Le esperienze di giovani volontari a servizio dei deboli, dei poveri, dei malati, dei carcetari. Sono tanti i ragazzi che rinunciano alle vacanze per dedicarsi al volontariato. Non importa a chi sia rivolto il servizio, quel che conta é che in ogni caso il cuore trova la pace.
del 07 luglio 2011
 
          In città o in terre lontane: ciò che importa è farsi prossimi. Agli anziani, ai disabili, ai bambini, agli emarginati, a chi ha perso tutto e a chi non ha mai avuto molto. 
          Sono tantissimi i ragazzi che scelgono di dedicare il loro tempo ad attività di volontariato e altrettanti quelli per cui l’estate – ormai alle porte – non sarà sinonimo di spiagge e riposo per se stessi, ma di lavoro e dono per gli altri. 
          “In quindici giorni ho incontrato tanti fiori cresciuti dal cemento: penso ad Alex e a tutti i bimbi della scuola speciale, capaci di donare amore senza averne mai ricevuto; penso alle volontarie rumene e alla determinazione con cui affrontano una realtà dura, al coraggio con cui sfidano il silenzio e danzano la vita”, racconta Elisa al rientro da un “Cantiere di Solidarietà” in Romania organizzato dalla Caritas Ambrosiana. 
          Come lei, anche altri ragazzi vivranno tra metà luglio e fine agosto esperienze simili di animazione e scambio in Bulgaria, Georgia, Moldova, Giordania, Libano, Thailandia, Kenya, Bolivia, Nicaragua e Perù. Hanno come obiettivo quello di abbattere le barriere linguistiche e culturali attraverso momenti di gioco, creatività e sport i giovani che partecipano ai campi di “Ipsia”, l’organizzazione non governativa delle Acli, attiva da più di vent’anni nel settore della cooperazione.
          “Alla scuola dei poveri” si mettono invece coloro che aderiscono ai progetti del Vis che permette di trascorrere un mese in una missione salesiana di un Paese in via di sviluppo. “Passano rapidissime le ore quando nel lavoro si mette dedizione ed impegno, quando per ogni medicazione od iniezione ti accorgi che anche una parte di te si sta sanando, come se per ogni azione che fai nei confronti di questi ammalati ti ritornasse il corrispettivo in serenità e soddisfazione; non importa se manca la corrente elettrica, se non c’è la tv o se manca il campo per il cellulare, ciò che conta è accorgersi che non ti manca nulla, che il poco che ti circonda basta per dar pace al tuo cuore”, spiega Sergio che a Burat, in Etiopia, è voluto tornare una seconda volta per dare una mano alle suore che lavorano in un ambulatorio nella diocesi di Emdibir.
          Vogliono essere solidali con gli ultimi, con chi vive negli istituti o nelle carceri i ragazzi che prendono parte ai “Campi fuorilemur@” promossi dall’Associazione Papa Giovanni XXIII, mentre compiono una full immersion nella cultura della legalità e del senso civico quelli che aderiscono alla proposta dell’associazione “Libera” che opera sulle terre confiscate alle mafie: i campi alternano il lavoro agricolo vero e proprio con sessioni di studio e formazione.
          Si impegnano invece in attività educative e ricreative per disabili e malati i volontari de “La Nostra Famiglia”, un’associazione che in otto regioni opera nel settore dell’assistenza sanitaria, della cura e della formazione di persone svantaggiate.
          Che sia per pochi giorni o per un periodo di tempo molto lungo, ciò che conta è lo spirito con cui si affronta l’esperienza, la voglia di fare qualcosa per gli altri, il desiderio personale di maturare e di comprendere in quale direzione andare. “È sufficiente un'ora soltanto e l'ascolto delle persone della tendopoli diviene accoglienza dell'altro, prossimità continua, responsabilità nel riportare una testimonianza: si arriva con il desiderio di dare una mano, si riparte con l'incredibile consapevolezza di avere soltanto ricevuto”, confida Jacopo dopo una settimana in mezzo ai terremotati dell’Aquila. “È stato uno spunto per iniziare un cammino di crescita, non solo nel servizio agli altri, ma anche nell’abbandono all’amore e alla volontà del Signore”, gli fa eco Francesca, volontaria a Lourdes con l’Unitalsi.
          “Quello che riceviamo, nello scambio di emozioni e di storie, non ha stima, ed anche un grazie, che realmente proviene dal profondo del cuore, riempie una serata, dona il senso a giornate anonime, ci fa sentire non solamente utili, ma - come diceva Madre Teresa - piccole, fragili matite nelle mani di Dio”, dice Leo, uno dei “Fratelli della Stazione” che quotidianamente, a Foggia, distribuiscono cibo, vestiti e coperte ai clochard. 
          E nel cuore della notte si muovono pure i volontari della “Ronda della Carità”, un’associazione fondata a Verona e ormai diffusa a Firenze, Milano, Piacenza, Grosseto, Genova, Venezia, Ravenna e Pavia.
          Non conosce sosta neppure il lavoro dei “City Angels” (gruppo nato a Milano nel 1994 e ora presente a Roma, Torino, Varese, Bologna e Terni) che si mettono al servizio degli immigrati e dei barboni, ma anche degli anziani, dei detenuti, dei rom.  
          Adolescenti, studenti o appena laureati, precari o già inseriti nel mondo del lavoro: i giovani italiani rendono il volontariato una realtà viva. E gli danno un’anima. Perché, come dice Elena, “non importa il ruolo o la professione: il volontario è chiunque sa metterlo in pratica”.
 
Stefania Careddu
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