioetica italiano, per le quali un semplice controllo avrebbe evitato molte inesattezze.

          Il volume rivela subito una radicata esterofilia: così Beda Romano ha affrontato ore di colloquio con la segretaria del comitato bioetico francese, che è una fonte molto di parte — forse intervistare lo scienziato che l’ha presieduto per anni, Didier Sicard, l’avrebbe aiutato a fare un discorso più critico — ma mai ha incontrato un membro del corrispondente organismo italiano. Da parte sua, Sergio Romano scrive che la separazione tra Stato e Chiesa è riuscita in tutti i Paesi europei ma non in Italia, fondandosi su un’interpretazione molto parziale sia del Risorgimento che del Concordato.

          Il libro presenta anche aspetti nuovi: la comparazione storica dei rapporti tra Stato e Chiesa nei diversi Paesi europei, e soprattutto nella seconda parte — più nuova e interessante — l’affrontare i nodi bioetici senza esaminare le questioni morali e filosofiche a essi sottese, analizzando la realtà dei comportamenti di fronte alle questioni tecno-scientifiche in discussione. Per ogni Paese Beda Romano sceglie di approfondire il tema in cui esso si è dimostrato più avanzato ai suoi occhi: i trapianti di organi in Spagna, i Pacs per le convivenze omosessuali in Francia, l’inseminazione artificiale in Danimarca, la clonazione nel Regno Unito, l’eutanasia in Svizzera. Forse, agli occhi degli autori, il Paese ideale sarebbe quello dove tutte queste “vette di progressismo” fossero riunite insieme. Invece l’Italia è il contrario, perché non trova posto in nessuna classifica di “buoni”, di “moderni”, di “scientifici”.

          La colpa naturalmente — con scarsa originalità — viene imputata alla Chiesa, nota per oscurantismo sin dai tempi di Galileo nella sua realtà istituzionale e nei malefici effetti sulla borghesia italiana. Con una ripresa del discorso sulla mancata modernizzazione italiana a causa della Controriforma: un altro luogo comune che la ricerca storica, negli ultimi decenni, ha ampiamente confutato.

          È proprio così difficile pensare che le applicazioni delle tecnoscienze o l’accettazione giuridica delle unioni omosessuali non costituiscono solo un test di modernità ma aprono problemi antropologici perché trasformano la nostra cultura, ed è quindi un bene che siano oggetto di riflessione e discussione, e magari di una prudente sospensione di giudizio? Lo pensano molti filosofi laici e scienziati, cattolici e non. Non lo pensano invece le industrie farmaceutiche, i ricercatori che vogliono una rapida celebrità e fondi per le loro attività.

          Certamente la Chiesa cattolica è l’unica istituzione mondiale che osa esprimere un giudizio critico su una tendenza “progressista” volutamente superficiale, l’unica che osa denunciare le possibili conseguenze negative di queste innovazioni. Che osa, in sostanza, stimolare una discussione, far riflettere e chiedere risposte vere. Ed è curioso che proprio per questo suo essere libera e pensante — su alcuni temi l’unica voce critica che può farsi sentire in tutto il mondo — sia tacciata di oscurantismo e di incapacità nell’affrontare la modernità.

          I singoli intellettuali che affrontano con sguardo critico le questioni — per esempio, oltre a Jonas e Habermas, Testart e Agacinsky — rimangono infatti fatalmente confinati in un ambito ristretto di interlocutori, spesso solo intellettuali che parlano la loro lingua. La Chiesa invece parla in modo più facile, e si fa ascoltare ovunque. Disturbando, e non poco, il quadretto di una felice modernità che avanza senza macchia tanto caro a molti.

Lucetta Scaraffia

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