Non sarebbe bello, non sarebbe meraviglioso “aumentare” la gioia del Padre lasciandomi trovare e riportare a casa da Lui?
del 01 gennaio 2002
Questo è il grande mistero della nostra fede. Noi non scegliamo Dio, Dio sceglie noi.
Dall’eternità siamo nascosti all’ombra della mano di Dio e disegnati sulle palme delle sue mani.
Prima che qualsiasi essere umano ci tocchi, Dio ci forma nel segreto e ci intesse nelle profondità della terra, e prima che qualsiasi essere umano decida di noi, Dio ci tesse nel seno di nostra madre.
Dio ci ama prima che qualunque essere umano possa mostrarci amore.
Egli ci ama con un “primo amore”, un amore illimitato, senza riserve; vuole che siamo i suoi figli prediletti e ci dice di provare ad amare come ama lui.
Per quasi tutta la vita ho lottato per trovare Dio, per conoscere Dio, per amare Dio.
Ho cercato insistentemente di seguire le direttive della vita spirituale – pregare sempre, lavorare per gli altri, leggere le Scritture – e di evitare le molte tentazioni che portano alla sregolatezza. Ho fallito tante volte, ma ho sempre provato di nuovo, anche quando ero vicino alla disperazione.
Ora mi chiedo se mi sono reso conto che durante tutto questo tempo Dio ha cercato di trovarmi, conoscermi e amarmi.
La domanda, infatti, non è «Come posso conoscere Dio?», ma «Come posso farmi conoscere da Dio?». E, infine, la domanda non è «Come posso amare Dio?», ma «Come posso lasciarmi amare da Dio?».
Dio mi cerca da lontano, prova a trovarmi e desidera riportarmi a casa. In tutte e tre le parabole che Gesù racconta per rispondere alla domanda del perché egli mangi con i peccatori, pone l’accento sulla iniziativa di Dio.
Dio è il pastore che va alla ricerca della pecorella smarrita. Dio è la donna che accende la lucerna, spazza la casa e cerca la dramma perduta finché non la ritrova. Dio è il padre che veglia e aspetta i suoi figli, corre loro incontro, li abbraccia, li supplica, li implora e li scongiura di tornare a casa.
Può suonare strano, ma Dio vuole trovare me, se non di più, almeno quanto io voglia trovare lui. Sì, Dio ha bisogno di me quanto io ho bisogno di lui.
Dio non è il patriarca che se ne sta a casa, non si muove e aspetta che i suoi figli vadano a lui, si scusino per il loro comportamento, chiedano perdono e promettano di essere migliori. Al contrario, lascia la casa, corre verso di loro incurante della propria dignità, non bada a scuse o a promesse di cambiamento e li porta alla tavola riccamente imbandita per loro.
Comincio a capire ora come possa cambiare radicalmente la qualità del mio itinerario spirituale se non penso più che Dio si nasconda e frapponga ogni sorta di difficoltà perché non possa trovarlo, ma se penso invece a lui come a chi mi sta cercando mentre sono io a nascondermi.
Se guardo attraverso gli occhi di Dio il mio Io di figlio perduto e scopro la gioia di Dio quando torno a casa, allora la mia vita può diventare meno angosciata e più fiduciosa.
Non sarebbe bello aumentare la gioia di Dio lasciandomi trovare e riportare a casa da lui e celebrare con gli angeli il mio ritorno?
Non sarebbe meraviglioso far sorridere Dio dandogli la possibilità di trovarmi e amarmi prodigalmente?
Domande come queste sollevano una questione sostanziale: quella dell’idea che ho di me stesso.
So accettare che sono degno di essere cercato?
Credo che Dio desideri davvero di stare soltanto con me? Qui sta il nocciolo della mia lotta spirituale: la lotta contro il rifiuto, il disprezzo e il disgusto di sé.
Per molto tempo ho considerato la poca stima che uno ha di sé come una sorta di virtù. Tante volte sono stato messo in guardia contro l’orgoglio e la presunzione, da considerare cosa buona il disprezzo di me stesso.
Ma ora mi rendo conto che il vero peccato è negare il primo amore di Dio per me, ignorare la mia bontà originale. Se infatti non rivendico nei miei confronti quel primo amore e quella bontà originale, perdo il contatto con il mio vero Io e mi predispongo alla ricerca distruttiva, tra gente sbagliata e in posti sbagliati, di ciò che può essere trovato soltanto nella casa di mio Padre.
Henri J.M. Nouwen, L’abbraccio benedicente, Queriniana, Brescia 1994.
Henri. J.M. Nouwen
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