tutta una serie di arguzie che rivelino Don Bosco nella sua conversazione quotidiana con ogni genere di persone dai suoi ragazzi agli uomini di Stato.
del 27 gennaio 2011
 
          Don Bosco «sortì un temperamento robustissimo, un’indole buona, un cuore tenero e sensibile, una mente aperta, un vero ingegno, ed il senso pratico delle cose, la bonarietà posata del piemontese e l’umore gaio che dice tanto bene anche nei santi» (A. Caviglia). Lo scherzo ed il racconto ameno fluivano sempre dalle sue labbra. «Questa giovialità – dice don G.B. Lemoyne – fu il carattere di tutta la sua vita anche in mezzo alle cure più spinose, ai dispiaceri più grossi» (MB 1,107).
           La sua conversazione era, infatti, punteggiata di facezie che conquistavano facilmente la simpatia e l’affetto degli uditori. Cercherò di presentare, sotto vari titoli, tutta una serie di arguzie che rivelino Don Bosco nella sua conversazione quotidiana con ogni genere di persone dai suoi ragazzi agli uomini di Stato.
           Potranno dare un’idea delle doti umane di Don Bosco, del suo umorismo e del suo gran cuore, tutto però sublimato da una costante unione con Dio e da un ardente zelo per la salvezza delle anime. C’è, forse, chi è ancora convinto che le cose semplici non possano essere così significative ed importanti da doverle mettere in evidenza in un santo della grandezza di Don Bosco.
           Ma è un fatto attestato dai suoi discepoli che il soprannaturale stesso sembrava in lui talmente naturale che non lo si poteva facilmente riconoscere perché la semplicità e la bonarietà del suo comportamento e linguaggio servivano a nasconderla. «Allegria, Lavoro, Pietà», «Sanità, Studio, Santità», erano i motti che usava per i suoi ragazzi. «Pane, Lavoro e Paradiso », «Salve, Salvando Salvati», diceva ai suoi discepoli: «Ragione, Religione e Amorevolezza» erano le molle del suo sistema educativo. Poche e semplici parole, ma che nascondevano un significato profondo. Gli inizi di questo stile di linguaggio, tuttavia, non furono così semplici.
 
Prime avvisaglie
           Don Bosco non era un timido e «la mansuetudine non fu in lui dono di natura, ma virtù acquisita a costo di chi sa quanti e quali sforzi» (E. Ceria). Un curioso insuccesso del suo combattimento interiore per esercitare la santa pazienza lo si trova descritto da lui stesso nelle Memorie da lui lasciate ai suoi figli spirituali. Sin da ragazzo egli sognava di dedicare la sua vita ai giovani e per questo aveva incominciato a studiare. Chissà che un giorno sarebbe potuto divenire sacerdote!
          Ma il suo fratellastro Antonio, non lo vedeva bene quando, tornando dal lavoro, lo scorgeva al tavolo a leggere e studiare. Non che Giovanni non lo aiutasse nel lavoro dei campi, ma si prendeva anche dei momenti di tranquillità leggendo e studiando in cucina. Ed ecco ciò che avvenne un giorno, come egli stesso lo racconta: «Malgrado tanto lavoro e tanta buona volontà, il fratello Antonio non era soddisfatto.
          Un giorno con mia madre, di poi con mio fratello Giuseppe, in tono imperativo disse: – È abbastanza fatto [= È ora di finirla]. Voglio finirla con questa grammatica. Io sono venuto grande e grosso e non ho mai veduto questi libri. Dominato in quel momento dall’afflizione e dalla rabbia, risposi quello che non avrei dovuto: – Tu parli male, gli dissi. Non sai che il nostro asino è più grosso di te e non andò mai a scuola? Vuoi tu divenire simile a lui? A quelle parole saltò su tutte le furie e soltanto con le gambe che mi servivano assai bene, potei fuggire e scampare da una pioggia di busse e di scappellotti» (MO 38).
          E Don Eugenio Ceria commenta in nota: «Preziosa confessione». Alla scuola di Mamma Margherita Giovanni Bosco imparò l’amore di Dio e del prossimo, la dignità del lavoro ed il coraggio e... tante altre cose belle tra le quali non ultima fu il tipico umorismo di chi è intelligente e faceto. La «Donna di maestoso aspetto» nel sogno dei nove anni gli aveva detto: «Renditi umile, forte e robusto!» E lui, di carattere estroverso, di umiltà ne aveva bisogno. Lo imparò presto a sue spese, ma poi il suo umorismo diventerà una caratteristica serenante per chiunque gli fosse stato vicino.
 
Rassegna di episodi significativi
           Gli articoli che seguiranno vogliono essere un’esemplificazione tutt’altro che esaustiva di ciò che ho scritto sopra. Essa non avrà, però, solo lo scopo di «ameno trattenimento», ma vorrà nello stesso tempo porre in risalto una tipica caratteristica di San Giovanni Bosco in conversazione. C’è chi affermò, non senza umorismo, che l’uomo di buon senso e il mistico non formano facilmente un buon connubio.
          Eppure Don Bosco fu un contemplativo anche nelle azioni più semplici ed ordinarie della sua giornata. D’altra parte la stessa agiografia moderna, più che la figura mistica o ascetica dei santi cerca, a volte, la loro figura e le loro caratteristiche umane.
          Lo stesso Papa Paolo VI ebbe a dire un giorno: «Vogliamo scoprire nei santi ciò che a noi li accomuna, piuttosto che ciò che da noi li distingue. Li vogliamo portare al nostro livello di gente profana e immersa nell’esperienza non sempre edificante di questo mondo; li vogliamo trovare fratelli della nostra fatica e forse anche della nostra miseria, per sentirci in confidenza con loro e partecipi di una comune pesante condizione terrena» (3 nov. 1963).
          Don Bosco, con tutta la sua innegabile santità riconosciuta dalla Chiesa, fu sempre un uomo tra gli uomini.
 
Natale Cerrato
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